Ho scoperto Montegro da pochissimo, ma già sento dentro quel teporino strano che solo la sensazione di aver trovato una nuova fiammella capace di scaldarmi (e scaldarci, ovviamente: penso sempre alla collettività!) dalle solite trite e ritrite canzoni d’amore senza amore che ormai avvelenano tutti i venerdì d’uscite.
Sarà probabilmente l’effetto giusto del primo ascolto di Quello che non ti ho mai detto, l’ultimo singolo del cantautore di stanza a Roma per Manita Dischi? Sarà la successiva scoperta di una personalità musicale in crescita (e allo stesso tempo con un bagaglio già non indifferente di esperienze di livello), sarà che a me “chi se la scrive e se la canta” con tanta sincerità piace sempre un po’ più degli altri per motivi di tradizione storica personale (provate voi a crescere in Liguria senza sviluppare una fissazione per i cantautori)?
Sarà quel sarà, a me Montegro piace e piace fin dal primo “play”, non potevo resistere alla tentazione di rivolgere qualche domanda al cantautore sul progetto e sul passato, sul presente e sul futuro di una penna da scoprire. Fidatevi, ne vale la pena!
Benvenuto su Indielife, Montegro! Allora, partiamo dalle domande spaccaghiaccio: come mai tu, nato Daniele Paolucci, hai proprio scelto “Montegro” come nome?
Il nome Montegro è nato senza nessun effetto speciale o riferimenti particolari, anni fa cercavo un nome per il progetto e la cosa che più di tutte in quel momento mi interessava era di trovare un nome che non risultasse ironico/simpatico e che non esistesse nel web, è venuto fuori questo Montegro. Poi c’è la leggenda legata a serate alcoliche, però preferisco tenere la prima come ufficiale.
Hai già un percorso interessante alle spalle, e uno ancor più avvincente che pare aspettarti. Qual è la più grande emozione che, fin qui, la musica ti ha regalato?
Una delle emozioni più grandi è stata senza dubbio quella di lavorare e condividere canzoni e palchi con Max Gazzè, uno degli artisti che ha influenzato il mio approccio alla musica.
Partiamo dall’inizio. Da dove partiresti, per raccontare il progetto Montegro? Quando nasce il tuo “alter-ego” artistico?
Il progetto Montegro non ha una data precisa, sono nate prima le canzoni sicuramente, lo collegherei più al momento in cui ho deciso di cambiare città per cercare nuovi stimoli legati alla musica, ecco, più o meno intorno al 2018, se dovessi collocarlo lo posizionerei lì.
Hai già diversi singoli all’attivo, e il tuo debutto è avvenuto nel 2020, anno della pandemia. In molti, hanno debuttato proprio nell’anno in cui tutto si fermava. Su di te che “effetto” ha avuto il lockdown?
Il lockdown non è stato un bel momento per nessuno, specie per la musica, io ero già al lavoro da tempo, con tutte le dovute attese e slittamenti del caso mi sono ritrovato in pieno lockdown a lanciare il progetto, guardandola dopo qualche anno non riesco neanche bene a decifrare, nonostante tutto la partenza del progetto è stata comunque molto stimolante per me, strana, molto strana sicuramente, ma ad oggi non la guardo assolutamente con negatività.
La chitarra, comunque, sembra essere il filo rosso utile a collegare un po’ tutta la tua produzione. Ma tu quanto ti senti cambiato in questi due anni? Montegro è identico a quel Daniele che nel 2020 ha iniziato a pubblicare canzoni?
Sì, la chitarra è il mio strumento principale, le canzoni nascono quasi tutte da lì, è sicuramente il filo che lega un po’ tutto. Rispetto agli anni passati mi sento cambiato negli ascolti, il modo di approcciarsi alla musica, mi sento in continua evoluzione. Mi piace sperimentare nuove strade anche musicalmente lontane da quelle che mi appartengono, credo che la contaminazione sia una delle cose più belle di tutto questo.
“Quello che non ti ho mai detto” è una canzone che parla di città che diventano deserte quando non trovi gli occhi di chi ami: ti esprimi meglio con la musica, che con le parole? Quali sono le cose che ti penti di non aver detto mai?
Personalmente percepisco la musica e la scrittura come un rifugio, un posto sicuro dove spogliarsi, quindi riesco sicuramente meglio ad esprimermi (come dice Britti “non so perché quello che ti voglio dire poi lo scrivo dentro una canzone”). Quello che non ti ho mai detto parla proprio di questo, non si riferisce a un qualcosa in particolare, ma all’insieme delle problematiche di comunicazione che ci sono nelle relazioni, che portano spesso all’autodistruzione.
Nei tuoi brani, la presenza di Roma emerge spesso. Che rapporto hai con la città capitolina?
Roma è la città in cui vivo e che amo, nonostante tutti i problemi e i disagi che una capitale ti fa vivere le devo tanto, ci sono molto legato ed inevitabilmente se le canzoni sono pezzi di vita nelle mie senza dubbio c’è anche lei.
Salutiamoci con la promessa che, visto il numero di singoli pubblicati, prima o poi un disco ce lo farai sentire!
Sono completamente immerso nei lavori del disco, arriverà presto anche il suo momento!