Ho scoperto Blùnda poco tempo fa, quando per la prima volta mi sono imbattuto in una sua versione di “Rimmel” (spoiler: pezzo preferito di De Gregori per il sottoscritto) che mi aveva colpito per delicatezza, espressione ed intensità: un lavoro delicato, che non sembrava aver nulla a che fare con quell’afflato da “cover band” che possiedono certi rifacimenti di brani storici della canzone italiana; Blùnda, sulle parole di “Rimmel” (e poi, più tardi, anche de “Le Rondini” di Lucio Dalla) si muoveva con la serenità di chi sta toccando qualcosa di proprio, e di caldo.
Per questo, quando qualche giorno fa mi sono trovato tra le mani “Pace”, secondo singolo anticipato da “La mia Italia”, mi sono detto che sarebbe stato bello fare qualche chiacchiera con la giovane cantautrice: nell’alchimia riuscita dei due brani pubblicati fin qui, si avverte la ricerca di un qualcosa che sfugge alle gerarchie del mercato (pur confrontandosi con esse) ma sopratutto la resistenza di un concetto di “autorialità” che oggi necessita di essere ricontestualizzato, strappato all’odore delle nicchie – che diventano sempre più simili a “loculi” – e restituito al dinamismo di una scrittura che possa aggiornare i suoi codici e linguaggi.
Insomma, quello che – almeno, così sembra al sottoscritto – sta provando a fare Blùnda con la sua musica.
Blùnda, bentrovata sulle nostre colonne. Allora, raccontaci un po’ di te: dalla tua biografia leggiamo che di esperienze importanti ne hai già vissute diverse… ti va di farci un sunto di chi sia Blùnda?
Ciao a tutti e grazie per avermi invitata per questa chiacchierata. Fare riassunti non è proprio il mio forte, anche perché Blùnda non è solo il mio volto in ambito musicale ma è ciò che mi rappresenta nella vita di tutti i giorni. Sono una persona estremamente ambiziosa e testarda, molto curiosa ma anche molto sensibile. Convivono in me molte nature, a volte mi piace descrivermi come un “controsenso vivente”. A parte questo, sono una giovane cantautrice che finalmente sta iniziando a portare la propria musica allo scoperto, e sono molto orgogliosa di questo.
“Pace” è il tuo secondo singolo, ma hai già tirato fuori dal cilindro diversi progetti interessanti… Ad esempio, le tue riletture di due brani storici del cantautorato italiano. Ecco, che rapporto hai con la canzone d’autore? Ti senti cantautrice?
Assolutamente sì, ad oggi posso dire di sentirmi cantautrice, ma non è sempre stato così. Addirittura fino ai 17/18 anni non avevo mai toccato l’argomento scrittura perché non mi sentivo all’altezza, poi un giorno mi sono stati dati dei consigli e l’input giusto per iniziare e da lì non ho più smesso di scrivere. Effettivamente mi sento cantautrice da poco tempo, forse da quando ho iniziato a far uscire le mie canzoni e quindi a farla diventare una realtà anche per gli altri. Le due riletture di “Le rondini” e “Rimmel” sono state un ottimo campo di prova per me e anche una bella sfida sia interpretativa che musicale nel trovare una chiave musicale inedita per presentarle al pubblico.
Arriviamo al presente: “Pace” è un brano che parla d’amore, della ricerca di un “nido” che possa portarci lontano dalla tempesta. Ci racconti come è nato il brano?
Pace è una canzone che ha una storia molto lunga, infatti la pubblico oggi nel 2022 ma nasce tra il 2017 e il 2018. È una delle prime canzoni che abbia mai scritto, ed è nata da una forte esigenza di esprimere un forte disagio che provavo. Non sono mai stata brava nell’esternare le mie emozioni, soprattutto quelle negative, e Pace ha rappresentato uno dei primi tentativi di cui personalmente vado estremamente fiera. È nata come un piano e voce, molto di getto, ma la sua forma iniziale rappresenta quasi per intero quello che sentite oggi.
La tua musica è un vero e proprio crocevia di influenza diverse che mescolano identità di scrittura e respiro internazionale. Quali sono i principali riferimenti che hanno caratterizzato la tua crescita musicale? E quelli invece ai quali ti stai avvicinando recentemente?
Sono cresciuta ascoltando e studiando canzoni di cantanti come Beyoncé, Celine Dion, Whitney Houston per il panorama estero, per l’Italia Giorgia ed Elisa. Ho dedicato veramente molto tempo a questa forma di pop, tanto che lo ritrovo sempre come un punto fermo, ma inconscio, nella mia scrittura. A queste artiste poi, negli anni, ho affiancato davvero tantissima musica di vario genere, ho cercato veramente di ascoltare di tutto. Tra i 13 e i 14 anni mi sono appassionata alla “black music”, quindi il blues, il soul in particolare, ma anche il rock, cercando di “sporcarmi” un po’. Ultimamente invece ho iniziato ad ascoltare più neo soul e musica alternativa, per lasciarmi ispirare dagli arrangiamenti di oggi.
La pandemia ha posto un freno alle ambizioni di tanti, ma allo stesso tempo ha dato slancio a numerosi progetti. Come hai vissuto quei mesi di stop?
La pandemia mi ha colpito profondamente, anche se di questo me ne sono effettivamente resa conto solo col tempo. Oggi, quando ci rifletto, mi fa rabbia perché mi ha tolto tempo prezioso in un’età in cui bisognerebbe fare continuamente nuove esperienze, Ma d’altra parte mi ha dato uno slancio mentale pazzesco, perché mi ha fatto render conto che il tempo che abbiamo a disposizione non è infinito e bisogna sfruttarlo al massimo. È una vita intera che canto e desidero di far musica, e questi due anni mi hanno dato anche forse il coraggio giusto per iniziare a buttarmi nella mischia e vedere dove posso arrivare.
Quando ti sentiremo dal vivo? Hai in progetto di portare “live” la tua musica?
Assolutamente! Sono cresciuta sui palchi, tra esibizioni, saggi, musical e chi più ne ha più ne metta; per me il palco è casa. Da questo punto di vista ho una visione molto a “spettacolo” di un live, desidero metter su un’esperienza completa, e per farlo ho bisogno di un po’ di materiale pubblicato tra le mani. Detto questo, il materiale c’è, uscirà piano piano e quindi giusto quei pochi mesi per avere pubblicare altre cosine e parto a bomba!