Memento non ha paura del buio
Memento è uno dei casi discografici della scena indie di questa fine 2020. Il suo disco Memento non ha paura del buio, distribuito da Asian Fake, è uno dei lavori più chiacchierati di questo periodo.
Si tratta di un album composto da 7 tracce che spiccano per la qualità delle produzioni e dei testi. Memento non ha paura del buio è un’immersione nelle emozioni dell’artista milanese, che però permea di sogno i suoi racconti di solitudine, abbandono ed incertezze.
Sotto la doppia egida di Asian Fake e Rodrigo d’Erasmo, violinista degli Afterhours che appare in Non lo sai, Memento è un classe 2002 su cui val la pena scommettere.

Nel segno di una generazione smarrita
Memento è un prospetto interessante e si inserisce giocoforza nel novero di quei musicisti che, come Psicologi ed Ariete, si fanno portavoce del disorientamento della generazione nata dopo il 2000. Con tre crisi (economica, sanitaria e climatica) da affrontare, nati e cresciuti nel pieno della postmodernità, così povera di riferimenti e appigli stabili, questi ragazzi vivono nell’incertezza, nella costruzione dell’identità fai-da-te e nel vivere andando per tentativi.
Memento non ha paura del buio è un disco che consola perché rappresenta l’esperienza di tantissimi giovani. Essi infatti possono rispecchiarsi nei testi del cantante, peraltro loro coetaneo, perché vedono narrati la loro vita, i loro dubbi e le loro incertezze.
Questo disco non è solo un apprezzabile prodotto musicale, ma è un’ulteriore tessera in un puzzle che rappresenta un grido d’aiuto ma anche una dichiarazione d’indipendenza e di sfiducia da parte delle generazioni che hanno portato la realtà alla situazione attuale.
La musica è ottima, i testi sono godibili, le produzioni eccellenti; ma basta il suo valore didascalico di quest’epoca a suggerire l’ascolto di Memento non ha paura del buio.