Alla scoperta dell’Universo di Celeste, inseguendo Artemisia

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Simone Furlani è uno di quei cantautori che un giorno ti ritrovi in mano, e non sai come prendere. Avete presente quella sensazione di spaesamento che deriva da ciò che non capisci immediatamente, ma che piuttosto necessita del giusto tempo per sedimentarsi, aprendosi a nuovi significati e comprensioni solo dopo la giusta contestualizzazione del lavoro fatto?

Sì, perché dentro “UNIVERSO (Artemisia)” c’è così tanto Simone che riuscire ad individuare dove realmente cominci CELESTE (moniker e alter-ego letterario del Furlani) diventa complesso, e la nudità spesso finisce con l’intimidire anche laddove il pudore non dovrebbe avere voce in capitolo (come, appunto, in qualsiasi tipo di libera espressione artistica).

In effetti, la prima sensazione che mi ha destato l’ascolto dell’EP d’esordio del talento veronese è stata proprio quella di una certa “liberazione” mista ad un retrogusto di “dilemma esistenziale” che comunque sembra non voler scivolare via dalle liriche di Celeste, anche laddove si fanno più leggere e quasi fiabesche: c’è un turbamento interiore che aleggia su ognuno dei cinque brani, seppur con sfumature diverse di senso e significato.

Insomma, nulla che poteva fermarsi ad una prima, superficiale lettura e che, già al secondo “step” d’ascolto, mi ha “costretto” a voler andare più a fondo con la questione: chi è CELESTE, chi è Simone? Dove risiede la radice del suo “UNIVERSO”? Chi è Artemisia?

Bentrovato sulle colonne di Indielife, Celeste! Piccola bio di Simone: spiegaci perché, ad un certo punto, Simone si è trasformato in Celeste.

Ciao Indielife e grazie mille per queste domande! Simone e Celeste in realtà sono i due lati della stessa medaglia, due personalità a tratti diametralmente opposte ma pur sempre legate l’un l’altra. Quindi quello che posso dirti con certezza è che Simone non si è trasformato in Celeste, semplicemente ha lasciato a quest’ultimo lo spazio di emergere in tutta la sua essenza, dopo anni passati nell’ombra. Quindi Celeste è emerso proprio per mostrare a tutti quella parte di me più emotiva e artistica che Simone meno facilmente riesce a tirar fuori.

“Capriccio” e “18 anni” hanno aperto le danze di un progetto che vede in “Universo” la possibilità di un viaggio attraverso te stesso, o almeno così pare ascoltando i testi e l’ordine della tracklist. Ecco, se dovessi identificare un filo rosso utile a collegare il tutto? Certo, tu parli di “Artemisia” e non di “Arianna”, ma il filo rosso è evidente lo stesso….

Il filo rosso utile a collegare il tutto è ben rappresentato dalla nascita, lo sviluppo e la fine di una piacevolmente tormentata e passionale storia d’amore. Artemisia, oltre che musa ispiratrice, è il mezzo per personificarsi in quello che racconto: molto spesso sono io il primo a fare ciò, raccontando in terza persona, sotto mentite spoglie, quello che mi passa per la testa. Con questo Ep ho dunque voluto raccontare una storia, rappresentata e collegata proprio dal breve (o lungo) protrarsi nel tempo di una frequentazione/relazione.

Oggi, tutti sembrano essere improntati a pubblicare sempre più singoli, svincolandosi dall’opportunità narrativa che solo il disco può dare. Ad esempio, guardando a Celeste, è evidente come i singoli pubblicati assumano connotati diversi proprio perché inseriti nel contesto di un disco che si fa paesaggio emotivo; vorrei sapere cosa pensi di quanto detto fin qui, e anche come ti collochi nella disputa “singolo/album”.

Credo che quello che un artista possa mettere all’interno di un album rappresenti senza alcun dubbio il mezzo per dare massima espressione alla sua creatività e alla sua visione. Credo non ci siano confutazioni che reggono nel viaggio che un album o un ep ti può far sperimentare; quindi, proprio per il semplice fatto che ogni singolo, a mio modesto parere, dovrebbe far parte di una visione più grande e complessa, sono team album. Capisco la necessità di mantenere attivo e costante il proprio “storico” pubblicazioni, però preferisco aspettare leggermente di più iniziando poi a pubblicare singoli capitoli che però fanno già parte di un grande romanzo. 

“Universo” ha un sottotitolo (o titolo bis?), che è “Artemisia”. Mi viene spontaneo chiederti se “Artemisia” sia sempre stata la figura portante del concept sin dalla sua prima ideazione oppure se è stata una “scoperta” avvenuta più tardi, durante la scrittura dei brani.

Artemisia è stata esplicitamente fin dall’inizio della stesura di questo Ep la figura portante del progetto, in quanto molto semplicemente è stato proprio nel periodo della frequentazione con questa ragazza che si è sviluppato l’interno viaggio. Quindi se vi foste chiesti se Artemisia è una figura realmente esistita, la risposta è si. Come dico in “Pariolina”, è semplicemente il secondo nome della ragazza in questione. Mentirei se ti dicessi che ogni singola parola è stata scritta pensando a lei, ma sicuramente è figura portante dell’intero progetto.

Ecco, parliamo di scrittura. Tu ti definisci cantautore, ma che cos’è secondo te oggi la “canzone d’autore”? Esiste un modo per riconoscerla, o diventa cantautore chiunque scriva una canzone?

Anche se sicuramente i nostalgici del vecchio cantautorato (con la c maiuscola) storceranno il naso sì, credo che oggi una persona che scriva le proprie canzoni si possa definire cantautore. Ovviamente questo non è sinonimo di qualità o spessore, semplicemente lo ritengo un dato di fatto.

Come ti approcci alla scrittura di un brano? Hai delle tue ritualità, o schematiche ricorrenti?

Mi dispiace deludervi, ma su questa tematica credo di essere al quanto noioso. La scrittura dei miei brani non segue nessuno schema ricorrente o ritualità ma semplicemente, dopo aver scritto sulle note del telefono le prime frasi, inizio poi a pensare a un ipotetico beat girovagando per giorni interni nei meandri di YouTube. Da lì poi la canzone pian piano prende forma, molto raramente però in tempi brevi.

Ok, passiamo alle domande rilassanti: il feat che sogni da una vita!

Visto che sono un eterno indeciso te ne dirò 3: il primo in un unico pezzo con Frah Quintale e Venerus (credo sia ben emersa la mia affinità a quello che portano loro nel panorama musicale italiano); il secondo invece, anche se non sono mai stato un grandissimo fan, Kanye West. Credo che quest’ultimo, con la sua visione della musica e dell’arte, rappresenti uno dei più grandi artisti di sempre.

Senti, ma ti vedremo dal vivo? Confidiamo di sì, naturalmente…

Al momento, purtroppo, a causa dei mille impegni non ho nulla in cantiere, ma sicuramente spero con l’arrivo del caldo di poter iniziare a portare in giro per le strade e magari qualche palco queste e tante altre canzoni. Vi ringrazio per il vostro tempo e vi saluto augurandoci di sentirci di nuovo al più presto, Celeste.

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