Barriera racconta il bundle di Deserto Rosso, un viaggio fatto di sperimentazione e nostalgia tra le sue anime artistiche

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Dal 15 giugno su tutte le piattaforme digitali è possibile ascoltare il bundle di Deserto Rosso di Barriera, rilasciato da Il Piccio Records. Con la produzione artistica di Blindur e Stefanelli, l’album contiene tre versioni speciali di una delle canzoni più apprezzate di Olodramma, primo album dell’artista.  In occasione dell’uscita di questo nuovo progetto, abbiamo avuto il piacere di fare qualche domanda a Barriera e di parlare della sua musica, tra sperimentazioni, ricerca e nostalgia.

Barriera

Intervista a Barriera in occasione dell’uscita del bundle di Deserto Rosso

Da cosa nasce la decisione di dare vita ad un bundle album di quattro tracce con versioni diverse di Deserto Rosso, una delle canzoni più apprezzate del tuo primo disco Olodramma?

C’era sempre stata l’idea di provare a spingere un ultimo singolo preso dal disco, anche perché non mi era andato giù il fatto di non essere riuscito a girare neanche un videoclip per Olodramma (considerando che sono anche un filmmaker). Fin da subito è stato chiaro che quel brano aveva colpito parecchio chi aveva ascoltato l’album. È una canzone che parla di un amore perso, di amore e di violenza, del rapporto sotterraneo che lega queste due esperienze. Quando l’ho scritta volevo provare a restituire il sentimento viscerale che mi legava a una persona. L’ho ripresa dopo tanto tempo, e a quel punto ho scritto il ritornello da cui viene il “Deserto rosso” del titolo. È una canzone a cui tengo molto.

In questo brano si sente una nostalgia di sottofondo, tragica ma allo stesso tempo quasi confortante, e le immagini attraverso cui è descritta sono molto forti e nitide. Quanto è importante il processo di scrittura nella tua musica?

È centrale. Di solito parto dagli appunti che prendo sul telefono, sia in forma audio che in forma scritta, ma in generale per quanto mi riguarda ruota tutto attorno alla parola. Ho studiato pochissima musica e come producer so quelle quattro cose che ho incrociato su youtube. Sono uno smanettone che racconta storie, ecco tutto. Poi la nostalgia è un fattore molto importante, a volte mi sembra che tutto quello che scrivo ruoti attorno a un certo tipo di nostalgia. Ne esiste una consolatoria, soltanto citazionista, e l’esercizio per me è provare a tenermi lontano da quella cosa lì, e chiedermi cos’è che mi fa davvero guardare al passato. Cosa è andato perso nel mio passato?

Come ci descriveresti le tre versioni speciali del brano contenute in questo album e come sono nate?

La prima è il feat. con Carla Grimaldi, violinista solista, e con Blindur, compositrice di cose meravigliose, amica. Quando sono arrivate le sue tracce ho capito subito che avevano spostato il pezzo verso una direzione quasi filmica, immaginifica. Non a caso è anche il brano che sarà la base del videoclip.

La seconda è il remix di Mofw, producer post lo-fi lombardo. Abbiamo scoperto di condividere un po’ di riferimenti estetici e culturali, una certa propensione a unire scenari post-digitali a temi più emotivi. È stato un po’ lui che mi ha dato l’idea del progetto, perché un giorno mi ha scritto e mi ha chiesto se poteva fare un remix di Deserto Rosso. Io gli ho detto sì, ma a patto che tu lo faccia in completa libertà. Beh, il pezzo ne è uscito bello distrutto, e io sono molto contento.
La terza è la versione francese della canzone, che ho tradotto insieme ad Anna Errico. Anche qui c’è una ragione sentimentale, perché sono molto legato al mondo musicale francese. Io e Anna abbiamo condiviso un Erasmus oltralpe 10 anni fa, e riattivare quel collegamento emotivo era un altro modo per cercare quel “tutto” che ho perso e di cui parlo nella canzone.

Barriera

Ascoltando le tre tracce viene da dire che esse sintetizzino in qualche modo aspetti diversi, presenti più o meno esplicitamente, della tua musica: il cantautorato, le atmosfere elettroniche e il forte potere immaginifico. È un’interpretazione che ti senti di condividere? E, in che modo queste tre versioni arricchiscono e potenziano il testo del brano?

Sicuramente incontrare Carla e Mofw mi ha permesso di esplorare i confini del mio progetto, e anche di indagare delle possibili evoluzioni per il futuro. Nella prima versione, come giustamente facevi notare, viene sottolineato questo elemento di nostalgia che c’è nel testo, mentre nel remix di Mofw il testo viene quasi mortificato, distrutto, usato come fosse una registrazione proveniente da chissà dove – una roba che comunque mi fa volare. Désert rouge invece è più semplicemente un regalo che mi sono fatto. Se poi, per una serie fortunata di eventi, mi dovesse portare a mettere un piede fuori dall’Italia, ne sarò molto contento.

In una precedente intervista hai dichiarato che Deserto Rosso è nata anche da un’attitudine di ricerca verso qualcosa di perduto. Che valore hanno per la tua musica l’indagine, la riflessione, la ricerca appunto (intese anche in senso assoluto e non per forza relativamente ad un oggetto)?

È un po’ la questione della nostalgia di cui parlavamo prima. Scrivere canzoni per me ha sempre avuto innanzitutto una funzione terapeutica, per cui ti direi che fino a questo momento scrivere e indagare per me sono sempre state la stessa cosa. Se alla fine di una stesura non ho capito una cosa in più di me, forse la canzone che è uscita fuori è un po’ inutile.

Ti piacerebbe costruire un live per questo album? Ci sono progetti in merito?

Mentre ti rispondo è il 15 giugno, e domani sera 16 giugno ci sarà un release party per questa nuova release a Roma, dove suonerò tutto Olodramma e qualcosa in più. È un set in solo, molto elettronico, con qualche mash-up anche qui un po’ nostalgico. Per il resto spero di riuscire a portare la mia musica in giro anche questa estate.

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