Si aggiunge un altro piano ai mille di Millepiani

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Alessandro è uno di quei cantautori che sanno sempre come stupire il proprio pubblico: vero e propio connubio di cultura “alta” e “popolare”, Millepiani sembra attraversato dal respiro intenso della canzone d’autore, pronto a mescolare fra loro canzone e poesia nella resa di una proposta unica, per la scena contemporanea.

Seguo i suoi passi da un po’, e posso dire che è davvero difficile riuscire ad annoiarsi con lui: dopo il disco d’esordio “Eclissi e Albedo“, il pensatore carrarese ha saputo confermare l’attitudine poetica del proprio stile con “Krakatoa”, seguito pochi giorni fa da “Un bagno di stelle”, riflessione esistenziale ed essenziale sui perché dell’Universo, attraverso la visione evocativa di una coppia.

Potevo non approfondire il tema, in vista dell’uscita del suo secondo disco? Beh, ovviamente no.

Bentrovato Alessandro, è un piacere averti con noi. Ti abbiamo lasciato, qualche tempo fa, alla pubblicazione del tuo album d’esordio; ti ritroviamo con un paio di singoli pubblicati che sembrano rivelare una direzione ben precisa, che punta dritta verso un disco fortemente contemplativo. E’ così?

Grazie di avermi chiamato per questa intervista, il piacere è mio. 

In effetti è proprio così: i due singoli che sono usciti anticipano il nuovo album che ha un preciso concept a cui sto lavorando: il rapporto tra l’individuo, l’essere umano e la Natura, intesa in tutte le sue manifestazioni, da quella più catastrofica e quella più intima. E’ un disco che affronta il tema della contemplazione di fronte alle forze incontrollabili del Cosmo, ma anche dell’alienazione dell’uomo contemporaneo, che vive immerso nella sua tecnologia sempre più astratta e dissociante. Il concept-album ricerca la via da percorrere per ritrovare se stessi attraverso la fusione e lo smarrimento, la deriva che lo porta a perdersi nel mistero dell’Universo e della vita, a contemplarlo. 

In qualche modo, anche “Eclissi e Albedo” rifletteva su questioni di stampo esistenziali, con riferimenti filosofici, storici e scientifici precisi. Il nuovo lavoro che hai intrapreso è in continuità con il passato (come una sorta di volume due della precedente opera) oppure rappresenta un capitolo totalmente nuovo della tua ricerca?

Per quanto mi riguarda gli strumenti di ricerca e di espressione sono gli stessi, quelli che custodisco nel mio astuccio di cantautore: la filosofia, la letteratura, la scienza, la metafisica; quindi la continuità col disco precedente c’è ed è importante. Quello che differisce nel nuovo lavoro rispetto al precedente album è il concept. Se in “Eclissi e Albedo” la relazione con l’altro era un invito a scoprire se stessi, ad immergersi nel proprio Io per contemplare il mistero e ricercare verità esistenziali, in questo nuovo album l’essere umano si rivolge all’esterno, all’ambiente, alla natura, a ciò che lo circonda, per trovare redenzione, salvezza e una nuova luce. Anche nella composizione e nella produzione trovo che ci sia stata un’evoluzione significativa rispetto all’album precedente: le linee melodiche sono più articolate, i pezzi più brevi e più incisivi, gli arrangiamenti funzionali alla forma canzone quanto basta per non indugiare in parti gratuite, le strutture essenziali. La produzione, che ho nuovamente affidato a La Clinica Dischi, è molto più dettagliata ed efficace; Leonardo Lombardi e Marco Barbieri, in veste di produttori e musicisti, hanno saputo creare il suono perfetto per i miei pezzi, esaltandoli sotto ogni punto di vista e rendendoli a mio parere unici.  

“Krakatoa” aveva già scaldato le polveri, “tematicamente” parlando, verso i punti focali del tuo nuovo disco; “Un bagno di stelle” punta dritto dritto verso una riflessione “universale” che pare essere il nucleo centrale del brano. 

Indubbiamente “Un bagno di stelle” è una piccola fotografia di una situazione intima che si apre all’universale. Una coppia è sdraiata in riva al mare, osservano il cielo stellato sopra di loro, parlano di quella volta infinita che gli sta di fronte e una consapevolezza li coglie. Quello che hanno davanti ai loro occhi e che stanno contemplando è lo spazio sterminato dall’esplosione del big bang all’oggi e tutto il tempo che esiste da quando tutto ha avuto inizio. Tutto il tempo sembra essere racchiuso in quell’istante, con tutti i suoi eventi passati e futuri: i ghiacciai della Terra che si sciolgono, i continenti che affondano, gli universi paralleli che esplodono in altre dimensioni misteriose, le civiltà umane che si susseguono come in un soffio. 

Ma tutto questo mistero insondabile e tremendo è di una bellezza incredibile, e la sua bellezza vive in noi, proprio perché ci siamo io e te, esseri umani, a contemplarlo. 

Il singolo sarà corredato anche dal video che uscirà a breve, un piccolo cortometraggio ambientato in un bellissimo bosco delle Alpi Apuane con una coppia speciale protagonista e un finale a sorpresa alla Lars Von Trier che vi lascerà veramente a bocca aperta! In questo video c’è in poco meno di tre minuti tutto il significato non solo del singolo, ma di tutto il futuro concept album, sono davvero soddisfatto di come è stato prodotto e raccontato!

Il brano mi ha ricordato per alcuni punti di vista “La canzone della bambina portoghese”, manifesto filosofico del pensiero di Francesco Guccini: anche in quel caso, il “viaggio contemplativo” cominciava proprio dalla visione del mare, come per i protagonisti di “Un bagno di stelle”. Che cosa rappresenta per te, il mare?

Rappresenta l’infinito inconcepibile, il mistero dell’esistenza, ovvero l’aprirsi a infinite possibilità, all’eterno ritorno, nel suo moto ondoso di andirivieni incessante. Rappresenta l’uno che è parte del tutto; ogni onda ha la sua individualità e identità ma fa parte di un essere superiore e sovrapersonale: totale. Sono nato e vivo in una città sul mare e quindi esso fa parte del mio immaginario di vita; lo vedo tutti i giorni e se gli sto distante ne sento la mancanza. Il mare mi dà un senso di apertura, una visione di qualcosa che porta da qualche altra parte, in qualche luogo sconosciuto. 

Oggi, la nostra società rincorre sempre più un’ossessiva “positività” finalizzata alla “prestazione” capace di renderci nevroticamente veloci, e “staticizzandoci” allo stesso tempo. La tua musica invece pare reclamare l’importanza di ricavare, in questo grande traffico, spazi per la contemplazione, per far macinare il pensiero. Un percorso che cela difficoltà e ostacoli evidenti, che non sembrano spaventarti… come ti relazioni con il contemporaneo, con l’industria musicale (e non) che ti circonda?

Gli impatti sociali ed esistenziali generati dalle nuove tecnologie sono stati in generale positivi ma hanno anche generato mostri. Oggi siamo virtualmente dappertutto e tutti connessi tra noi, ma abbiamo perso l’equilibrio con la Natura. Il mondo del virtuale è affascinante e apre scenari enormi e l’intelligenza artificiale offre orizzonti di sviluppo umano al di là della nostra immaginazione. Però questo è lo strapotere della razionalità, dell’apparato scientifico tecnologico che governa il mondo e tutti gli aspetti della nostra vita. Stiamo dimenticando però la nostra sfera irrazionale, mistica, spirituale. 

Siamo esseri in bilico tra ragione e irrazionalità, tra materia e spirito, tra atomi ed emozioni. Non si può cercare di cancellare completamente la nostra parte di umanità primordiale, mitologica, rituale, magica e misteriosa, si rischia di perdere parte della nostra essenza o peggio che questa dimensione sedata ci si rivolti contro con effetti disastrosi. Non si può relegarla o nasconderla, inglobarla nei meccanismi scientifico-tecnologici e cercare di imbrigliarla.

Se tutto diventa funzionale e la destinazione è un Paradiso della Tecnica, parafrasando Emanuele Severino, siamo perduti; ma io sono ottimista e credo che l’uomo riuscirà in futuro a trovare una via per essere libero e completo: è il suo destino.

Ultima domanda, distensiva: consigliaci un libro che dobbiamo assolutamente leggere, e che magari potrà aiutarci ad entrare ancor più efficacemente nell’universo di Millepiani. 

Il libro che vi voglio consigliare è “L’Aleph” di Jorge Luis Borges, uno degli autori che più ho amato e che più ha influenzato il mio immaginario fantastico e letterario. E’ una raccolta di racconti brevi ed è stato il primo libro di Borges che ho letto; mi fu regalato da un’amica per un mio compleanno. Ci sono molto affezionato e ricordo che mi aveva colpito il titolo perché contiene parte del mio nome anagrafico nel titolo: ALE-ssandro P-asquali e la H forse sta per home… come a significare che quel libro è come se fosse la mia casa. Dentro c’è veramente tutto ciò che amo della letteratura: fantasia, realtà parallele, paradossi, metafisica, storie concepite come ingranaggi perfetti a orologeria, fantascienza, identità multiple e false, morte e immortalità, infinito. A Borges inoltre si sono ispirati per molte delle loro opere anche altri due dei miei scrittori preferiti: Italo Calvino e Philip K. Dick, che nella mia libreria gli stanno proprio accanto.  

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