Ciao Fotomosse, benvenuto su INDIELIFE. Da dove vieni e sopratutto: quanto ti senti messo a fuoco dal tuo primo singolo “Bene così”?
Ciao! Sono nato a Vasto, un piccolo paese in Abruzzo, ma vivo a Roma da qualche anno ormai. Sì, mi sento parecchio messo a fuoco parecchio, dopotutto “Bene così” nasce da un’esigenza vera, sentita.
E il tuo rapporto con la musica invece, come nasce? Ricordi la prima “istantanea” di te con uno strumento musicale?
La prima volta che entrai in contatto con la musica ricordo che ero piccolo; avevo forse 10 anni. Vidi un concerto di musica classica e rimasi impressionato. Uscito da teatro, quel giorno, decisi che dovevo imparare a suonare, ad esprimermi come avevo visto fare ai musicisti sul palco. Ho studiato pianoforte negli anni, ma nel frattempo ho cominciato anche a scrivere canzoni.
Come nasce Fotomosse? Ci vuole coraggio a metterci la faccia, a raccontare la propria intimità. Per te che ruolo ha la musica nella tua vita?
Nasce dell’urgenza di comunicare ed esprimermi. Ho sempre scritto canzoni senza mai dirlo a nessuno, ho avuto paura di espormi. Arriva però il momento in cui il coraggio fa strada alla voglia di condividere quello che si prova.
“Bene così”, tanta autobiografia per un brano che parla dei pugni che la vita sa dare. Ma quanto ti racconta, il tuo primo singolo?
Sì, racconta una periodo della mia vita. Sono sensazioni, emozioni che ho provato e che ho messo su carta in una sera. La canzone è venuta fuori quasi di getto, senza stare a pensarci troppo. In modo sincero.
Consigliaci un libro, un film e una canzone che non possiamo perderci.
“L’alchimista”, “The Dreamers” di Bertolucci, “La sera dei miracoli” di Dalla.
Un tuo pensiero su tutto quello che sta succedendo alla cultura oggi, nell’era Covid.
È un momento drammatico da tutti i punti di vista. Spero solo si torni alla normalità il prima possibile. Sembra banale, ma è così.