Tra le galassie tutte da scoprire di Carla Grimaldi

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Ho conosciuto Carla solo qualche mese fa, anche se sono anni che la intravedo qua e là nelle foto di Blindur, progetto ben conosciuto del panorama indipendente nazionale che da anni porta in giro per l’Italia la sua carovana musicale – di cui ovviamente Carla fa parte, eccome. Le connessioni tra il mio e il suo mondo, in realtà, erano molte più di quelle che potessimo entrambi immaginare: entrambi grandi fan di Sorrentino e Nu Genea (questa, in ordine, è solo l’ultima delle scoperte fatte in merito alle nostre affinità), ascoltatori assidui di Stefanelli oltreché di Blindur (se non li conoscete, ad ogni modo, sentitevi in colpa e rimediate) con una forte passione per il pop e per tutto ciò che punta ad arrivare al cuore, oltre che alla testa.

Sì, fa bene specificarlo perché – a prima lettura, o meglio, ascolto – l’esordio solistico di Carla potrebbe sembrare qualcosa di distante dalle accoglienti derive nazional-popolari che caratterizzano l’ambito d’interesse editoriale della nostra rivista; i saccenti della musica etichetterebbero “Nebula” come un exploit nu-classic, forse qualcun altro si limiterebbe a liquidare il tutto nel grande oceano del “strumentale”, qualcun altro ancora forse nemmeno avrebbe il coraggio di andare oltre i primi trenta secondi disorientato dall’assenza di un testo egemonico che possa riempire (ah, quest’ansia del “riempimento”…) tutta questa musica che sembra sgorgare dal violino di Carla Grimaldi come sangue che fiotta da una ferita aperta.

La verità è che “Nebula” è forse il miglior antidoto al vostro weekend di logorroicissimi quanto vuoti testi d’amore, di morte e di altre sciocchezze (per scomodare un Maestro che con il tipo di canzoni di cui sopra c’entra ben poco) grazie a quello slancio estremamente melodico e, appunto, pop che caratterizza l’orchestrazione del brano, vero e proprio viatico all’ascolto di un certo tipo di musica che la critica si spellerebbe le penne per chiamare “impegnata” e che risulta tale solo a chi non ha la voglia di andare oltre il circoscritto, e il già detto.

Carla è una che vuole parlare alla gente, e che per farlo non vuole ricorrere a parole ma utilizzare le vibrazioni di quattro corde giuste, calde, emotive. Valeva la pena, quanto meno, conoscere l’artista in modo più profondo, e capire come nasce l’idea di questo esordio che, tuttavia, possiede radici lunghissime e lontane.

Benvenuta su Indielife, Carla. Allora, cominci l’anno col botto: cosa ti aspetti da questo incipiente 2022 ma sopratutto da questo esordio, che avviene oggi da solista dopo anni di “peregrinazioni” musicali?

Sicuramente mi aspetto un anno molto impegnativo, e la cosa mi piace moltissimo! Mi piacerebbe però mettere l’accento su quello che mi auguro: continuare a tenere alta la fiamma, pubblicare nuovi brani e continuare a lasciarmi ispirare da tutto ciò che mi circonda. Soprattutto, mi auguro che il mio settore riparta a pieno regime, e mi auguro di suonare tanto dal vivo, cosa che mi manca come l’aria.

Sei un’artista che, nel corso della sua carriera, ha attraversato generi e contesti musicali diversi. Ci racconti un aneddoto “imbarazzante” accaduto su qualche palco?

Di aneddoti ne avrei tanti! Ma forse il più divertente è accaduto da Germi a Milano, quando durante il concerto di Blindur noto la presenza di Manuel Agnelli nel pubblico proprio nel momento in cui dovevo suonare una parte solista. Panico! Vi assicuro che non ho mai ottenuto un vibrato migliore dato quanto tremavo dall’emozione! L’assolo però mi è venuto bene, quindi la presenza di Manuel mi ha sicuramente aiutata.

Ma come nasce il tuo rapporto con la musica?

La musica ha avuto ed ha un importantissimo peso specifico nella mia vita, ne sono da sempre stata appassionata e non ho dubbi nel dire che ha contribuito tantissimo alla mia crescita come persona. Il mio percorso da musicista, di contro, non è stato per niente lineare, ma anzi è stato molto burrascoso. Ho lasciato e ripreso lo studio del pianoforte più volte durante la mia infanzia ed adolescenza, e tardissimo ho iniziato a suonare il violino. Il mio approccio allo strumento è sicuramente atipico in quanto ho iniziato da autodidatta per amore del folk irlandese, passando poi al rock, per arrivare solo dopo alla musica classica, ma finalmente posso dire senza ombra di dubbio di aver trovato il mio strumento.

Ecco, parlando della tua vita personale ed “extra-musicale”, hai seguito un percorso di studi che in qualche modo sembra oggi trovare una propria sintesi con la tua attività artistica proprio in “Nebula”. Ce ne vuoi parlare?

Certo! Ho studiato Geologia all’università, e ho sempre pensato che Arte e Scienza siano due facce della stessa medaglia: l’uomo cerca delle ancore di salvezza per spiegarsi l’inspiegabile, e secondo me può farlo tramite sia la propria parte più “emotiva” che quella più “ razionale”. Quasi sempre quando suono e compongo immagino paesaggi specifici, nel caso di “Nebula” paesaggi extra-terrestri in senso lato, e provo a descrivere con il suono del mio violino i sentimenti che provo nell’ immaginarmi mentre fluttuo tra stelle e pianeti, esplorando l’universo.

“Nebula”: definizione scientifica (so di potertelo chiedere, vista la risposta che hai dato alla domanda di cui sopra!) e musicale del brano che oggi segna il tuo esordio da solista nel mondo della musica.

“Nebula” è il nome scientifico delle nebulose, ammassi di gas e polveri dai colori sgargianti che si trovano nell’universo. Le nebulose possono avere due origini: o derivano dalla morte di una stella o rappresentano delle regioni dove in futuro si formeranno nuove stelle. Sono quindi la conguinzione tra la fine e l’inizio, e mi sembrava un bellissimo modo per celebrare il mio esordio. Il brano si articola in varie linee melodiche che descrivono proprio l’evoluzione di una nebulosa e la nascita di una stella.

Tra l’altro, dalle tue note stampa leggiamo che hai collaborato con un brand d’abbigliamento tuo conterraneo, APNOEA. Ci racconti come nasce il rapporto con loro, e in che modo le vostre “mission” hanno trovato una sinergia?

L’incontro con Apnoea è stato completamente casuale, e forse era destino che noi ci incontrassimo! Condividiamo molti ideali, primi fra tutti la sostenibilità, il rispetto per l’ ambiente e la visione di una nuova sostanza all’ interno dell’universo femminile. I loro abiti hanno espresso in pieno la visione che avevo riguardo “Nebula”, permettendomi di comunicare al meglio l’intero concept del brano.

“Nebula” sembra essere solo il primo capitolo di un lavoro concettuale che presto farà parlare di sé. E’ così? Ma sopratutto, cosa dobbiamo aspettarci dal futuro di Carla Grimaldi?

Assolutamente si! E, anche se al momento mi sto godendo il mio esordio, non vedo l’ora di andare avanti! Aspettatevi sempre più viaggi intergalattici, ma anche terrestri e, perché no, subacquei! Il mio lavoro da solista sarà pieno di collaborazioni con musicisti che stimo da sempre, come Mattia Boschi, violoncellista dei Marta sui Tubi, con il quale ho sempre sognato di collaborare. Non vi dico la mia espressione commossa quando ho ascoltato la traccia chiusa con le mie linee di violino e le sue linee di violoncello! Ma questo è solo un piccolo spoiler, c’è molto altro. In più, il 2022 sarà anche l’anno di Blindur, ma non vi dico altro!

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