Vagava per il piccolo paese di montagna, come sua abitudine, nelle ore pomeridiane in un giorno d’estate di fine luglio. Da sempre le verdi montagne che circondavano il piccolo paese erano la sua casa, ormai lo avevano adottato. Lo conoscevano tutti e molti paesani avevano provato invano ad adottarlo per portarlo a casa, ma lui fin da cucciolo era sempre scappato preferendo la libertà alla compagnia degli esseri umani. Di tanto in tanto, si concedeva una passeggiata per il piccolo paese alla ricerca di un pasto sicuro o di una carezza, ma subito dopo spariva nel verde delle montagne. Grazie alla sua voglia di libertà, in tutto il paese lo conoscevano con il nome di Levante perché proprio come il vento viaggiava libero e solitario. Era nato da un incrocio tra un pastore tedesco femmina, scappato ad un contadino in una notte mentre era in calore, e un lupo che scendendo dalle montagne, si accoppiò con la femmina di pastore. La femmina dal nome di Zara, tornò dal suo padrone dopo tre giorni di vagabondaggio. Dopo alcuni mesi di gestazione, diede alla luce quattro cuccioli. Tre femmine e un solo maschio. Le tre femmine assomigliavano in tutto e per tutto alla madre, con una bellissima pelliccia marrone e un carattere docile e servizievole, fedele al loro padrone . Il cucciolo maschio, al contrario, era totalmente differente dalla madre e dalle sue sorelle. Aveva una folta e lucida pelliccia nera, un carattere schivo e ribelle. Non ubbidiva quasi mai agli ordini né della madre né del suo padrone. Amava vagabondare e scoprire sempre posti nuovi e per questo aveva l’inclinazione a scappare di continuo dal recinto costruito dall’uomo. Un giorno, quando fu abbastanza grande da non avere più bisogno della madre per procurarsi il cibo, scappò nella notte con l’aiuto delle tenebre e si diresse su per le montagne che divennero la sua nuova casa. Il contadino lo cercò per due giorni e due notti intere senza successo, il terzo giorno decise di non cercarlo più. Gli diede il nome di Levante e gli regalò la tanto amata libertà, da allora vaga per le montagne in cerca di cibo affacciandosi ogni tanto in paese.
Quel giorno di fine luglio, Levante, si trovava a passeggiare per le vie del paese, tre le vecchie case, la piccola chiesa e il municipio dove aveva sede il comune. In giro non c’era nessuno, a quell’ora gran parte della cittadinanza formata quasi esclusivamente da persone anziane, si rintanava nelle proprie case per riposarsi e godersi un po’ di fresco lontano dal sole cocente dell’estate. Levante proseguì indisturbato la sua passeggiata per il paese, raggiunse il parco giochi, dove i bambini amavano ritrovarsi e giocare sotto gli occhi attenti delle mamme che, tornando dal lavoro, si fermavano di tanto in tanto per chiacchierare. A quell’ora era deserto, il sole caldo rendeva l’aria molto arida e non adatta per i giochi all’aperto. Da lì a tre ore si sarebbe riempito ed avrebbe visto e sentito molte risate e molti bambini giocare felici. Levante amava i bambini e di tanto in tanto gli piaceva nascondersi tra le foglie ed osservarli giocare, ma non amava farsi vedere da loro, gli voleva bene certo, ma avevano la brutta abitudine di tirargli la pelliccia, salire sulla schiena e cavalcarlo con ripetuti calci nello stomaco. Mentre attraversava il parco, diretto alla scorciatoia che lo portava direttamente sulla montagna dove si trovava la sua tana, passò vicino alla giostre ed intraprese il sentiero lì vicino quando sentì delle strane lamentele che non aveva mai udito prima d’ora. Pensò che fosse una preda ferita e subito tornò indietro nella speranza di procurarsi un buon pranzo, ma appena raggiunse le panchine, vicino alle giostre nella parte posteriore del parco, la sua speranza venne spazzata via dall’immagine di un ragazzo. Seduto tutto solo su una panchina, stava piangendo. Il suo primo pensiero fu quello di andarsene e lasciare il ragazzo al suo destino, ma il suo cuore protestò.
È vero che l’essere umano è un animale cattivo e che molti di loro, provenienti dai paesi vicini, salivano sulle montagne per cacciarlo o per inquinare tutto il verde che c’era intorno, ma gli abitanti di quel paese erano stati sempre buoni con lui e rispettavano sempre le montagne e il verde circostante. Cercavano di non inquinare, di pulire la sporcizia lasciata dagli altri e di difendere gli animali che abitavano sulle montagne. Si fece coraggio, ricordandosi tutte le buone azioni che avevano fatto tante volte per salvarlo. Raggiunse il ragazzo, non era pratico dell’età che avevano gli umani ma dopo anni vissuti vicino a loro, aveva imparato che nel corso della vita attraversavano tre fasi; la prima quando erano cuccioli e vivevano sempre e costantemente vicino alle loro mamme, la seconda che iniziavano a crescere e a staccarsi dalle loro madri e la terza quando erano completamente adulti e vivevano da soli come aveva fatto lui. Quel ragazzo, a giudicare dal fisico, doveva stare nel pieno della seconda fase perché non era più un cucciolo ma non era ancora abbastanza grande da definirlo adulto. Si avvicinò piano per non spaventarlo, era conosciuto in tutto il paese, ma sapeva che la visione improvvisa di un lupo nero che camminava verso di lui, poteva agitare non poco quel ragazzo. Quando fu molto vicino, il ragazzo alzò la testa, portava una maglietta azzurra e un pantalone blu con scarpe da ginnastica ai piedi, un abbigliamento normale per un ragazzo, simile a tanti altri abbigliamenti che aveva visto addosso ad altri umani. La cosa che lo colpì furono quegli strani oggetti neri che gli oscuravano gli occhi, impedendo agli altri di vederli. Non aveva mai visto ad altri umani quegli oggetti come non aveva mai visto neanche quel ragazzo. Mentre Levante lo stava studiando, il ragazzo dopo aver girato un po’ di volte la testa in entrambe le direzioni, esordì con una frase che stupì non poco il lupo.
<< C’è qualcuno? So che stai davanti a me, ti sento, sento il tuo respiro e gli spostamenti d’aria che fai quando ti muovi. Se vuoi presentarti e dirmi chi sei, sarò felice di farlo anch’io, se sei venuto per prendermi in giro puoi anche andartene >>
Levante rimase qualche minuto in silenzio, stupito da quella strana presentazione, sembrava che non lo vedeva eppure stava davanti a lui, cercò comunque di presentarsi.
<< Ciao, sono Levante, il cane lupo che vive vicino al paese, non mi riconosci ? >>
<< Sì, lo conosco Levante, ma tu sei solo un altro che vuole prendermi in giro, i cani non parlano>>
<< Credimi, sono io Levante, se ti togli quegli strani oggetti da davanti agli occhi, mi potrai vedere>>
<< Si chiamano occhiali e anche se me li togliessi non cambierebbe nulla, sono un non vedente dalla nascita, ai miei occhi manca una parte importante che si chiama pupilla. Gli occhiali li porto per far notare alle altre persone che ho problemi di vista. >>
<< Scusa, non lo sapevo, comunque se allunghi una mano proprio davanti a te potrai toccarmi e accarezzare la mia pelliccia >> il ragazzo allungò la sua mano e accarezzò dolcemente la schiena di Levante, lo tastò lungo i fianchi e sul muso. Levante rimase fermo, facendosi fare tutto quello che il ragazzo voleva fare, aveva capito che quel ragazzo aveva imparato a guardare con le mani e in quel momento lo stava conoscendo. Smise di toccarlo e un grande sorriso gli si disegnò sul suo volto, Levante ne fu contento, aveva smesso di piangere. Il ragazzo proseguì il suo discorso, adesso poteva presentarsi.
<< È vero, sei proprio Levante, mi avevano parlato di te me è la prima volta che ti incontro. Scusami per prima, ma ormai sembra diventata un’ abitudine quella di prendere in giro le persone in difficoltà come me. Comunque piacere io mi chiamo Andrea, sono nato in una città lontana che si chiama Lucca, sono venuto qui ad abitare da mio nonno. Prima vivevo con i miei genitori, ma purtroppo sono morti e sono venuto qui dal nonno. >>
<< Per questo stavi piangendo poco fa ? >> chiese Levante intristito ed incuriosito al tempo stesso.
<< Si ma non solo per quello. Piango perché sento molte persone vicino a me che mi dicono guarda quanto è bello quello, guarda che bello quest’altro. Ma io non vedo nulla e così non riesco mai a capire cosa significa veramente la parola bellezza. Non so com’è fatto un oggetto o una persona bella. Capisci ? Morirò senza apprezzare le cose belle, perché nessuno mi ha mai insegnato come poterle vedere alla mia maniera. Perfino mio nonno, che mi vuole bene, tutte le volte che provo a chiedergli qualcosa mi risponde sempre che è indaffarato e non ha tempo per me >>. Finì la frase e ricominciò a piangere, Levante decise che avrebbe fatto qualcosa per quel ragazzo ed aveva già un’idea per realizzare finalmente il suo sogno.
<< Non preoccuparti Andrea, adesso ti aiuterò io e ti farò vedere cosa vuol dire bellezza. Ti fidi di me ? >>
<< Si, sento che di te posso fidarmi. Ma come farai a farmi vedere le cose belle ? >> chiese incuriosito Andrea, aveva smesso di piangere e gli era tornato nuovamente il sorriso.
<< Non preoccuparti, vieni con me, ci divertiremo! >> . Andrea fiducioso scese dalla panchina, si mise di fianco a Levante e con una mano sulla sua schiena, lo seguiva piano un passo alla volta. Presero il sentiero dietro al parco, camminarono lungo il fianco della montagna ed uscirono dal paese. Andrea iniziava a sentire profumi nuovi, sentiva l’aria più leggera, voleva chiedere a Levante dove fossero diretti, la curiosità lo stava divorando ma non volle dirgli niente. Amava le sorprese.
<< Vedi Andrea, la bellezza non è nient’altro che un mondo pieno di sapori e sfumature diverse. Esistono molti tipi di bellezza, io te ne mostrerò alcune che sarai in grado di apprezzare anche tu che non puoi vedere. La prima si trova qui vicino. >> Scesero lungo il sentiero, superarono una montagna e avanzarono verso una piccola vallata piena di vegetazione e di fiori profumati. Si fermarono ed Andrea, mentre si sedeva sull’erba e si chinava per sentire gli odori dei fiori, chiese al lupo dove si trovassero. Levante si accucciò vicino a lui e gli descrisse la vallata che li circondava.
<< Ci troviamo in una piccola vallata vicino al paese. Intorno a noi ci sono le grandi montagne con sopra la neve perenne. Qui, dove ci siamo seduti, c’è un grande prato verde con tanti fiori dai mille colori diversi e profumi buonissimi. Qui vengono molti animali a brucare l’erba fresca. Lepri, camosci e pecore. Lo senti questo verso strano ? >>
Andrea alzò la testa d’istinto verso la direzione da dove proveniva quel rumore.
<< Si lo sento, cos’è ? >>
<< È l’aquila, che vola sopra di noi >> Andrea non credeva ai suoi sensi, a quello che stava sentendo, agli odori che percepiva e a quello che le sue mani toccavano. Stava conoscendo le varie facce della bellezza.
<< Non so come ringraziarti Levante, grazie a te sto capendo cosa vuol dire bellezza>>.
<< Non ringraziarmi, non abbiamo ancora finito. Vieni, ti porto in un posto qui vicino ancora più bello >>.
Arrivarono, dopo pochi minuti di camminata, sulle rive di un piccolo ruscello che nasceva da un montagna e scendeva giù a valle lungo il crinale, formando un piccola cascata. Andrea sentì il rumore dell’acqua che scendeva dalle pareti, incuriosito chiese a Levante cosa ci fosse davanti a loro e dove lo avesse portato questa volta.
<< Davanti a noi c’è un piccolo fiumiciattolo che, scendendo giù dalla montagna, crea una spettacolare cascata. >>
<< Allora quello se sento è l’acqua che scende e sbatte sulla montagna ? >>
<< Esatto >> .
<< Ma è fantastico! Posso avvicinarmi e toccare l’acqua ? >>
<< Certo vieni, ti guido io, accucciati davanti c’è il fiume dove potrai immergere le tue mani e bere se hai sete. Quest’acqua è purissima >>
Andrea si chinò sotto le indicazioni di Levante e si portò alla bocca un sorso d’acqua raccolto con le mani. Assaporò il suo dolce sapore e si lavò il viso. Levante ne approfittò e bevve anche lui, poi guidò Andrea verso il prato, si misero nuovamente seduti e si riposarono per alcuni minuti.
<< Levante, ci sono altre cose belle come questa che posso vedere anche io ? >>
<< Certo, vieni con me >>. Si alzarono entrambi e il lupo guidò Andrea verso un albero di mele poco distante.
<< Questo è un albero di frutti, se alzi le mani troverai i suoi rami e appesi troverai i suoi frutti dalla forma rotonda. Staccane uno e assaggialo. Questa è un’altra cosa che non solo è bella ma è anche buona. >>
Andrea staccò il frutto e lo assaggiò, riconobbe subito dal suo sapore di che frutto si trattasse, l’aveva mangiato anche in città, quando viveva con i suoi genitori.
<< Queste le conosco, si chiamano mele, mia mamma me le faceva mangiare sempre. Ma non erano buone come queste. >> Risero entrambi .
<< Si è fatto tardi Andrea, dobbiamo tornare in paese. Tuo nonno sarà preoccupato>>
<< Hai ragione, a quest’ora torna dalla terra che sta coltivando e se non mi trova in casa si preoccupa.>> Si avviarono verso il sentiero e lo percorsero insieme uno accanto all’altro. Arrivarono nel parco giochi dove si erano incontrati, altri bambini stavano giocando. Andrea venne chiamato da una signora che lo riconobbe, abitava vicino alla casa di suo nonno. Lui riconobbe la sua voce e la chiamò per nome dirigendosi verso di lei.
<< Barbara, come stai ? >>
<< Andrea, cosa ci fai qui? Tuo nonno è tanto preoccupato, vieni che ti riaccompagno a casa >>
<< Aspetta Barbara, prima devo salutare Levante >>
<< Levante ? Ma chi il cane lupo ? >>
<< Si proprio lui, mi ha portato in giro e mi ha fatto conoscere molte cose belle. >>
<< Andrea ma lì non c’è nessuno e poi Levante è morto anni fa. Lo trovò morto mio marito e lo seppellì in una valle qui vicino proprio sotto ad un albero di mele >>
<< Ma come è possibile? L’ho accarezzato, sono andato in giro insieme a lui per tutto il pomeriggio. >>
<< Lo avrai immaginato e sarai andato in giro da solo. Quante volte dobbiamo dirti di non passeggiare da solo ? Anche se hai il bastone per guidarti, ancora non conosci il posto e puoi perderti proprio come hai fatto oggi. Vieni che ti porto a casa. >>
Andrea ancora incredulo allungo la mano cercando quella di Barbara ma trovo la pancia. La toccò e sentì un colpo provenire dal suo interno. Colto alla sprovvista ritirò la mano.
<< Barbara cos’hai dentro la pancia? Ho sentito qualcosa >>
<< Niente Andrea, aspetto un bambino. Si è solo mosso ed ha scalciato. >>
<< Posso sentirlo di nuovo? >> chiese timidamente Andrea affascinato dalla scoperta che aveva appena fatto.
<< Certo che puoi toccarlo, sempre delicatamente, mi raccomando >> Andrea allungò di nuovo la mano ancora una volta verso la pancia di Barbara e sentì il bambino che si muoveva al suo interno.
<< È una cosa bellissima vero ? >>
<< Certo Andrea, è la cosa più bella del mondo. >>
Andrea prese la mano di Barbara, si voltò ancora una volta verso le piante dove aveva incontrato Levante, non lo vedeva ma sapeva che stava lì per proteggere tutti gli abitanti del paese. Lo salutò sicuro che lui avrebbe ricambiato il suo saluto e forse si sarebbero incontrati ancora una volta per un’altra gita.
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Clementi Simone