TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI: 25 ANNI DI MUSICA, FUMETTI E RESISTENZA. Intervista a Davide Toffolo.

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Nel ricco e caotico panorama metropolitano della capitale esiste una scuola popolare di fumetto (“Fumetto e Illustrazione lab Puzzle”) dentro a uno spazio autogestito che da anni cura una rassegna di fumetti, denominata “Comics Revolution”.
L’ultimo fumetto presentato è stato “Graphic Novel is Back” (Davide Toffolo, Rizzoli Lizard): una presentazione che è stata uno spettacolo teatrale, che è stato un concerto, all’interno di un cinema abbandonato e poi occupato (“Nuovo Cinema Palazzo”) e da cui è scaturita una bella intervista, avvenuta negli studi della web-radio indipendente “Radiosonar.net”.

Questi tre spazi di cultura e aggregazione, fondamentali per Roma e non solo, attualmente sono sotto la concreta minaccia di sgombero, ma resistono attraverso armi potentissime: l’arte e la partecipazione.

Di questo e di altri temi è stato bellissimo chiacchierare con Davide Toffolo, intento a festeggiare l’uscita di “Graphic Novel is Back” e i 25 anni della band, di cui è frontman, “Tre Allegri Ragazzi Morti”.


Roma 21/12/2019: “Davide Toffolo Unplugged”, lo spettacolo di presentazione di “Graphic Novel is Back” al Nuovo Cinema Palazzo (http://www.nuovocinemapalazzo.it/?fbclid=IwAR2-O6YnNGRtel0Ytcuq7C_FLdar4Dm0hgDNmHzOPvCN3QZMBzFq1RjXvGE)
Roma, 21/12/2019: “Davide Toffolo Unplugged”, lo spettacolo di presentazione di “Graphic Novel is Back” al Nuovo Cinema Palazzo (http://www.nuovocinemapalazzo.it/?fbclid=IwAR2-O6YnNGRtel0Ytcuq7C_FLdar4Dm0hgDNmHzOPvCN3QZMBzFq1RjXvGE)
Roma 21/12/2019: “Davide Toffolo Unplugged”, lo spettacolo di presentazione di “Graphic Novel is Back” al Nuovo Cinema Palazzo (http://www.nuovocinemapalazzo.it/?fbclid=IwAR2-O6YnNGRtel0Ytcuq7C_FLdar4Dm0hgDNmHzOPvCN3QZMBzFq1RjXvGE)
  1. “Graphic Novel is Back”: nuovo fumetto e nuovo importante anniversario per i TARM (25 anni). Come hai visto mutare il mondo del fumetto e il mondo della musica in questi lunghi anni di attività?

    Domanda difficile ma anche facile. Mi sono battuto per tanti anni perché il fumetto era in una trincea: eravamo in pochi a immaginare che il linguaggio del fumetto dovesse assumere altre forme, abbiamo lottato per tanti anni per questa cosa che si chiamava graphic novel e adesso la graphic novel ha vinto, quindi questa cosa è cambiata. Sono stato sicuramente uno dei primi ad immaginare che quella forma lì fosse una forma importante, per il linguaggio, non tanto per il mercato. Io ho vissuto la storia di Bologna con l’editore Coconino  (insieme a Igort, Gipi e altri). La mia prima graphic novel è stata quella su Carnera, poi quella su Pasolini e poi con Igort abbiamo cominciato a immaginare questa biblioteca ideale fatta di pezzi di fumetto che c’erano in tutto il mondo, perciò io mi inserisco in quel tipo di ricerca e in quel tipo di battaglia.
    I 25 anni dei TARM, chi se li ricorda! Per me è sempre una specie di tempo zero, non so come dire, non ho facilità di pensare al prima. Tante cose sono effettivamente cambiate, anche la musica, come è obbligatorio che sia, abbiamo sempre tenuto l’idea dei ragazzi morti come un laboratorio, perciò non siamo mai diventati un gruppo di genere nel senso stretto del termine e continuiamo su questa ricerca che è molto personale e siamo sempre gli stessi tre, con tanta gente che ha lavorato con noi però siamo sempre noi.

  2. E l’Italia che canti e disegni come è cambiata in questi anni?

    Beh, è cambiata, questo è sicuro. A un certo punto si diventa anche un po’ il motore delle persone che incontri: non è che puoi incontrare tutta l’Italia. Io ho incontrato l’Italia più bella, quella resistente, quella che ha sempre mantenuto un’idea di realtà diversa da quella che c’era intorno e tutt’ora continuo a frequentarla e a sentirmi parte di quell’Italia lì. In questo senso ho un certo tipo di coerenza, però non so se serve la coerenza veramente. Dico solo che forse mi sono perso l’altra parte d’Italia, quella più brutta e non sono neanche scontento.

  3. Siete tra le Rock Band più longeve d’Italia. Sentite una certa responsabilità per questo?

    Mai sentita nessuna responsabilità. Solo gioia. Responsabilità nei confronti di chi? Responsabilità no, è un’alchimia. Quella dei gruppi è un’alchimia. Può durare poco, può durare tanto. Per noi è durata tanto, mi ritengo fortunato in questo senso però le storie dei gruppi sono tutte diverse e ognuno c’ha la sua e tutte sono belle e incredibili, anche i gruppi che durano pochissimo.

  4. A proposito di responsabilità: in una nota citazione tratta da “Graphic Novel is Dead” (Rizzoli Lizard, 2014) dici “ogni cosa che si fa ha un valore politico”[1]. In questo momento qual è la responsabilità politica più urgente per un artista?

    Chissà. La responsabilità per un artista in questo momento è quella di mantenere diciamo un pensiero critico, almeno per gli artisti come li immagino io. Un pensiero critico, per quello che si riesce, rispetto ad una realtà che comunque si è messa in moto in una direzione che non pensavamo. Se pensavamo solo cinque, sette, dieci anni fa che avremmo regalato tutta la nostra privacy in cambio di uno spazio in rete, avremmo pensato ad un’azione di polizia e adesso ci siamo quasi abituati. Io ad esempio sono diventato un mago di Instagram: mi piace pubblicare stronzate tutti i giorni e mostrare al resto d’Italia quanto è strepitosa la mia esistenza, ma vengo però da un’idea che tutte le esistenze sono delle forme d’arte, quindi mi identifico in una collettività di persone che producono questa forma d’arte nuova che solo le stories…(ride).

  5. Ora ad esempio stai per esibirti in uno degli spazi più importanti di Roma, il Nuovo Cinema Palazzo che è un palazzo storico della capitale che dopo un lungo abbandono è stato occupato e restituito alla comunità per evitare che diventasse un casinò e per questo ora rischia lo sgombero. Che pensi della situazione degli spazi sociali e culturali occupati e sotto sgombero?

    Sì, conosco da tanti anni la storia del Cinema Palazzo. So che è stato ed è un luogo di resistenza sul quartiere. Partecipo spesso come pubblico alle cose che succedono. Gli spazi occupati in questi anni hanno cambiato forma, hanno preso altre identità, altre funzioni rispetto al territorio. Io vengo da una provincia dove la realtà dei centri sociali è pressoché inesistente, però ho avuto anche la fortuna di stare in giro per l’Italia per tanto tempo e in tante città diverse e soprattutto nelle città, quelle grosse, queste realtà hanno una funzione molto reale rispetto a quello che succede. Quindi lunga vita a tutti gli spazi occupati e anche alla gioia che c’è dentro questi spazi che sono spazi di libertà, checché se ne dica, sono spazi di libertà e vanno difesi, secondo me almeno. Io continuo ad andare e a incontrare gente speciale in questo tipo di luoghi che sono diventati una parte della mia vita da tanto tempo.

  6. I TARM hanno cambiato pelle tante volte: dal punk, al reggae, al rock alternativo, alla cumbia, fino a un album di grande maturità e di grande finezza stilistica come “Il sindacato dei sogni”. In che direzione state guardando ora? Cosa volete sperimentare?

    Adesso abito da un po’ di tempo in questa città bellissima che si chiama Roma che forse è la città più bella del mondo che però ha l’ufficio stampa più brutto e più incapace visto che tutte le persone che non abitano a Roma la percepiscono come una specie di inferno, una specie di bolgia infernale e quindi penso che le prossime cose che farò avranno a che fare con questa città. Mi è successo sempre, quando abitavo a Milano mi è successo così, quando sono stato a Bologna pure, tutta la mia parte iniziale nella provincia estrema anche, quindi mi aspetto che, in qualche modo, le cose prossime profumino di questo ambiente nuovo che non conoscevo E che sta però diventando la mia città, sto collaborando con artisti romani, ma non posso entrare, è privato. Per ora è privato, non lo sarà ancora per molto.

  7. Perché questo titolo “Il sindacato dei sogni”? Pensate che i sogni abbiano bisogno di essere difesi e tutelati? E cos’è che li minaccia esattamente, se fosse così?

    Tecnicamente il titolo è un omaggio a un gruppo americano psichedelico che sono i The Dream Syndicate e per quanto riguarda la tutela dei sogni il fatto di essere un sindacato che tutela i sogni in parte lo siamo sempre stati. Penso che il sogno possa essere anche un motore di cambiamento e di immaginazione, perché comunque la realtà trasformata dall’immaginazione è sempre stata una delle cose che mi ha eccitato e che mi tiene vivo in questa mia esperienza su questa terra, ecco. Quindi si, in modo un po’ da sbruffone quale sono, e quale sono tutti gli artisti più o meno, abbiamo immaginato anche di diventare una specie di sindacato dei sogni e continueremo a tenere alta la bandiera della protezione di questa idea che comunque le cose possono cambiare e diventare altro e diventare, speriamo, anche più belle di come sono, perché in realtà quello che c’è intorno adesso non sembra così bello ecco, ma tutto cambia e c’è sempre possibilità di renderlo più bello.

  8. È stato un anno pazzesco che ti ha visto coinvolto anche nel tour estivo di Lorenzo Jovanotti: un evento gigantesco che ha scatenato molte polemiche. Pensi che per fare arte sia necessario qualche compromesso scomodo o piuttosto, più semplicemente, che sia inevitabile la polemica?

    Allora, in assoluto penso che situazioni con uno spostamento cosi forte di gente comunque è anche obbligatorio che muovano delle polemiche, penso che sia inevitabile: ha mosso tante polemiche allo stesso tempo tanti pensieri rispetto a che cos’è la tutela del nostro ambiente, per esempio.
    L’idea di partecipare con lui a questa cosa era l’idea di rimettere in moto alcuni luoghi non tradizionalmente legati alla musica e riconsegnarli a una collettività e in questo senso io lo trovo un argomento forte. D’altra parte viviamo in un paese in cui i luoghi della musica non sono costruiti per la musica, sono costruiti per altro… gli spazi quelli grandi. Poi la valutazione su se serva una dimensione spettacolare così di massa, con i numeri così alti, quella è una valutazione che si può anche fare. Io penso che sia stata un’esperienza comunque unica, fortissima, ha coinvolto una quantità di artisti incredibile, con una qualità complessiva del lavoro molto alta, ha raccontato un’idea del momento che è l’idea fondamentale: che è quella che in questo momento qui la musica vive di incontri di realtà musicali che provengono da tutto il pianeta, checché se ne dica. Uno si può anche chiudere e immaginare che i confini vengano chiusi o meno ma non è così: la musica circola sempre di più e in qualche modo contamina, si contamina, si incontra e questa cosa nello spettacolo estivo suo era piuttosto evidente insomma, c’erano gruppi che provenivano dal Sud America, dall’Africa, dal Nord Italia… io ti dico sinceramente che un’azione così forte non possa non provocare delle polemiche ed è anche giusto nel senso che comunque l’idea della manutenzione per esempio o dell’uso delle nostre spiagge è un’idea che adesso con questa polemica è in qualche modo riaffiorata, ma in realtà dovrebbe essere un problema che noi viviamo tutti i giorni perché le coste italiane, e non per un concerto da 50.000 o 30.000 persone che dura un giorno e che comunque ha un livello di controllo su quello che succede incredibile, si è visto insomma, sono state devastate, ma non dai concerti, sono state devastate per anni da un’idea di sviluppo, per esempio sul turismo, che in qualche modo oggi ha fallito. Il turismo di massa fatto di grattacieli su tutte le coste italiane da Trieste fino a Genova, quello è un problema sul quale si può pensare, ma avvicinare quello au n concerto che dura una giornata non ha un gran senso.

  9. Sempre Jovanotti è uscito ora con una raccolta dedicata alla Luna, in occasione dei 50 anni dall’allunaggio (per rimanere in tema di ricorrenze importanti)  e dentro c’è anche un vostro brano. Ma esattamente, in quante delle vostre canzoni è presente la Luna?

    Non lo so neanche io, ma tantissime. È una nostra musa o forse è proprio una parola bella o forse è quel femminile che abbiamo sempre cercato in questi anni di capire, che sicuramente non abbiamo capito, ma sul quale in qualche modo ci specchiamo. Sì sì, la luna è sempre presente.

  10.  State diventando grandi, siete cresciuti moltissimo. Rimanete pur sempre degli adolescenti in guerra?

    Io rimango sempre un adolescente in guerra. Cioè, diciamo che anche quando ho cominciato non ero più un adolescente. Comunque mi piace quello spirito lì della prima volta e lo spirito della prima volta è lo spirito dell’adolescente. Sì, penso che sia difficile da sganciare dalla mia poetica, se ce ne ho una.

  11.  Abbiamo parlato dei prossimi progetti musicali. Fumetti in programma invece?

    Certo, i miei fumetti sono sempre sospesi fra la musica e il fumetto e sono forse l’arte nella quale ho dedicato più tempo in tutta la mia vita. Le cose che farò sono le storie nuove dei ragazzi morti che ho rimandato per tanti anni e che adesso arriveranno, la seconda parte del libro sulla cumbia e queste sono le due cose che devo assolutamente sistemare, anche perché c’è della gente che aspetta queste cose da un po’. E poi ci sono tante altre cose che mi frullano in testa, alcune da tanto tempo, altre più recenti, perciò diciamo che il fumetto rimane sempre nella mia quotidianità. È un lavoro difficile eh! però io lo tengo sempre alto.


    Grazie e ancora auguri a te e ai Tre Allegri Ragazzi Morti.

Roma 21/12/2019: intervista a Davide Toffolo, a cura della Scuola Popolare “Fumetto e Illustrazione lab Puzzle” (https://www.facebook.com/fumetto.puzzle/), negli studi di Radiosonar.net (https://radiosonar.net/)
Roma 21/12/2019: intervista a Davide Toffolo, a cura della Scuola Popolare “Fumetto e Illustrazione lab Puzzle” (https://www.facebook.com/fumetto.puzzle/), negli studi di Radiosonar.net (https://radiosonar.net/)
Roma 21/12/2019: intervista a Davide Toffolo, a cura della Scuola Popolare “Fumetto e Illustrazione lab Puzzle” (https://www.facebook.com/fumetto.puzzle/), negli studi di Radiosonar.net (https://radiosonar.net/)

[1]

«Mi definirei un soldato, sì, un soldato di un esercito dove le armi sono matite e strumenti musicali. Un soldato che combatte per la libertà, per l’esistenza delle diversità, delle realtà specifiche, un soldato che combatte contro la speculazione sulle persone… perché ogni cosa che si fa ha un valore politico.
Sono un soldato pieno di ferite.»
(Davide Toffolo, Graphic Novel Is Dead)

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