Non ne posso più! Non posso più tenermi dentro questa cosa. Sono
solo nella mia stanza, ho settantaquattro anni e sono vedovo da ormai
tre anni. La mia povera moglie mi ha lasciato in una sera come
questa, dopo due anni di lotta contro quella bestiaccia che la stava
divorando. Non ho mai detto a nessuno, nemmeno a mia moglie Anne,
quello che mi accadde tanti anni fa prima di conoscerla. È
pericoloso parlarne perché mi prenderebbero tutti per pazzo. Ho
scelto quindi di scriverlo su questo quaderno. Sento che la mia
esistenza su questa terra è al capolinea, non posso morire con
questo peso addosso. Ho sempre fatto il rappresentante per le
compagnie assicurative ed ho viaggiato per tutto il paese. Prima di
sposarmi facevo anche lunghi viaggi, ma dopo il matrimonio ho
ristretto il mio giro solo all’interno del Mississippi. Sono nato e
cresciuto a Louisville ed ho lasciato questa piccola cittadina solo
per lavoro. Mi è sempre piaciuto viaggiare ma non ho mai perso la
gioia che si prova al rientro a casa. La mia famiglia è cresciuta
qui, i miei nonni e bisnonni erano schiavi e coltivatori di cotone.
Mio padre riuscì a salvarsi diventando un trombettista Jazz. Anche
lui era spesso in viaggio nei tour e nei concerti in tutto il mondo.
Vedevo mia madre soffrire terribilmente la sua assenza nelle serate
di solitudine. Ironia della sorte, ho ereditato da mio padre la
voglia di viaggiare, ragione che mi ha spinto a scegliere questo
lavoro. Tutto però cambiò quando a venticinque anni conobbi Anne.
Frequentava L’Ole Miss ad Oxford, la facoltà di letteratura,
mentre io già lavoravo per una compagnia d’assicurazione che aveva
la sede centrale proprio vicino al College. La prima volta che la
vidi era seduta sotto un albero intenta a leggere un libro. Aveva in
mano uno di quei romanzi americani lunghissimi ed un raggio di sole
attraversava le foglie, posandosi proprio sul lato destro del suo
viso. Sembrava un quadro ed io ne rimasi colpito. Fu per me un
fulmine a ciel sereno. Decisi all’istante di andare a parlargli e
dopo un quarto d’ora di chiacchierata riuscì, non senza fatica, a
strapparle un mezzo appuntamento. Il giorno dopo ci vedemmo per un
caffè e scoprì che il suo sogno era quello di diventare
un’insegnante. Le piaceva la filosofia e la letteratura,
specialmente quella americana. Lei all’inizio era restia a fidarsi
di me e dei miei sentimenti che nascondevo con difficoltà. Erano
tempi difficili, le ragazze erano legate da dogmi rigidi, e si doveva
faticare molto per conquistarle. La leggenda che si raccontava poi
sui rappresentanti non mi aiutava per niente. Molte persone ci
definivano traditori e sempre pronti ad andare con tutte le donne che
ci capitavano a tiro. Non posso negare che molti dei miei colleghi
erano proprio così. Io stesso ho avuto le mie avventure, durante il
periodo da single, ma non ho mai tradito una donna e specialmente
Anne. Dopo quel breve caffè e molte altre uscite, riuscì a farla
innamorare di me e ci fidanzammo. Ci sposammo dopo la sua laurea
proprio qui a Luoisville dove lei aveva dei parenti. Era nata ad
Oxford, ma dopo il matrimonio accettò di venire a vivere nella mia
città. Amava le piccole cittadine dove tutti si conoscono e si
respira un’aria di tranquillità e pace. Chiese ed ottenne un
lavoro nel liceo locale, insegnava letteratura ed aveva creato un
corso di scrittura creativa dopo l’orario scolastico. Un paio di
suoi vecchi allievi diventarono scrittori apprezzatissimi, ancora
oggi conservo le copie dei loro romanzi più famosi autografati, che
le inviarono per ringraziarla. Amava terribilmente il suo lavoro e i
suoi ragazzi, li spronava sempre a seguire i propri sogni e pianse di
gioia quando venne a conoscenza del loro successo. La nostra vita era
perfetta, io lavoravo tutto il giorno e tornavo sempre a casa. Quando
dovevo fare un viaggio lungo, non rimanevo fuori casa più di due
giorni. Le lacrime nascoste e silenziose di mia madre nella sua
stanza buia, mia hanno segnato talmente tanto da rinunciare a bonus
economici molto alti. Non accettai mai le trasferte strapagate.
Facevamo una vita tranquilla, avevamo entrambi uno stipendio modesto.
Ci furono solo due crepe nel nostro matrimonio: l’impossibilità di
avere figli e la sua malattia. Anne era sterile ed io accettai a
malincuore l’idea che non sarei mai stato padre. Più volte lei mi
disse che dovevo lasciarla per un’altra donna ma non presi mai sul
serio la cosa. Ho amato Anne fin dal primo momento che l’ho vista e
non ho mai smesso di farlo. All’età di settant’anni le
diagnosticarono un tumore alle ossa che portò via il mio grande
amore in soli due anni, saturi di enormi sofferenze. Così sono
rimasto da solo con i miei ricordi. Non esco molto durante il giorno
e parlo poco con le persone.
Ho sempre fatto una vita molto solitaria, viaggiavo da solo e parlavo
con la gente solo per venderle prodotti. Mi sono abituato a non avere
molti amici. Ogni tanto mi faccio una passeggiata e scambio due
chiacchiere con il vicino di casa, è un mio coetaneo e parliamo
spesso dei bei tempi andati quando eravamo giovani e forti. Ricordo
da bambini, quando giocavamo in giro per la città. Lui è un vecchio
ufficiale dell’esercito, ha viaggiato spesso per il mondo e fatto
diverse missioni, dopo il pensionamento ha comprato la casa vicino
alla mia ed è tornato nella nostra città natale.
Ma sto divagando, quando si è vecchi basta un pensiero per
ripercorre tutta la propria vita. La luna è alta nel cielo, l’estate
calda e umida del Mississippi si fa sentire ed io inizio ad essere
stanco. Devo finire questa storia, devo liberarmi una volta per
tutte. Scriverò tutta la notte se servirà, spero di farcela.
Avevo vent’anni, compiuti da poco, e viaggiavo lungo la MS 25 N da
Louisville diretto a Carthage. Una coppia di signori mi aveva
contatto per modificare la loro assicurazione, lei aveva scoperto di
essere rimasta incinta e volevano includere nel contratto anche i
loro futuro figlio. All’epoca viaggiavo in una Cadillac rosso
fiammante, il lavoro andava bene. Erano circa le sei di sera e la
strada era libera. La maggior parte delle persone erano a casa a
cenare ed io guidavo con il finestrino abbassato e la musica che
usciva dalla radio. Una stazione locale trasmetteva canzoni blues e
jazz. Ero cresciuto con quella musica e mi piaceva ascoltare le radio
locali, spesso trasmettevano anche mio padre. Aveva suonato molte
volte nei vinili dei grandi artisti, molti non lo sapevano che in
quelle canzoni c’era anche lui, ma io riconoscevo il suo suono tra
mille. Viaggiavo a circa quaranta miglia orari quando vidi una
ragazza fare l’autostop sul ciglio della strada. Era giovane, con
un vestito lungo a fiori ed un cappello di paglia in testa. Non aveva
borse a tracolla ed aveva un aria del tutto innocente. Nel mio lavoro
mi sono capitati spesso autostoppisti lungo le strade dell’America,
ma non mi sono mai fermato. Non si sa mai chi gira per le strade.
Avevo letto spesso sui giornali di serial killer che giravano per il
Paese in autostop ed uccidevano le persone che gli davano un
passaggio. Ma quel giorno di fine luglio, sul ciglio della strada,
non c’era uno psicopatico a chiedere un passaggio. Certo il male
assume mille facce e spesso si traveste nei modi più sublimi per
ammaliarci, ma quel viso dolce sotto quel cappello, non era il male.
La velocità mi fece superare la ragazza ma mi fermai più avanti ad
osservarla dallo specchietto retrovisore, lei si voltò a guardarmi
per alcuni secondi e riprese ad osservare davanti a lei. Credo che
rimasi ad osservarla per alcuni minuti, lei non si voltò mai. Decisi
infine di girare la macchina, di ascoltare le mie sensazioni e ti
dare un passaggio a quella ragazza. Lei, come se si aspettasse la
mia reazione, si girò di lato, e mi guardò fisso negli occhi. Stavo
dall’altra parte della strada e lei senza dire niente attraversò
diretta verso di me. Abbassai il finestrino e lei si presentò
accompagnando la sua dolce voce ad sorriso smagliante.
<<Piacere, mi chiamo Nicole!>>
aveva un accento tipico di New York, la sua bellezza era abbagliante.
<<Piacere mi chiamo Adam Amberson, dove sei diretta? >>
<<Vado a Carthage, ho ereditato una casa da mio nonno. La mia
macchina si è guastata poche miglia da qui e sto cercando di
arrivare alla città per cercare aiuto>>.
Non avevo visto lungo la strada una macchina ferma, ma forse non ci
avevo fatto caso. Spesso ero concentrato talmente tanto sui contratti
di lavoro che non mi accorgevo del mondo che mi circondava.
<< Anch’io vado a Carthage, ho un appuntamento di lavoro e
conoscono molte persone. Se vuoi ti porto io in città e ti faccio
vedere un bravo meccanico. A quest’ora è chiuso, ma domani sarà
lieto di darti una mano, è una brava persona. >>
<< Grazie, mi daresti un grande aiuto. Domani chiederò a un
mio cugino che abita vicino la casa che ho ereditato, di portarmi dal
meccanico. Non voglio darti ulteriormente fastidio, mi basterà
arrivare a casa. Mi farò un bagno caldo, mi riposerò e domani
sistemerò tutto>>
<<D’accordo, come vuoi. Salta sù ti porto subito, in meno di
mezz’ora saremo arrivati>>.
Rigirai la macchina ancora una volta e ripresi il cammino verso
Carthage. La musica usciva potente dalla radio, il sole si nascondeva
lentamente dietro l’orizzonte colorando le foreste del Mississippi
di un arancione acceso. Lei non disse nulla per i primi dieci minuti
di viaggio, sembrava godersi il paesaggio che quell’autostrada ti
regala. Forse era immersa nei suoi pensieri. Improvvisamente si voltò
verso di me e come se nulla fosse mi fece capire come intendeva
ringraziarmi.
<<Grazie Adam, sei un ragazzo gentile ed anche molto carino.
Forse dovrei ringraziarti prima di arrivare in città>> disse
quella frase con un tocco di malizia ed una mano sulla mia gamba
destra che non lasciava nulla all’immaginazione. Avevo vent’anni,
ero single e viaggiavo sempre con un pacco di preservativi nel
cruscotto. Non tutte le ragazze erano legate a dei dogmi rigidi,
alcune erano molto emancipate. Non ci pensai due volte, mi voltai per
fargli l’occhiolino e continuando a guidare, girai poche miglia più
avanti in una stradina sterrata che portava in mezzo al bosco.
Conoscevo molto bene quelle zone e sapevo dove potevamo appartarci.
Il clima caldo favoriva certe piccole gite fuori porta e così senza
pensarci più di tanto, fermai la macchina su ciglio della strada e
ci addentrammo nella campagna circostante. Iniziammo a baciarci sotto
l’ombra di una grande albero . Eravamo soli e i nostri profondi
respiri rompevano il silenzio circostante. In un primo momento la
lasciai fare, ero con le spalle appoggiate all’albero ed iniziò a
spogliarmi con foga. La passione mi travolse, era bella e passionale
e non seppi resisterle ulteriormente. Dopo alcuni minuti passati a
conoscere i nostri corpi, la presi con forza e mi misi dietro. Ora
era lei ad appoggiarsi all’albero, alzai il suo vestito ed in
breve tempo ero dentro di lei. Fu passionale, strano ed dannatamente
eccitante. Non era amore, non poteva essercene, c’era solo la
voglia di conoscerci attraverso quel meraviglioso mondo che è il
sesso. Finì com’era iniziato, di colpo e con grande gioia per
entrambi. Tornammo alla macchina e riprendemmo il viaggio verso
Carthage.
Come promesso accompagnai Nicole nella sua casa ereditata. Era una
casa a due piani poco fuori la cittadina, con un grande terreno
coltivato che gli girava intorno. La casa era di legno e dipinta di
bianco, come molte case nel Mississippi. Fermai la macchina davanti
ad un grande cancello, lei scese e mi salutò con un fugace bacio.
<< Addio Adam, è stato il più bel passaggio mai avuto>>
<< Arrivederci Nicole, stammi bene. È stato bello anche per
me>>.
Continuai per la mia strada ed arrivai al mio appuntamento. I coniugi
Poe mi stavano aspettando e pianificammo tutto intorno al tavolo
della cucina con una tazza di caffè.
Il mattino seguente, con ancora Nicole nella mia mente, uscì presto
per fare un giro intorno alla mia zona di lavoro e cercare qualche
nuovo cliente. Entrai in macchina e vidi appoggiato sul sedile
posteriore il cappello di paglia che portava Nicole il giorno prima.
“Deve averlo dimenticato, quale buona occasione per rivederla.”
Pensai tra me con un sorriso stampato sul viso. Decisi di andare
subito da lei per restituirgli il cappello e magari prenderci un
caffè insieme. Arrivai lungo la stradina sterrata che portava alla
sua casa circa alle dieci del mattino, speravo di trovarla. Notai
subito qualcosa di diverso nel giardino rispetto al giorno prima.
Le piante e gli alberi coltivati avevano un aspetto invecchiato e mal
curato. Il giorno prima mi erano sembrati tutto l’opposto, forse
era stato il buio a confondermi. Scesi dalla macchina e con il suo
cappello in testa mi avviai davanti al portone. Suonai il campanello,
continuavo a ridere. Per mia grande sfortuna mi aprì una signora
anziana dall’aspetto malinconico, proprio come le piante in
giardino. Smisi di ridere e mi tolsi il cappello dalla testa. Lei mi
guardò con sospetto prima di parlare.
<< Buongiorno, cosa posso fare per lei? >>
<< Buongiorno signora, mi scusi il disturbo. Mi chiamo Adam
Amberson e ieri ho dato un passaggio ad una ragazza che si chiama
Nicole. Abita qui e si è dimenticata questo cappello nella mia auto,
volevo restituirglielo>>.
Lo sguardo della signora dopo le mie parole non lo dimenticherò mai.
Fu un mix di rabbia e stupore difficile da spiegare.
<< Nicole è mia figlia. È morta tre anni fa in un incidente
stradale poco lontano da qui. Se è uno scherzo non fa ridere>>.
Rimasi lì senza parole a guardare negli occhi quella signora per non
so quanto tempo.
<< Come morta tre anni fa!? Ieri ho dato un passaggio ad una
ragazza bionda con un vestito a fiori e questo cappello>>
furono le uniche parole che urlai alla signora mentre agitavo quel
maledetto cappello. Lei mi guardò sempre più irritata.
<< La descrizione della ragazza coincide con mia figlia il giorno che è morta. Ora mi scusi ma ho molto da fare se non le dispiace>>. Mi chiuse la porta in faccia e la sentì piangere. Guardai allibito un ultima volta il cappello prima di lasciarlo sulla maniglia. Tornai sulla strada dove il giorno prima trovai Nicole. Con mio grande stupore, proprio dove l’avevo caricata, trovai una lapide dove c’era la foto di Nicole, la data di nascita e anche quella di morte. Da quel giorno ogni anno vengo a portare un fiore a quella ragazza.
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Clementi Simone