Il mestiere di vivere (di musica): a tu per tu con Alberto Vatteroni

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Conosco Alberto da diversi anni, ma non avevamo avuto occasione finora di trovarci a fare due chiacchiere, riflettendo sulla contemporaneità, sulla condizione del musicista in Italia, sulla possibilità di continuare ancora a credere ad un universo discografico sempre più distopico, poco accogliente e decisamente troppo affollato. Ecco perché quando si è presentata, qualche settimana fa, l’opportunità di rimediare alle lacune del passato in occasione dell’imminente uscita di una live session intimissima di “Verso l’orizzonte” (singolo già pubblicato qualche mese fa da Alberto) non potevo che coglierla al volo: qui di seguito, il resoconto di una chiacchierata che ha risolto un atto mancato personale che da tempo dovevo colmare.

Bentrovato su Indielife, Alberto. Esce tra pochi giorni la tua live session di “Verso l’orizzonte”: ci vuoi raccontare da dove nasce, l’idea di bissare la già esistente versione “prodotta” disponibile sugli store?

Dopo averla suonata dal vivo varie volte con questa nuova veste acustica ho ritenuto che meritasse di essere registrata. Ringrazio gli amici de La Giungla per il bellissimo video con cui l’hanno immortalata.

In quali “qualità” credi differiscano, le due versioni del brano? Voglio dire, cambia l’essenza di un brano, quando lo si performa live?

Dipende dal genere. Nel prog, per esempio, lo scopo è, spesso e volentieri, cercare di riprodurre nella maniera più fedele possibile alla registrazione. In altri generi invece ci si diverte a presentare una veste diversa ma la sostanza resta la stessa. Ed è in questo che la versione live di “Verso l’orizzonte” differisce: la veste, o per essere più tecnici, l’arrangiamento, in questo caso più scarno, essenziale. Questo l’ha resa più nuda, più vera.

E qui arriviamo alla domanda che vorrei porti: come pensi che sia cambiata, durante lo stop del lockdown, la percezione della musica? Credi che in qualche modo il pubblico possa essersi “disabituato” (fino quasi a disinteressarsi) all’aspetto “live”? Tu, in generale, come ti sei confrontato con lo stop forzato?

No, non credo. La musica dal vivo non svanirà mai. E’ un esperienza troppo singolare e diversa dalla riproduzione meccanica. D’altronde, se la mettiamo in questo modo, sono passate già diverse decadi da quando la tecnologia ha permesso che la differenza tra le due dimensioni si rendesse impercettibile sino a fonderle. Durante il lockdown ho partecipato ad alcuni eventi “Live da casa”, ma non è certo la stessa cosa…

Parliamo un po’ di te, ci racconti cosa hai fatto fin qui? Il tuo catalogo digitale è già piuttosto ricco…

Nel 2017 ho pubblicato il mio primo album, dal titolo “Tra inganno e realtà”: un pop rock/alt rock piuttosto spinto con forti influenze prog dagli anni 70 ad oggi, soprattutto inglesi. I testi, in italiano, esplorano paesaggi del mondo dei sogni e la differenza tra essenza ed apparenza. Ho presentato l’LP dal vivo in vari live in tutta Italia con la band classificandomi, inoltre, finalista in vari contest come Sanremo Rock, Pistoia Blues Contest, Festival Estivo. Nel 2019 mi sono presentato anche come one man band suonando cover e inediti riarrangiati in veste acustica (piano o chitarra acustica, drum machine, loop station e voce) in vari locali. Nel 2020 ho preso parte ad eventi online durante il lockdown tra cui #BarlumeDaCasa e #LaMusicaNonSiFerma. Dal 2019 con l’etichetta TRB ho rilasciato successivamente 4 singoli (“Lo sguardo tra noi”, “Verso l’orizzonte”, “626” e “Sei tu il senso”) in cui mi sono spostato in una direzione più pop ed elettronica.

Sei da poco tornato (così, almeno, apprendiamo dai tuoi social) da un’esperienza lavorativa che sembra averti formato, eccome. Cosa vuol dire, oggi, “fare il musicista”?

Fare il musicista oggi significa soprattutto un infaticabile lavoro di autopromozione sui social: un potentissimo megafono che perfette di raggiungere un pubblico potenzialmente enorme da tutto il mondo. Ahimè ho sempre trovato molto difficile trovare la voglia di fare questo. Per avere il riscontro del pubblico ti devi confrontare con sempre più persone e quindi il “marketing” prende sempre più importanza a scapito del nocciolo del mestiere. Invece a me piace l’idea di coltivare una dimensione personale della musica, un percorso tutto mio dove non interessa in confronto forzato con gli altri: la musica è espressione della propria identità, un’esigenza, una passione che diventa una ragione di vita. Ecco perché mi piace provare ad esplorare varie forme del fare musica: essere un performer live, un esecutore, provando a suonare vari strumenti, ma anche arrangiare, comporre, produrre, missare; che sia musica assoluta o applicata ad immagini (come le colonne sonore).

Consigliaci un film, un libro e un’opera d’arte che credi possa ben sposarsi con l’ascolto e la visione di “Verso l’orizzonte”. 

Non saprei; googlando “Verso l’orizzonte” ho scoperto che esiste un film romantico/drammatico dal titolo “Vicino l’orizzonte”, forse potrebbe starci.. 

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