Da Blonde, a spasso per i vicoli della sua anima

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Da Blonde è una di quelle artiste con le idee chiare, o che almeno su alcune cose sa davvero come centrare il punto essenziale: quello di restitutire alla canzone la sua dimensione di confessione, di messaggio in una bottiglia lanciata nel mare, in attesa di un pubblico capace di raccogliere l’input e porsi in ascolto, e ascoltarsi.

Un’idea di pop, insomma, che passa dalla ricerca autorale e da un approccio che non smette di cercare la profondità con leggerezza, senza cadere in cliché di sorta o di genere: c’è una genuinità, nella musica di Daniela, che trasuda dalle fibre di una canzone che sanguina mentre balla, inseguendo le luci di un’alba nuova tra le nuvole della contemporaneità; una storia intima che diventa manifesto di rinascita, e occasione, per tutti, di provare a rispecchiarsi in un pezzo di vetro che potrebbe aver tagliato molti, e non solo la penna che (non) si nasconde nel testo di “Sabato sera”.

Aggiungici anche che la produzione del brano è stata affidata a Blindur e Stefanelli e, beh, il gioco è fatto: qui di seguito, le chiacchiere che ci siamo scambiati io e Daniela nel tentativo di raccontare il ritorno di Da Blonde, che ora non vuole più andarsene.

Bentrovata su Indielife, Daniela! Abbiamo da poco scoperto la tua musica, ma ci siamo già innamorati: svelaci subito qual’è il segreto di Da Blonde, qual’è il quid segreto che le tue canzoni posseggono?

Ciao! Direi che le mie canzoni descrivono la vita attraverso i miei occhi e il mio mondo interiore, sono sicuramente introspettive, sincere. E’ il posto dove mi sento davvero libera di dire anche cose che sembrano non avere spazio in questo mondo, e metterle in musica mi aiuta a dare loro un senso, un motivo di esistere. Spero che qualcuno ascoltando quello che scrivo si riconosca nelle mie parole.

Partiamo dall’inizio: hai esordito ormai diversi anni fa, poi hai deciso di mettere in stand-by il progetto per un tempo piuttosto lungo. Possiamo chiederti come mai?

Non è stato esattamente per scelta. Fare musica ha dei costi ovviamente e io investo in prima persona in quello che faccio. Ho sostenuto le spese di un disco che è uscito durante la pandemia, non si facevano live, non si sapeva neanche cosa aspettarsi nel quotidiano. Poi ci sono quelli che secondo me sono i tempi naturali, come quelli degli alberi: c’è il momento dei frutti, quello dei fiori e quello in cui devono cadere le foglie per lasciare posto a quelle nuove. Non ho mai smesso di scrivere, in “Parlo ai cani” tutte le produzioni sono state curate da Giuseppe Fontanella che ha saputo creare esattamente il sound che immaginavo, dopo il disco ero molto curiosa di sperimentare riguardo gli arrangiamenti, inserire più elettronica e lavorare con persone diverse per assistere a quelle piccole magie che sono questo tipo di incontri. Durante questa ricerca ho affrontato delle vicende personali abbastanza forti, alle quali mi sono dovuta dedicare totalmente e mi hanno tolto molto tempo, ora sto cercando di riprendermi i miei spazi.

Certo che pubblicare un disco in tempi di pandemia non dev’essere stato facile… che ricordo hai di quei giorni, e quanto credi di essere cambiata da allora?

Non lo è stato assolutamente, ma è la cosa che ho desiderato di più in tutta la mia vita, ho lavorato tanto per realizzarlo e mi rappresenta ancora totalmente, anche se in quei giorni tutto era surreale avevo bisogno di farlo uscire.

Oggi, torni con “Sabato sera”: se il titolo può far pensare ad un brano godereccio, il testo della canzone sembra rivelare una forma di “amarezza” che la gioia del divertimento pare non riuscire del tutto a mitigare… come nasce la canzone?

Ho scritto la canzone in seguito a questi eventi personali di cui parlavo prima, mia madre ha avuto dei problemi di salute, se da un lato sei costretto a reagire sei costretto anche ad affrontare cose che senti più grandi di te, insomma è stata dura, destabilizzante. Sono cose che ti portano a vedere tutto in modo diverso, ero così provata che le piccole cose come prepararsi e uscire sembravano appartenere a un’altra vita e non avere senso. Il pezzo parla proprio della voglia di leggerezza e della nostalgia per momenti più semplici.

Che rapporto hai con la scrittura? Tutti i tuoi brani presentano una forma di profondità che richiama alla musica d’autore, pur mantenendo tutti i “crismi” della musica leggera…

Io amo la scrittura quanto amo la musica, mi affascina, ne sono rapita. Mi piace quando leggo o ascolto qualcosa e mi ci riconosco ed è quello che spero succeda agli altri ascoltando me. Cerco di scrivere di cose che sento molto forti perché vorrei che arrivasse l’emozione che ci metto e provo a restare più spontanea possibile.

Tra l’altro, di “Sabato sera” hai realizzato anche un video… ti va di parlarcene?

Con piacere. Riascoltavamo il brano con Johnny Dama che ha curato la regia e cercavamo delle immagini che potessero esaltare il brano e dare forza al messaggio, uno degli aspetti che ci premeva di più era la reazione spontanea all’ascolto della canzone e l’interpretazione personale, così Johnny ha avuto l’idea di far ascoltare il brano a una classe di danza col loro maestro e lasciare che lo interpretassero  liberamente, durante le riprese si respirava un’energia magica, è stato molto emozionante. 

Esiste una canzone che, ogni volta che la ri-ascolti, non smette di farti emozionare?

Certo, ne esistono moltissime. La prima che mi viene in mente ora è “E cerca ‘e me capi” di Pino Daniele . La ascolto da quando ero piccola, da quando non capivo bene ancora che volesse dire ma mi ha sempre fatto piangere. 

E’ impossibile ascoltarla senza sentire una stretta al cuore.

Il guilty pleasure al quale proprio non sai rinunciare?

Qui c’è l’imbarazzo della scelta, fumo, bevo e mi piace mangiare bene, cerco di non esagerare ma non me la sento di privarmi di questi piccoli piaceri.

Bene Daniela, grazie per il tuo tempo: quando sentiremo di nuovo parlare di Da Blonde?

Grazie a voi! Molto presto, ci sono già altri pezzi in cantiere.

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