Management presto sul palco con il nuovo album di inediti “Sumo”

Nato come Management del dolore post-operatorio il duo abruzzese composto da Luca Romagnoli (voce e testi) e Marco Di Nardo (chitarra e composizione) ora noto come Management tornerà presto sul palco con il nuovo album di inediti Sumo.  Annunciato dal brano come la luna, il disco ha già conquistato il pubblico (e non solo su Spotify).

il brano che dà il titolo all’album

Noi di Indie Life abbiamo chiacchierato con Luca Romagnoli per scoprirne di più.

Partiamo dal nome: management significa gestione, a livello professionale qual è l’aspetto che gestite meglio?

Nessuno! (ride, ndr). In realtà gestiamo tutto un po’ male: emozioni, vita sociale, amore , sofferenza, amicizia…tutto male! Tutti i giorni però cerchiamo di sopravvivere.

Si potrebbe dire che siete passati dal dolore post-operatorio a un dolore liberatorio, grazie a un disco così catartico come Sumo?

Una bella immagine! Il dolore espresso in modo sincero e a livello artistico può essere esorcizzato e collocato meglio nel proprio stomaco: si può analizzare nella propria interiorità per raccontare qualcosa. Scrivere può derivare dal dolore ed è un atto liberatorio, di conseguenza anche parlare del dolore può esserlo.

Puoi descrivere cosa volete esprimere con la vostra musica?

Domanda complessa: ci vorrebbe un giorno per rispondere. Noi cerchiamo sempre di proporre ciò che ci rappresenta in relazione al momento storico che stiamo vivendo: parliamo di ciò che ci rispecchia attingendo da vari generi musicali e divertendoci sicuramente. Nella musica cerchiamo un raccordo con noi stessi, un’emozione che diamo e che ci torna indietro.

Citando il brano sto impazzendo, che valore ha la “follia” nella composizione di un testo?

Al giorno d’oggi è imperante l’esagerazione dell’estetica, dell’acquisto e di clichè consolidati nella nostra società capitalistica. La follia per come la intendiamo noi è il non sapersi adattare al sistema; l’essere considerati folli in quanto non adeguati alla massa ritenuta “normale”.

Parlando di sonorità, come si riesce a equilibrare chitarre e synth?

Come negli altri album io mi occupo dei testi, mentre Marco della produzione. Abbiamo cercato di conciliare le emozioni con testi e musica. L’equilibrio dipende dalla tecnica e dal gusto (cose che a Marco non mancano di certo). Il “gusto dell’equilibrio” è fondamentale.

Secondo voi, quanto conta l’immagine per diffondere la propria musica?

L’immagine ha un ruolo molto importante ma noi abbiamo un’attitudine rozza. Quando penso alla musica la riconduco alle emozioni che percepisco, non all’immagine.  Siamo un po’ cafoni.

Cosa ci dobbiamo aspettare dai Management?

Continueremo a produrre dischi, musica, video. Porteremo in tour la nostra discografia vasta, varia e variegata. Sarà un bel concerto.

Non abbiamo dubbi, grazie Luca!

Ecco le date del tour:

07 febbraio PESCARA // MEGA’

14 febbraio TORINO // CAP10100

15 febbraio BOLOGNA // LOCOMOTIV

21 febbraio CONVERSANO (BA) // CASA DELLE ARTI

22 febbraio NAPOLI // GALLERIA 19

28 febbraio SEGRATE (MI) // MAGNOLIA

29 febbraio ROMA // MONK

Management presto sul palco con il nuovo album. Non Perdeteli.

(fonte: ufficio stampa e promozione Big Time)

Marco (in alto) e Luca,
Management

TOLLERANZA ZERO

“Roy Strang è davvero un tipo strano, lui e la sua famiglia di sociopatici”. Dalla particolare penna di un fantastico scrittore scozzese, la storia di un ragazzo, della sua infanzia e dei suoi errori di gioventù. Il tutto narrato in un quadro particolare che vede Roy fisicamente immobile ma mentalmente attivo.

L’AUTORE:

Irvine Welsh è nato a Leith e figlio di un commerciante di tappeti ed una cameriera, lascia subito la scuola e si cimenta in vari lavori. Nel 1976 decide di trasferirsi a Londra dove aderisce al movimento Punk e sperimenta varie droghe. Dopo l’esperienza punk e ormai ex-tossicodipendente, decide di scrivere mentre si trova nei Servizi Sociali. Scrive Trainspoting fondamentalmente per sé stesso, senza pretendere nulla, ma con la voglia di rivivere alcuni aspetti come: andare ad un rave, bere in un club house ed utilizzare il dialetto scozzese. Dopo aver letto il romanzo, una sua amica lo spedisce ad una rivista, La Rebel Inc. La rivista che riceve “Tranispotting”, decide di pubblicare alcuni estratti che attirano le attenzioni degli editori. Così Irvine Welsh, seguendo i consigli del direttore della rivista, divenuto con il tempo suo amico e mentore, decide di dedicarsi alla scrittura. Pubblica molti romanzi, tutti ambientati a Leith, utilizzando una tecnica personale che descrive benissimo il disagio giovanile di molti dei suoi protagonisti. Si divide tra Dublino e L’America dove insegna in un corso di scrittura creativa a Chicago.

LA TRAMA:

La particolarità di Roy Strang è la storia di un ragazzo scozzese che vive, se così si può dire, nell’ospedale di Edimburgo. Roy infatti è in coma da due anni ed è perennemente circondato da infermiere fin troppo premurose e dai suoi pessimi genitori, ormai al capolinea nel loro matrimonio. Si sono convinti che lo potranno risvegliare con le colonne sonore dei film di 007. La peculiarità di Roy sta nel fatto che sente tutto e, proprio per questo, decide che è meglio il coma profondo alla realtà. In un mega minestrone fatto di: ricordi, paure e fobie, deliri e fantasie da psicopatico, Roy si divide in tre differenti mondi. Il primo è la realtà dove trova solo infermiere e genitori fuori dal comune. Ci torna ogni tanto, ma non lo ama molto. Il secondo è il suo passato che, attraverso i suoi ricordi, rivive la sua agitata infanzia. Come un film, Roy si ritrova con i suoi amici nel ghetto peggiore della sua città. Tra botte ed umiliazioni di vario genere, Roy entra in una band di hooligan e partecipa ad uno stupro collettivo. Il fatto gli provoca un forte senso di colpa che lo porta a creare un terzo mondo, una realtà parallela. In questo strano e pazzo sogno, Roy, nei profondi luoghi della sua coscienza, intraprende un’immaginaria caccia al marabù. Il sanguinario rapace africano diventa così, il simbolo di una cattiveria bestiale e gratuita che il ragazzo non intende più sopportare. Il tutto montato caparbiamente da uno dei più grandi scrittori del nostro tempo.

RIFLESSIONE PERSONALE:

Ci sono tanti libri in questo libro, tante storie in un unico quadro. Pur essendo scritto da uno scrittore ormai famoso in tutto il mondo, questo particolare lavoro di Irvine Welsh è conosciuto da pochi. Nel suo stravagante stile, lo scrittore scozzese, disegna una trama sottile dove, attraverso quadri reali o di fantasia, tocca argomenti importanti. Il disagio giovanile, il futuro negato a chi ha la sfortuna di nascere in brutte periferie, sono solo alcuni dei punti cari all’autore che, in questo libro, vengono affrontati attraverso gli occhi chiusi di un ragazzo. Roy ha la sfortuna e la fortuna allo stesso tempo di avere, pur restando in coma, una mente molto attiva. Ed è per questo che noi lettori, attraverso il lavoro instancabile della suo inconscio, percorriamo la sua storia e le sue paure affrontando un viaggio particolare e suggestivo. Gli incubi e i deliri dell’autore, narrati in maniera sublime, saranno quei paesaggi selvaggi che guardiamo ammirati quando siamo in vacanza, ma che non vorremmo mai come casa nostra.

Clementi Simone

Immagini prese da Google Immagini

ColapesceDimartino: fuori i primi due brani di “I mortali”

Sono stati rilasciati nei giorni scorsi i primi due brani di “I mortali”, il nuovo album firmato ColapesceDimartino.

Antonio Dimartino e Colapesce, nome d’arte di Lorenzo Urciullo, avevano annunciato già da tempo la loro collaborazione per “I mortali”.

Oggi vi dico che l’anno nuovo porterà un disco di inediti, scritto, suonato e cantato insieme a Lorenzo (colapesce). Nel 2020 saranno dieci anni dall’uscita dei nostri rispettivi dischi d’esordio e ci sembrava questo il modo migliore per festeggiare.
Questo aveva scritto lo scorso dicembre Antonio Dimartino sul proprio profilo Facebook. Ma la data d’uscita dell’album resta ancora un mistero.

Quel che è certo è che potremo ascoltare dal vivo il duo ColapesceDimartino il prossimo aprile. I due cantautori saranno infatti impegnati in una tournée che li porterà in giro per i teatri (biglietti acquistabili a questo link).

I primi due brani di “I mortali” si intitolano L’ultimo giorno e Adolescenza nera, quest’ultimo realizzato insieme al produttore Mace. Nel primo brano riconosciamo subito l’impronta di Dimartino, mentre il secondo pezzo è pienamente Colapesce. E il tutto è condito da un mix di suoni e di voci che portano a una fusione perfetta dello stile dei due cantautori.

Potete ascoltare i primi due brani di “I mortali” da qui:

Lo scorso 20 gennaio, i due cantautori hanno anche rilasciato una sorta di cortometraggio dedicato al nuovo album.
Se ve lo siete persi, potete guardarlo direttamente qui:

Queste invece le date del tour:

15.04 || BOLOGNA || Teatro Celebrazioni

16.04 || TRENTO || Auditorium Santa Chiara

18.04 || ROMA || Auditorium Parco della Musica

19.04 || FIRENZE || Teatro Puccini

20.04 || MILANO || Teatro Dal Verme

23.04 || TORINO || Teatro Colosseo

28.04 || PALERMO || Teatro Biondo

30.04 || NAPOLI || Teatro Sannazaro

Non dimenticate di leggere il nostro articolo dedicato ai dieci artisti dell’indie italiano da conoscere assolutamente.

Direzione Sanremo2020, tutto quello che c’è da saper sul Festival

Parte il 4 febbraio la grande kermesse che mette in scena la musica italiana, la 70esima edizione del Festival di Sanremo.

Lo show che si chiuderà l’8 febbraio con la conduzione di Amadeus, entra nel nuovo ventennio con una rosa di artisti molto variegata, un mix tra vecchie glorie e nuove stelle del mattino che il direttore artistico a saputo comporre.

In questi ultimi anni inoltre una serie di artisti della scena indie hanno calcato il palco della città Ligure, come Lo Stato Sociale e Gli Ex-Otago.

Ma chi sono i partecipanti nella sezione Big di Sanremo 2020?

Cantatanti in gara Big

Sono già “fiorite” le polemiche sul festival di Sanremo 2020: tra esclusi, co-conduttrici un “passo indietro” e pezzi controversi, c’è sempre un Festival prima del Festival.

Ma il fulcro del Festival della canzone sono loro, le canzoni. Come i ragazzi del 1950 giudicheremo e ascolteremo i brani portati in gara e daremo il nostro voto alla canzone più bella. Unica pietra angolare dell’Ariston.

Questi sono i cantanti e le canzoni che giudicheremo in questo tonda edizione del carrozzone della Rai.

  • Marco Masini – Il confronto
  • Alberto Urso – Il sole ad est
  • Elettra Lamborghini – Musica (e il resto scompare)
  • Achille Lauro – Me ne frego
  • Anastasio – Rosso di rabbia
  • Bugo e Morgan – Sincero
  • Diodato – Fai rumore
  • Elodie – Andromeda
  • Enrico Nigiotti – Baciami adesso
  • Francesco Gabbani – Viceversa
  • Giordana Angi – Come mia madre
  • Irene Grandi – Finalmente io
  • Le Vibrazioni – Dov’è
  • Levante – Tiki Bom Bom
  • Junior Cally – No Grazie
  • Michele Zarrillo – Nell’estasi o nel fango
  • Paolo Jannacci – Voglio parlarti adesso
  • Piero Pelù – Gigante
  • Pinguini Tattici Nucleari – Ringo Starr
  • Rancore – Eden
  • Raphael Gualazzi – Carioca
  • Riki – Lo sappiamo entrambi
  • Rita Pavone – Niente (resilienza 74)
  • Tosca – Ho amato tutto

Le cover e i duetti del Festival di Sanremo 2020

Una degli aspetti più interessanti di Sanremo2020 è quello della serata cover/duetti che rende questo spettacolo un vero circo variegato, con artisti di ogni genere. Molti artisti indie parteciparanno, come i Canova e Maria Antonietta. Ecco la lista:

  • Elettra Lamborghini – Non succederà piu’, con MYSS KETA
  • Le Vibrazioni – Un’emozione da poco, con i Canova
  • Levante – Si può dare di piu’, con Francesca Michielin e Maria Antonietta
  • Junior Cally – Vado al massimo, con i Viito
  • Paolo Jannacci – Se me lo dicevi prima, con Francesco Mandelli
  • Pinguini Tattici Nucleari – Medley di Papaveri e papere, Nessuno mi può giudicare, Gianna, Sarà perché ti amo, Una musica può fare, Saliro’, Sono solo parole, Rolls Royce
  • Rancore – Luce, con Dardust e la Rappresentante di Lista
  • Anastasio – Spalle al muro
  • Piero Pelù – Cuore matto
  • Elodie – Adesso tu con Aeham Ahmad
  • Riki – L’edera, con Ana Mena
  • Giordana Angi – La nevicata del ’56
  • Diodato – 24 mila baci
  • Raphael Gualazzi – E se domani, con Simona Molinari
  • Francesco Gabbani – L’italiano
  • Alberto Urso – La voce del silenzio, con Ornella Vanoni
  • Marco Masini – Vacanze romane, con Arisa
  • Enrico Nigiotti – Ti regalerò una rosa, con Simone Cristicchi
  • Michele Zarrillo – Deborah, con Fausto Leali
  • Rita Pavone – 1950, con Amedeo Minghi
  • Tosca – Piazza grande, con Silvia Perez Cruz
  • Achille Lauro – Gli uomini non cambiano, con Annalisa
  • Bugo e Morgan – Canzone per te
  • Irene Grandi – La musica è finita, con Bobo Rondelli

Nella lista delle cover scelte per la serata di giovedì 6 febbraio si notano alcune molto interessanti.

La prima a saltare all’occhio nella lista è quella dei Pinguini Tattici Nucleari, che porteranno in scena non una sola canzone, ma un medley di brani che hanno fatto la storia del festival: da “Papaveri a parere”, un viaggio nel tempo con Nilla Pizzi che la cantò nel 1952, fino ad arrivare a una canzone in gara nel Sanremo 2019, “Rolls Royce” di Achille Lauro.

Elettra Lamborghini ha fatto una scelta vintage ma allo stesso tempo bislacca: nel duetto con Myss Keta proporrà al pubblico la cover di “Non succederà più”, brano interpretato sul palco dell’Ariston da Claudia Mori nel 1982. Le due artiste ci ripoteranno on la loro penetrante personalità diritte negli infinti anni ’80.

The show

La regia sarà curata da Stefano Vicario (che ha diretto le edizioni del 2004, 2005, 2009 e 2012), mentre la scenografia sarà curata da Gaetano Castelli, storico scenografo del festival, la cui assenza durava dal 2012.

Immagine
Scenografia Saremo.

Dopo il Festival

Sarà Nicola Savino a presentare “L’Altro Festival”, da martedì 4 febbraio solo su RaiPlay, subito dopo Sanremo 2020. Per chi non può resistere al post serata potrà seguirlo in streaming sulla piattaforma streaming del servizio pubblico.

Abbiamo scaldato i motori, ora non ci resta che commentare il Festival insieme serata per serata!

Baryonyx: un nome, una galleria di sonorità.

I Baryonyx sono una band indie pop rock che approda a questo genere di musica dopo numerosi esperimenti: dalle sonorità alternative rock a quelle elettroniche.

Nel 2017 la band entra per la prima volta in classifica nella Euro Indie Music Chart con il brano “Mondo a colori” dell’album “Fuori il Blizzard” (2016).

Per avere un’idea della commistione musicale che ne deriva basta ascoltare i loro brani più recenti: “Mistico” (2018), “Demone” e “Quarzo” (2019).

Noi di Indie Life ci siamo incuriositi e li abbiamo intervistati.

 Qual è il significato del vostro nome?

Abbiamo scelto questo nome principalmente per una questione: Baryonyx è intraducibile in tutte le lingue nel mondo. Inoltre è legato alla nostra passione da bambini per i dinosauri dall’uscita di Jurassic Park.

Vi state affacciando al panorama indie italiano, da cosa dipendono i vostri cambiamenti di sonorità?

Dipendono dalla nostra crescita personale e artistica: partiti dal pop punk, abbiamo sperimentato anche l’alternative rock ma nel tempo si sono create le giuste circostanze per approdare all’indie e al “nuovo cantautorato”. Crediamo alla versatilità della musica; inoltre vogliamo mantenere il suono che ci contraddistingue.

Come ci si può affezionare a un “demone”?

Non è semplice da spiegare: il brano parla  di una lotta interiore, di  quel lato oscuro sempre pronto a manifestarsi. Quando il brano dice “Lo odio ma contraddicendomi posso dire di essermi (…) affezionato a lui”, si intende che la tua parte peggiore è lì, ti aspetta e appare spaventosa ma ti appartiene. Vogliamo rimandare ad un messaggio positivo: si impara a convivere con la nostra personalità più oscura e  si riesce anche ad essere migliori verso gli altri.    

Nascono prima i testi o le linee melodiche?

Possiamo dire che spesso nasce prima un giro di chitarra o di piano poiché una linea musicale per iniziare è fondamentale.

Ci raccontate qualcosa che non vi abbiamo ancora chiesto?

Vi raccontiamo alcuni retroscena che ci contraddistinguono. Siamo veramente molto scrupolosi nelle nostre produzioni specialmente in studio, anche se al di fuori della musica non si direbbe. Siamo  attenti ad ogni minimo dettaglio o suono che può fare la differenza.

Vorremmo trasmettere a chi ci ascolta che ci teniamo a creare qualcosa si speciale. Grazie ancora per l’intervista.

IG: @baryonyx_stai_stai_stai_stai

Intervista a Lucio Leoni: “Mi dai dei soldi” e tutte le anticipazioni sul nuovo album.

Lucio Leoni, penna e voce tra le più interessanti della scena romana, si racconta ad Indie Life, in attesa del nuovo album.

– Ciao Lucio. Da quest’estate sei al lavoro su qualcosa di nuovo, giusto? Cosa bolle in pentola?

Ciao! è bello essere qui! Dunque, si, siamo vicini all’arrivo di un disco nuovo, che poi sono due, ma che in realtà è uno, per ora non posso dirti moltissimo. Non è vero, potrei dirti tutto. Ma è lunga e magari ti annoio. “Ma te l’ho chiesto io!” Tu mi dirai, e vabbeeeene, se insisti. Insomma ho scritto un bel po’ di canzoni, ma di solito lo faccio per avere tempo, in fase di lavorazione, di disamorarmi di qualcosa: lavoro in eccesso per poi scremare. Ecco questa volta non ho scremato e dunque sarà un doppio disco, ma non uscirà tutto insieme. Dati i tempi di attenzione di oggi sarebbe stato antipatico da parte mia. Ad Aprile vi faccio ascoltare la prima parte. Si chiamerà “Dove sei”.

– Questo nuovo progetto é stato anticipato dal singolo “Mi dai dei soldi”: un titolo provocatorio per un brano impegnativo dal punto di vista sia dei contenuti che della forma. Mi racconti da dove e come é nato questo brano? 

Ci sono argomenti che mi interessano moltissimo ma che a volte fatico ad affrontare perché non sento di esserne all’altezza. Di non aver studiato abbastanza per poterli affrontare con la giusta profondità. Un anno fa, più o meno, sono andato a vedere uno spettacolo di un mio amico (Andrea Cosentino) dal titolo “Kotekino Riff”. Andrea è un autore e attore eccezionale, e in quello spettacolo, verso la fine eseguiva un monologo che parlava dell’arte e del fare arte in un modo che sentivo molto mio e che diceva cose che avrei voluto dire io ad un livello che  forse non raggiungerò mai. Così gli ho chiesto di poter utilizzare quel monologo e metterlo in musica. Andrea è stato felice di “prestarmi” quelle sue riflessioni ed ecco che è uscito fuori il brano che hai ascoltato. Trovo sia uno dei testi più interessanti e giustificati che abbia letto negli ultimi tempi e sono onorato di aver collaborato con un autore del calibro di Andrea che è anche un ottimo trombettista. 

– Parliamo anche del video: particolarissimo grazie anche alla performance di Andrea Cosentino. Anche qui: mi dici come é nata l’idea e questo incontro tra artisti? E che cos’è se non va preso né come un video né come una canzone per non rimanere delusi (come tu stesso hai affermato presentandolo la prima volta)?

Direi che in parte ho già risposto con quanto ti ho raccontato poco prima. L’affermazione relativa al non essere un video, né una canzone era una battuta che voleva sdrammatizzare, ma tutto sommato molto reale. Ti sarai accorta che non è quello che si dice un brano pop o radiofonico (almeno rispetto a quello che oggi viene definito pop o radiofonico) e in fondo è un’operazione che nasce in un contesto diverso e che mette in musica un testo teatrale senza effettivamente musicarlo. Non è neanche un video per lo stesso motivo: i videoclip servono a promuovere e veicolare la canzone il più delle volte, mentre noi (grazie alla regia di Daniele Martinis) ci siamo limitati a documentare la mimica di Andrea e la sua maschera e in qualche modo abbiamo cercato di non far succedere nulla, ci interessava che ci si focalizzasse sul testo. E ci interessa che ci si faccia delle domande come ad esempio: “ma che è?”

– Il video è girato a San Lorenzo, quartiere nevralgico di Roma dove si incontrano strade, percorsi, università, stazioni, attività commerciali e culturali, luoghi di culto, paradossi architettonici fatti di palazzi storici abbandonati e poi occupati e ora sotto sgombero e di luoghi della movida sovraffollata e rumorosa che fa indignare i comitati di quartiere. Un quartiere di adulti e di bambini, di giovani e di anziani, di lavoratori e di studenti, autoctoni e fuori sede. E poi è il quartiere del cosiddetto degrado, dello spaccio, della violenza e dunque della retorica e delle strumentalizzazioni della politica. É per questo che l’hai scelto come location? Come vedi e come vivi i paradossi di questa città?

No, non l’ho scelto per questo motivo, ma sono contento di averlo girato lì. Ci serviva uno spazio dove mettere in scena “l’accattone” di Andrea e la piazza di San Lorenzo si è rivelata perfetta. Come vivo i paradossi? Non lo so…è una domanda molto difficile. Ti rispondo con un’altra domanda: siamo sicuri che li viviamo davvero questi paradossi? 

– Partecipi tanto all’attività politica di questa città. Nei tuoi live dici sempre che un artista deve fare politica: l’arte stessa è un atto politico. Ti sei speso tanto per gli spazi sociali di questa città: sia per costruirli e renderli possibili, sia per difenderli ora che sono sotto sgombero. Che importanza hanno questi luoghi per la cittadinanza e in particolare per la cultura e l’arte (e per gli artisti) e, viceversa, quanto è importante che l’arte (e gli artisti) sia messa a disposizione di questi luoghi così preziosi e così fragili (anche il tema del ruolo dell’arte e dell’artista è presente in “Mi dai dei soldi”)?

Credo che non ci sia crescita se non attraverso la costruzione di collettività. Questa città ha perso completamente contatto con l’idea di comunità e di condivisione; ce lo racconta, per esempio, lo sviluppo urbanistico: dall’idea di cortile, di piazza ci siamo spostati nelle unità abitative ad alta intensità. Gli spazi sociali sono baluardi di terreno comune su cui costruire un immaginario diverso e contrastano (per quello che possono) questo tipo di direzione restituendo, ai territori in cui operano, spazi e tempi condivisi e di confronto per i cittadini tutti. Sono, a mio modo di vedere fondamentali, vitali.
Per quanto riguarda la cultura e l’arte in genere sono gli incubatori intorno a cui, in assenza di servizi, si sviluppano le idee, i disegni, le parole, le canzoni. Se non ci fossero stati, io non avrei mai cominciato ad esibirmi in pubblico ad esempio (per qualcuno questo potrebbe essere un controvalore, me ne rendo conto) e, al di là di me, ne conosco infinite di realtà artistiche che sono nate e cresciute grazie agli spazi messi a disposizione da luoghi così. Sale prove, teatri popolari negli anni hanno lanciato artisti ora di livello internazionale. In assenza delle istituzioni c’è chi si è rimboccato le maniche e ha permesso alla linfa politica e artistica di continuare ad esistere e di continuare a perseguire la bellezza e non possiamo far finta che questo, soprattutto in questa città, non sia un dato di fatto. La Roma virtuosa è ancora qua (anche se ogni tanto pecca di ingenuità).

– L’album precedente è uscito a fine 2017. Come vivi il tempo di costruzione e di immaginazione tra un album e l’altro? Cosa ti ispira, cosa ti nutre, cosa ti smuove o commuove,  cosa ti condiziona? 

Il tempo tra un disco e un altro è un tempo strano: fatto di momenti molto oscuri e altri improvvisamente altissimi. Non si sta benissimo. E’ un tempo quasi immobile in cui da una parte si fanno i conti con quanto fatto e dall’altra si comincia a combattere con quanto dovrà succedere. A volte anche con il “se” dovrà succedere o meno. Poi se c’è ancora urgenza, in un modo molto strano si ricomincia a scrivere. Io non sono uno che scrive in continuazione, scrivo quando qualcosa emerge: spesso quest’urgenza è diretta, condizionata, ispirata, nutrita da ciò che mi fa rabbia e mi fa male, da quello che non sopporto. Poi c’è la poesia che aiuta a non farvelo capire.

– Mi hai detto che sei in partenza. Il viaggio é un’esperienza importante per la tua crescita artistica e creativa?

Lo scopriremo. In realtà è la prima volta che mi capita di fare un viaggio lungo da quando scrivo (quasi) per lavoro. Mi auguro di sì, ma in fondo ne sono sicuro. Mescolarsi all’altro, avere a che fare con mondi e culture diverse non può che mettere in gioco qualcosa anche dal punto di vista della rielaborazione poetica e artistica. Magari non subito, non al ritorno, magari succederà tra qualche anno, ma sicuramente sarà un’esperienza che a un certo punto parlerà anche attraverso le mie canzoni.

– Mi hai detto che non sai se torni. Mi prometti che ovunque sarai continuerai a produrre, a vivere e a condividere le cose belle che crei, canti, reciti e scrivi? 

Lo sai quanto è bello sentirselo dire?! Grazie.

– Nei tuoi live non manca mai il tuo personalissimo e divertentissimo oroscopo. Essendo appena iniziato l’anno, mi regali le tue personalissime e divertentissime previsioni astrologiche per il 2020?

Te ne regalo uno con i proverbi:

         Ariete: non ti scoprire

         Toro: si spera

         Gemelli: a catinelle

         Cancro: non ti conosco

         Leone: lo zampino

         Vergine: raccoglie tempesta

         Bilancia: non i coperchi

         Scorpione: li accoppia

         Sagittario: quello che luccica

         Capricorno: non si guarda in bocca

         Acquario: poche parole

         Pesci: estremi rimedi.

– Grazie, buon viaggio e buona musica.

No, buona musica no, dai.

Lucio Leoni ft. Andrea Cosentino “Mi dai dei soldi” (regia Daniele Martinis)

GLI ANNI DELLA POLVERE E DEL SOLE

Eccomi qui, ancora una volta immerso nel deserto a camminare lentamente, fissando le pietre roventi, con il mio padrone sopra le spalle. Quasi tutta la mia vita l’ho passata così; con gli zoccoli che camminano sopra la polvere, il sole che picchia sopra le nostre teste e il mio padrone che mi guida verso l’orizzonte in cerca di fortuna. Mi chiamo Fulmine e sono il cavallo personale di un vecchio cowboy di nome Jack, ma in tutto il Texas e in gran parte del Sud lo conoscono come “Mano Rovente”. È difficile definire il mio padrone, alcuni lo considerano un eroe, altri un farabutto e un ladro e altri ancora un rompiscatole che dovrebbe farsi i fatti propri. Lui si è sempre definito semplicemente un uomo del suo tempo. Quelli che stiamo vivendo sono tempi difficili, la legge è una bambina appena nata e ogni uomo la interpreta come vuole. Jack è sempre stato un solitario, almeno lo è sempre stato da quando mi cavalca e lo fa da ben quindici anni, praticamente una vita intera. Da quindici anni sono il suo unico amico. Anche di donne ne ho viste ben poche al suo fianco e duravano tutte una notte, nelle varie città che visitavamo. Il suo soprannome deriva dalla sua straordinaria abilità nel maneggiare le pistole. Gira sempre con due cinturoni e altrettante pistole ai lati, cappello sulla testa a coprire gli occhi color ghiaccio, jeans sporchi, una camicia altrettanto sudicia ed un giaccone lungo e bianco. Ricordo ancora il giorno in cui ci siamo incontrati. Ci trovavamo entrambi in Nebraska io ero il cavallo di un indiano che quel giorno aveva assaggiato il piombo caldo di uno sceriffo ed era caduto a terra, impaurito iniziai a correre verso le verdi praterie senza una meta. Mi fermai solo molti chilometri dopo, vicino ad un fiume per bere. Jack spuntò dopo circa una mezz’ora mentre io stavo brucando. Lo vidi avvicinarsi con passo deciso verso me con un sacchetto in mano. Non so perché lo feci, ma per la prima volta nella mia vita non diedi retta al mio istinto che mi diceva di scappare e rimasi fermo a fissarlo. Mi raggiunse e mi accarezzò il muso, poi il corpo e mi studiò per bene.

<< La fortuna inizia ad accorgersi del sottoscritto. Un bel cavallino come te mi serviva proprio, stavo giusto pensando di andare verso sud>>.

Queste furono le prime parole che sentì pronunciare dal mio padrone, poi salì su di me e mi spronò a camminare verso le terre della polvere. Ripenso spesso a quell’incontro e ogni volta non riesco a trovare una spiegazione sul perché non scappai. Il destino si diverte a giocare con noi e probabilmente aveva previsto da tempo che la mia strada e quella di Jack dovevano incrociarsi in una prateria del Nebraska. Ricordo i suoi occhi azzurro chiaro che ipnotizzavano e i capelli biondi come il sole.

Tra di noi c’è sempre stata una forte amicizia, quando ci incontrammo eravamo giovani, io avevo cinque anni e lui trentacinque, ora stiamo andando verso la via del tramonto e probabilmente questo sarà il nostro ultimo viaggio. Spero non gli succeda niente al mio padrone, gli voglio bene, ma so che tipo di vita fa e non voglio illudermi. Dove siamo diretti, lo stanno aspettando e non certo per dargli il benvenuto. Potrebbe certamente rifiutarsi di presentarsi e scappare, ci sono ancora molte terre vergini dove nessuno ti viene a cercare, ma “Mano Rovente” è sempre stato un uomo coraggioso e non è mai scappato di fronte al pericolo, potrei definire il pericolo la sua casa. Si continua a camminare, abbiamo appena lasciato Ghost Town, California e siamo diretti verso un’altra città del Texas Orientale di cui non ricordo il nome. Quanto vorrei girarmi e tornare indietro, ma io sono solo un semplice cavallo che deve ubbidire al suo padrone anche se lui si sta dirigendo all’inferno.

Anzi l’inferno sarebbe meglio in confronto a quello che gli aspetta.

Se viaggio indietro con la mente ricordo tante battaglie, tante scazzottate e duelli con i tipi più loschi di tutto il sud.

Il mio padrone ha sempre agito per il suo interesse, ma ha un gran cuore e non sopporta le ingiustizie. Questo l’ha portato ad essere amato da tanta povera gente, ma anche ad essere odiato da altrettanti farabutti. Molti di loro occupano i posti più alti della società e sono proprio loro che lo vorrebbero morto. Ci hanno provato molte volte, senza mai riuscirci. Una volta ha anche difeso una piccola tribù indiana della nazione degli Apache. La loro riserva confina con una città governata da uno sceriffo disonesto che sta al soldo del Governatore, come tanti del resto. L’ingordigia del Governatore non conosce sazietà ed è sempre alla ricerca di denaro e modi per ampliare il suo potere, alle spalle delle povere persone. La città di El Dorado confina con la riserva apache ed alcuni suoi cittadini scoprirono che sotto le montagne, dove vive la piccola comunità, c’era una gran quantità d’oro. La notizia arrivò al governatore Richard che si precipitò sul posto ed iniziò una forte campagna discriminatoria contro gli indiani per ottenere la loro terra. Quello però è territorio indiano ed è protetto da un trattato. Richard usò ogni spregevole mezzo ed ogni sorta di menzogna per convincere tutti i cittadini ad insorgere contro gli indiani che, a detta sua, erano solo un ammasso di selvaggi ubriaconi e molestatori di donne. Molti gli diedero ragione ed iniziarono a spingersi fin dentro la riserva per delle spedizioni punitive. Tutto questo non sarebbe mai interessato a Jack se non fosse che si trovò in mezzo alla disputa tornando dal Messico. Il mio padrone non voleva rogne all’inizio e prenotò una stanza in una locanda per un paio di giorni, giusto il tempo di riposarsi e poi ripartire verso il Tennessee. Fin dai primi passi che camminammo nella città, Jack intuì che c’era un aria tesa tra loro e la comunità indiana. Molti al bar parlavano e insultavano gli indiani e programmavano spedizioni vendicative. Al mio padrone iniziò a bollire il sangue, ma voleva rimanere calmo e lasciare al più presto quell’angolo dimenticato da Dio. Aveva un grosso affare in ballo nel Tennessee e non voleva perdere tempo. Ma un giorno si trovò di fronte ad una scena raccapricciante. Nel deserto, poco distante dalla città, un gruppo di uomini stavano molestando e violentando una piccola ragazza indiana. Mi spronò al galoppo non appena capì cosa stava accadendo e con una mira incredibile, fece saltare i cervelli degli uomini e riportò a casa la ragazza. Da quel momento Jack diventò l’eroe della comunità Apache, gli diedero il nome indiano di Aquila Veloce con una grande cerimonia sacra. Ma il mio padrone finì anche nella lista nera del Governatore Richard, quei spregevoli esseri che stavano violentando la ragazza, erano i suoi uomini. Jack non si accontentò di salvare la vita a quella ragazza, ma istruì il capo tribù dandogli dei consigli legali che lo avrebbero tutelato legalmente e permesso di mantenere la sua terra, nonostante i tiri mancini del Governatore. Il mio padrone ripartì presto con dei nuovi amici ed un nuovo nemico sulle sue tracce. Ormai ci siamo abituati, fa parte della nostra vita.

Forse questa è la prima volta che non abbiamo nemici alle nostre spalle che ci stanno seguendo. Non ci segue nessuno non perché non abbiamo più nemici, ma perché questa volta stiamo andando noi da loro. Se solo ripenso a quello che ci aspetta in quella maledetta città mi vengono i brividi, nonostante i quaranta e più gradi che stanno friggendo le nostre teste. Ancora un mare di sabbia e monti intorno a noi. Non so quanto manca alla metà, spero molto. Questo deserto è un inferno ma è sempre meglio di quello che ci sta aspettando. Tra un po’ calerà la sera e noi saremo costretti a fermarci. Dopo aver sofferto il caldo per tutto il giorno, dovremmo soffrire il freddo per tutta la notte. Il mio padrone c’è la mette tutta per alleviarmi le pene, mi ha comprato una grossa coperta e accende ogni sera un grande fuoco. Tutte le sere lo stesso copione, come un film che ricomincia ogni volta che finisce.

Io che bruco quella poca erba che c’è e cerco di ripararmi dal freddo e il mio padrone che suona la chitarra con una sigaretta in bocca dopo una breve cena. Mi piace sentirlo suonare mentre guarda l’orizzonte o il vasto manto di stelle sopra le nostre teste. Teste che hanno una bella taglia, soprattutto la sua. In lontananza il canto dei coyote accompagna la sua musica e procura a me brividi che non sono di freddo. So di essere al sicuro con Jack, ma il mio istinto mi dice di avere paura e di stare sempre vigile. Per quei maledetti coyote io sono un ottima cena ed un ottima colazione per il giorno dopo. La fame ti spinge a fare le cose più insensate, anche sfidare un uomo armato pur di addentare un pezzo di succulento cavallo.

Ci siamo fermati, e Jack si sta preparando la cena, una pezzo di bisonte regalatogli dagli amici Sioux. Io mi accontento di un po’ d’erba che cresce all’ombra di una grossa montagna dove Jack ha scelto di fermarci. Questa volta però il solito film ha un colpo di scena, il mio padrone si gira la sua solita sigaretta e se la fuma senza suonare, guarda solo l’orizzonte buio davanti a sé. Vorrei essere nella sua mente, non solo per capire il frastuono dei suoi pensieri, ma per suggerigli di rigirami e scappare. Purtroppo nessuno ha questo potere, tanto meno io che sono solo un cavallo. Lo vedo aspirare l’ultimo boccone della sigaretta e coricarsi nel sacco a pelo. La stanchezza lo aiuta ad addormentarsi ed io rimango come sempre da solo a sorvegliarlo come farebbe un amico. Mi addormenterò come sempre per circa un paio d’ore e poi all’alba andrò a svegliarlo.

Il sole, puntuale come sempre, sta salendo dalle grandi montagne all’orizzonte. Io lo guardo e lo saluto per poi andare a svegliare il mio padrone. Dopo alcuni minuti apre gli occhi mentre io ancora gli muovo il corpo con il muso. Mi saluta e si alza. Si riveste e prepara un po’ di caffè con dell’acqua che abbiamo trovato in un oasi l’altro ieri. Io faccio colazione con un altro po’ di erba prima di ripartire. Dopo mezz’ora siamo di nuovo sulla strada, lui con una sigaretta in bocca e il cappello sugli occhi ed io con la testa verso la sabbia e i sassi. Ma le mie preghiere non sono state esaudite e dopo tre ore di camminata, alzo il muso e vedo in lontananza una città. Il cuore inizia a battere più forte, spero in un momento di sbagliarmi e prego Dio di far diventare quelle strutture in legno un miraggio. Ma il Principale non mi ascolta e sento il mio padrone imprecare. Questo mi da la conferma che quelle strutture fanno parte della città che stiamo cercando, un angolo d’inferno che sarà la nostra tomba. Provo a nitrire, a fare qualcosa, un ultimo tentativo per convincere Jack a tornare indietro, ma non mi ascolta e mi invita a proseguire. Ascolto la sua voce ed è vibrante, sussurra come se avesse un groppo in gola. Non è la sua solita voce, lo so. Una parte della sua mente è d’accordo con me, per nostra sfortuna non è la parte più grande. La città si fa sempre più vicina ed io saluto per l’ultima volta il deserto. Nostro dispettoso compagno di viaggio per molti e molti anni. Il mio padrone prende un fucile a canne mozze dal mio fianco destro e lo sento caricare. Ecci arrivati alla fine, questa volta non scapperò come con l’indiano, sono troppo vecchio e voglio troppo bene al mio padrone. I primi sparì passano sibilando a pochi metri da noi, cerco di rimanere calmo ma non ci riesco.

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Simone Clementi

“Tutto ciò che abbiamo” – Il nuovo singolo degli Ex-Otago

In attesa del live all’RDS Stadium di Genova che si terrà il prossimo 15 febbraio (qui i biglietti), gli Ex-Otago in queste prime settimane del nuovo anno ci hanno fatto dono del loro nuovo singolo, Tutto ciò che abbiamo.

Il nuovo brano della band genovese si pone sulla malinconica e romantica scia di Scusa, il singolo che era stato rilasciato lo scorso dicembre.

Tutto ciò che abbiamo racconta con parole semplici e con una musica delicata l’intimità di una relazione, il bisogno di sostenersi reciprocamente e di affrontare insieme un viaggio che spesso porta a domandarsi: “Come si fa? Dimmi, che senso ha?”.

Le nostre carezze, le nostre fragilità, i nostri baci, le nostre scuse, sempre difficili da far uscire. 
La nostra storia che solo a pensarci toglie il respiro. 
Non può bastarci tutto questo per essere felici, dobbiamo diventare qualcosa di più di una semplice coppia, dobbiamo navigare mari sconosciuti e bellissimi, foreste recondite, piene di suoni mai sentiti. 
Poi ci ritroveremo, consapevoli che insieme tutto è più straordinario. 
Unico e straordinario
“.

Così gli Ex-Otago hanno descritto sui social il loro nuovo singolo.

Lo scorso 14 gennaio è stato rilasciato anche il video ufficiale di Tutto ciò che abbiamo, prodotto da Garrincha Dischi e INRI. Il videoclip diretto dal frontman del gruppo Maurizio Carucci, mostra ancor più la continuità col singolo precedente.

Testo – Tutto ciò che abbiamo:

Non metto mai in ordine i vestiti
E penso di aver sempre ragione
Però ti piace come guido
In retromarcia sono un drago
Io adoro le verdure lesse
Ma tu non le puoi vedere
Ma poi ti faccio la pasta
E ritorniamo insieme

Tu dimmi dimmi come si fa
Tu dimmi come si fa
Ad esser puntuali
Tu dimmi come si fa
Tu dimmi dimmi come si fa
Tu dimmi come si fa
Ad esser sereni
Tu dimmi che senso ha

Mi son svegliato in piena notte
Sulla faccia i tuoi capelli
Come facciamo a non far caso
A quanto siamo belli
A volte può sembrare niente
E poi non ce ne accorgiamo
Ma la nostra relazione
Non è tutto ciò che abbiamo

Ti prego puoi guidare tu
Che sono stanco morto
E poi sei l’unica di cui mi fido
La nostra storia è malinconica
Come una pizza di domenica

Tu dimmi dimmi come si fa
Tu dimmi come si fa
Ad esser puntuali
Tu dimmi come si fa
Tu dimmi dimmi come si fa
Tu dimmi come si fa
Ad esser sereni
Tu dimmi che senso ha

Mi son svegliato in piena notte
Sulla faccia i tuoi capelli
Come facciamo a non far caso
A quanto siamo belli
A volte può sembrare niente
E poi non ce ne accorgiamo
Ma la nostra relazione
Non è tutto ciò che abbiamo
Mi son svegliato in piena notte
Sulla faccia i tuoi capelli
Come facciamo a non far caso
A quanto siamo belli
A volte può sembrare niente
E poi non ce ne accorgiamo
Ma la nostra relazione
Non è tutto ciò che abbiamo

Mi son svegliato in piena notte
Sulla faccia i tuoi capelli
Come facciamo a non far caso
A quanto siamo belli

Non dimenticare di leggere il nostro articolo dedicato agli artisti Indie che bisogna assolutamente conoscere.

AUTOSTOP SULLA MS-25

Non ne posso più! Non posso più tenermi dentro questa cosa. Sono solo nella mia stanza, ho settantaquattro anni e sono vedovo da ormai tre anni. La mia povera moglie mi ha lasciato in una sera come questa, dopo due anni di lotta contro quella bestiaccia che la stava divorando. Non ho mai detto a nessuno, nemmeno a mia moglie Anne, quello che mi accadde tanti anni fa prima di conoscerla. È pericoloso parlarne perché mi prenderebbero tutti per pazzo. Ho scelto quindi di scriverlo su questo quaderno. Sento che la mia esistenza su questa terra è al capolinea, non posso morire con questo peso addosso. Ho sempre fatto il rappresentante per le compagnie assicurative ed ho viaggiato per tutto il paese. Prima di sposarmi facevo anche lunghi viaggi, ma dopo il matrimonio ho ristretto il mio giro solo all’interno del Mississippi. Sono nato e cresciuto a Louisville ed ho lasciato questa piccola cittadina solo per lavoro. Mi è sempre piaciuto viaggiare ma non ho mai perso la gioia che si prova al rientro a casa. La mia famiglia è cresciuta qui, i miei nonni e bisnonni erano schiavi e coltivatori di cotone. Mio padre riuscì a salvarsi diventando un trombettista Jazz. Anche lui era spesso in viaggio nei tour e nei concerti in tutto il mondo. Vedevo mia madre soffrire terribilmente la sua assenza nelle serate di solitudine. Ironia della sorte, ho ereditato da mio padre la voglia di viaggiare, ragione che mi ha spinto a scegliere questo lavoro. Tutto però cambiò quando a venticinque anni conobbi Anne. Frequentava L’Ole Miss ad Oxford, la facoltà di letteratura, mentre io già lavoravo per una compagnia d’assicurazione che aveva la sede centrale proprio vicino al College. La prima volta che la vidi era seduta sotto un albero intenta a leggere un libro. Aveva in mano uno di quei romanzi americani lunghissimi ed un raggio di sole attraversava le foglie, posandosi proprio sul lato destro del suo viso. Sembrava un quadro ed io ne rimasi colpito. Fu per me un fulmine a ciel sereno. Decisi all’istante di andare a parlargli e dopo un quarto d’ora di chiacchierata riuscì, non senza fatica, a strapparle un mezzo appuntamento. Il giorno dopo ci vedemmo per un caffè e scoprì che il suo sogno era quello di diventare un’insegnante. Le piaceva la filosofia e la letteratura, specialmente quella americana. Lei all’inizio era restia a fidarsi di me e dei miei sentimenti che nascondevo con difficoltà. Erano tempi difficili, le ragazze erano legate da dogmi rigidi, e si doveva faticare molto per conquistarle. La leggenda che si raccontava poi sui rappresentanti non mi aiutava per niente. Molte persone ci definivano traditori e sempre pronti ad andare con tutte le donne che ci capitavano a tiro. Non posso negare che molti dei miei colleghi erano proprio così. Io stesso ho avuto le mie avventure, durante il periodo da single, ma non ho mai tradito una donna e specialmente Anne. Dopo quel breve caffè e molte altre uscite, riuscì a farla innamorare di me e ci fidanzammo. Ci sposammo dopo la sua laurea proprio qui a Luoisville dove lei aveva dei parenti. Era nata ad Oxford, ma dopo il matrimonio accettò di venire a vivere nella mia città. Amava le piccole cittadine dove tutti si conoscono e si respira un’aria di tranquillità e pace. Chiese ed ottenne un lavoro nel liceo locale, insegnava letteratura ed aveva creato un corso di scrittura creativa dopo l’orario scolastico. Un paio di suoi vecchi allievi diventarono scrittori apprezzatissimi, ancora oggi conservo le copie dei loro romanzi più famosi autografati, che le inviarono per ringraziarla. Amava terribilmente il suo lavoro e i suoi ragazzi, li spronava sempre a seguire i propri sogni e pianse di gioia quando venne a conoscenza del loro successo. La nostra vita era perfetta, io lavoravo tutto il giorno e tornavo sempre a casa. Quando dovevo fare un viaggio lungo, non rimanevo fuori casa più di due giorni. Le lacrime nascoste e silenziose di mia madre nella sua stanza buia, mia hanno segnato talmente tanto da rinunciare a bonus economici molto alti. Non accettai mai le trasferte strapagate. Facevamo una vita tranquilla, avevamo entrambi uno stipendio modesto. Ci furono solo due crepe nel nostro matrimonio: l’impossibilità di avere figli e la sua malattia. Anne era sterile ed io accettai a malincuore l’idea che non sarei mai stato padre. Più volte lei mi disse che dovevo lasciarla per un’altra donna ma non presi mai sul serio la cosa. Ho amato Anne fin dal primo momento che l’ho vista e non ho mai smesso di farlo. All’età di settant’anni le diagnosticarono un tumore alle ossa che portò via il mio grande amore in soli due anni, saturi di enormi sofferenze. Così sono rimasto da solo con i miei ricordi. Non esco molto durante il giorno e parlo poco con le persone.

Ho sempre fatto una vita molto solitaria, viaggiavo da solo e parlavo con la gente solo per venderle prodotti. Mi sono abituato a non avere molti amici. Ogni tanto mi faccio una passeggiata e scambio due chiacchiere con il vicino di casa, è un mio coetaneo e parliamo spesso dei bei tempi andati quando eravamo giovani e forti. Ricordo da bambini, quando giocavamo in giro per la città. Lui è un vecchio ufficiale dell’esercito, ha viaggiato spesso per il mondo e fatto diverse missioni, dopo il pensionamento ha comprato la casa vicino alla mia ed è tornato nella nostra città natale.

Ma sto divagando, quando si è vecchi basta un pensiero per ripercorre tutta la propria vita. La luna è alta nel cielo, l’estate calda e umida del Mississippi si fa sentire ed io inizio ad essere stanco. Devo finire questa storia, devo liberarmi una volta per tutte. Scriverò tutta la notte se servirà, spero di farcela.

Avevo vent’anni, compiuti da poco, e viaggiavo lungo la MS 25 N da Louisville diretto a Carthage. Una coppia di signori mi aveva contatto per modificare la loro assicurazione, lei aveva scoperto di essere rimasta incinta e volevano includere nel contratto anche i loro futuro figlio. All’epoca viaggiavo in una Cadillac rosso fiammante, il lavoro andava bene. Erano circa le sei di sera e la strada era libera. La maggior parte delle persone erano a casa a cenare ed io guidavo con il finestrino abbassato e la musica che usciva dalla radio. Una stazione locale trasmetteva canzoni blues e jazz. Ero cresciuto con quella musica e mi piaceva ascoltare le radio locali, spesso trasmettevano anche mio padre. Aveva suonato molte volte nei vinili dei grandi artisti, molti non lo sapevano che in quelle canzoni c’era anche lui, ma io riconoscevo il suo suono tra mille. Viaggiavo a circa quaranta miglia orari quando vidi una ragazza fare l’autostop sul ciglio della strada. Era giovane, con un vestito lungo a fiori ed un cappello di paglia in testa. Non aveva borse a tracolla ed aveva un aria del tutto innocente. Nel mio lavoro mi sono capitati spesso autostoppisti lungo le strade dell’America, ma non mi sono mai fermato. Non si sa mai chi gira per le strade. Avevo letto spesso sui giornali di serial killer che giravano per il Paese in autostop ed uccidevano le persone che gli davano un passaggio. Ma quel giorno di fine luglio, sul ciglio della strada, non c’era uno psicopatico a chiedere un passaggio. Certo il male assume mille facce e spesso si traveste nei modi più sublimi per ammaliarci, ma quel viso dolce sotto quel cappello, non era il male. La velocità mi fece superare la ragazza ma mi fermai più avanti ad osservarla dallo specchietto retrovisore, lei si voltò a guardarmi per alcuni secondi e riprese ad osservare davanti a lei. Credo che rimasi ad osservarla per alcuni minuti, lei non si voltò mai. Decisi infine di girare la macchina, di ascoltare le mie sensazioni e ti dare un passaggio a quella ragazza. Lei, come se si aspettasse la mia reazione, si girò di lato, e mi guardò fisso negli occhi. Stavo dall’altra parte della strada e lei senza dire niente attraversò diretta verso di me. Abbassai il finestrino e lei si presentò accompagnando la sua dolce voce ad sorriso smagliante.

<<Piacere, mi chiamo Nicole!>>

aveva un accento tipico di New York, la sua bellezza era abbagliante.

<<Piacere mi chiamo Adam Amberson, dove sei diretta? >>

<<Vado a Carthage, ho ereditato una casa da mio nonno. La mia macchina si è guastata poche miglia da qui e sto cercando di arrivare alla città per cercare aiuto>>.

Non avevo visto lungo la strada una macchina ferma, ma forse non ci avevo fatto caso. Spesso ero concentrato talmente tanto sui contratti di lavoro che non mi accorgevo del mondo che mi circondava.

<< Anch’io vado a Carthage, ho un appuntamento di lavoro e conoscono molte persone. Se vuoi ti porto io in città e ti faccio vedere un bravo meccanico. A quest’ora è chiuso, ma domani sarà lieto di darti una mano, è una brava persona. >>

<< Grazie, mi daresti un grande aiuto. Domani chiederò a un mio cugino che abita vicino la casa che ho ereditato, di portarmi dal meccanico. Non voglio darti ulteriormente fastidio, mi basterà arrivare a casa. Mi farò un bagno caldo, mi riposerò e domani sistemerò tutto>>

<<D’accordo, come vuoi. Salta sù ti porto subito, in meno di mezz’ora saremo arrivati>>.

Rigirai la macchina ancora una volta e ripresi il cammino verso Carthage. La musica usciva potente dalla radio, il sole si nascondeva lentamente dietro l’orizzonte colorando le foreste del Mississippi di un arancione acceso. Lei non disse nulla per i primi dieci minuti di viaggio, sembrava godersi il paesaggio che quell’autostrada ti regala. Forse era immersa nei suoi pensieri. Improvvisamente si voltò verso di me e come se nulla fosse mi fece capire come intendeva ringraziarmi.

<<Grazie Adam, sei un ragazzo gentile ed anche molto carino. Forse dovrei ringraziarti prima di arrivare in città>> disse quella frase con un tocco di malizia ed una mano sulla mia gamba destra che non lasciava nulla all’immaginazione. Avevo vent’anni, ero single e viaggiavo sempre con un pacco di preservativi nel cruscotto. Non tutte le ragazze erano legate a dei dogmi rigidi, alcune erano molto emancipate. Non ci pensai due volte, mi voltai per fargli l’occhiolino e continuando a guidare, girai poche miglia più avanti in una stradina sterrata che portava in mezzo al bosco. Conoscevo molto bene quelle zone e sapevo dove potevamo appartarci.

Il clima caldo favoriva certe piccole gite fuori porta e così senza pensarci più di tanto, fermai la macchina su ciglio della strada e ci addentrammo nella campagna circostante. Iniziammo a baciarci sotto l’ombra di una grande albero . Eravamo soli e i nostri profondi respiri rompevano il silenzio circostante. In un primo momento la lasciai fare, ero con le spalle appoggiate all’albero ed iniziò a spogliarmi con foga. La passione mi travolse, era bella e passionale e non seppi resisterle ulteriormente. Dopo alcuni minuti passati a conoscere i nostri corpi, la presi con forza e mi misi dietro. Ora era lei ad appoggiarsi all’albero, alzai il suo vestito ed in breve tempo ero dentro di lei. Fu passionale, strano ed dannatamente eccitante. Non era amore, non poteva essercene, c’era solo la voglia di conoscerci attraverso quel meraviglioso mondo che è il sesso. Finì com’era iniziato, di colpo e con grande gioia per entrambi. Tornammo alla macchina e riprendemmo il viaggio verso Carthage.

Come promesso accompagnai Nicole nella sua casa ereditata. Era una casa a due piani poco fuori la cittadina, con un grande terreno coltivato che gli girava intorno. La casa era di legno e dipinta di bianco, come molte case nel Mississippi. Fermai la macchina davanti ad un grande cancello, lei scese e mi salutò con un fugace bacio.

<< Addio Adam, è stato il più bel passaggio mai avuto>>

<< Arrivederci Nicole, stammi bene. È stato bello anche per me>>.

Continuai per la mia strada ed arrivai al mio appuntamento. I coniugi Poe mi stavano aspettando e pianificammo tutto intorno al tavolo della cucina con una tazza di caffè.

Il mattino seguente, con ancora Nicole nella mia mente, uscì presto per fare un giro intorno alla mia zona di lavoro e cercare qualche nuovo cliente. Entrai in macchina e vidi appoggiato sul sedile posteriore il cappello di paglia che portava Nicole il giorno prima.

Deve averlo dimenticato, quale buona occasione per rivederla.”

Pensai tra me con un sorriso stampato sul viso. Decisi di andare subito da lei per restituirgli il cappello e magari prenderci un caffè insieme. Arrivai lungo la stradina sterrata che portava alla sua casa circa alle dieci del mattino, speravo di trovarla. Notai subito qualcosa di diverso nel giardino rispetto al giorno prima.

Le piante e gli alberi coltivati avevano un aspetto invecchiato e mal curato. Il giorno prima mi erano sembrati tutto l’opposto, forse era stato il buio a confondermi. Scesi dalla macchina e con il suo cappello in testa mi avviai davanti al portone. Suonai il campanello, continuavo a ridere. Per mia grande sfortuna mi aprì una signora anziana dall’aspetto malinconico, proprio come le piante in giardino. Smisi di ridere e mi tolsi il cappello dalla testa. Lei mi guardò con sospetto prima di parlare.

<< Buongiorno, cosa posso fare per lei? >>

<< Buongiorno signora, mi scusi il disturbo. Mi chiamo Adam Amberson e ieri ho dato un passaggio ad una ragazza che si chiama Nicole. Abita qui e si è dimenticata questo cappello nella mia auto, volevo restituirglielo>>.

Lo sguardo della signora dopo le mie parole non lo dimenticherò mai. Fu un mix di rabbia e stupore difficile da spiegare.

<< Nicole è mia figlia. È morta tre anni fa in un incidente stradale poco lontano da qui. Se è uno scherzo non fa ridere>>.

Rimasi lì senza parole a guardare negli occhi quella signora per non so quanto tempo.

<< Come morta tre anni fa!? Ieri ho dato un passaggio ad una ragazza bionda con un vestito a fiori e questo cappello>> furono le uniche parole che urlai alla signora mentre agitavo quel maledetto cappello. Lei mi guardò sempre più irritata.

<< La descrizione della ragazza coincide con mia figlia il giorno che è morta. Ora mi scusi ma ho molto da fare se non le dispiace>>. Mi chiuse la porta in faccia e la sentì piangere. Guardai allibito un ultima volta il cappello prima di lasciarlo sulla maniglia. Tornai sulla strada dove il giorno prima trovai Nicole. Con mio grande stupore, proprio dove l’avevo caricata, trovai una lapide dove c’era la foto di Nicole, la data di nascita e anche quella di morte. Da quel giorno ogni anno vengo a portare un fiore a quella ragazza.

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Clementi Simone

Cip! è il nuovo album di Brunori Sas

Nella notte del 10 gennaio Cip!, il nuovo album di Brunori Sas, ha lasciato il suo nido e ha cominciato a svolazzare tra di noi.

Cip! è l’album numero cinque dell’artista calabrese ed è composto da undici brani che raccontano com’è il mondo “visto dagli occhi di un astronauta”.

Dario Brunori non ha mai avuto paura di mostrare il suo lato debole e sensibile, quel suo essere un po’ cantautore e un po’ poeta maledetto.

In tutti i suoi dischi, il buon vecchio Brunori ci ha urlato le sue verità, ci ha fatto vedere ogni angolo, anche quello più smussato, del suo io interiore. Ci ha mostrato che siamo soltanto “uno su 7 miliardi” ma che nonostante ciò non siamo mai soli, che bene o male condividiamo tutti gli stessi sentimenti, gli stessi dubbi e le stesse paure.

Dario Brunori è un cantautore che porta nei suoi album altre cento voci, oltre alla sua, facendoci sentire parte di un coro.

Brunori Sas è la musica di cui abbiamo bisogno per rinascere.
Difatti non è un caso che il suo nuovo album, Cip!, sia uscito all’inizio di questo 2020, in quell’esatto momento dell’anno in cui siamo tutti carichi di nuove idee e di buoni propositi.

In questo disco ci sono Dalla e De Gregori, ci sono quei pezzi romantici scritti apposta per farci piangere (pensiamo a Per due che come noi, La canzone che hai scritto tu), e ci sono quelli che ci fanno riflettere (Al di là dell’amore, Il mondo si divide, Benedetto sei tu). E poi c’è il brano di chiusa del disco, Quelli che arriveranno, che ci lascia andare con una dolce malinconia.

Gli instare dell’artista sono già partiti da Milano, mentre il tour nei palazzetti comincerà a febbraio con la data zero di Vigevano e proseguirà in tutta Italia. Qui trovate tutte le date (biglietti disponibili a questo link):

29.02 || Vigevano || Palasport

03.03 || Jesolo || Palainvent

07.03 || Torino || Pala Alpitour

13.03 || Milano || Mediolanum Forum

15.03 || Bologna || Unipol Arena

21.03 || Firenze || Mandela Forum

24.03 || Ancona || Palaprometeo

27.03 || Roma || Palazzo dello sport

28.03 || Napoli || Palapartenope

03.04 || Bari || Palaflorio

05.04 || Reggio Calabria || Palacalafiore

Prima di andare, leggi il nostro articolo dedicato ai dieci artisti indie del momento.