Oana ci porta nei suoi “Fiori del male”, indagando tra le segrete stanze del suo Io, traccia dopo traccia, come quelle contenute nell’album di debutto uscito il 9 febbraio. Scopriamo insieme a lei i significati dell’album che segna il debutto nel mondo della musica indipendente.
Ciao Oana, benvenuta! La prima domanda che mi sorge spontanea è l’origine del tuo nome, ti andrebbe di rivelarcelo?
Ciao! Il mio nome è realmente il mio nome! Non sono nata in Italia, ma non ha troppa importanza dove, ecco…
Il 9 febbraio segna la data d’uscita del tuo disco “I fiori del male”: partirei immediatamente con chiederti quali sono state le tue ispirazioni musicali per la creazione dell’album!
Sicuramente i due artisti che mi hanno diciamo “incoraggiata” a fare questo tipo di musica sono stati James Blake e Moses Sumney. Ma come tutti gli artisti, non sono altro che il prodotto di tutte le cose che ho assorbito nel tempo, infatti ho creato una playlist su Spotify proprio dedicata a questo tipo di riflessioni.
Le tue canzoni mi ricordano molto le ambientazioni sonore per un film: hai mai pensato di rivolgere la tua musica anche per il cinema?
God bless you! È un complimento bellissimo! È il mio sogno, giuro! Quindi certo che ci ho pensato, continuerò a lavorare, a perfezionarmi e ad insistere in questa direzione, perché deve succedermi!
In che modo hai adattato le tematiche della raccolta “I fiori del male” di baudelairiana memoria alla tua esperienza artistica in questo album?
Non so come iniziare perché vorrei dire tutto con una super parola, invece sarò logorroica (ahah). Sono quel genere di persona che vuole trovare motivazioni ad ogni atteggiamento umano, quasi a giustificarlo, quindi propensa alla comprensione e non al criticismo (si dice?). Faccio questo con gli altri e con me stessa. Penso che ogni azione contenga in sé una spinta emotiva, che siamo vittime della nostra volontà, un po’ cieca e irrazionale. Sono quindi allineata a Baudelaire, anche lui impotente davanti a questo dualismo tra desideri e disincanto.
Qual è stato dunque il fiore più bello che è venuto fuori (eventualmente) dai tuoi mali?
Il Fiore più bello è decisamente il brano che dà il titolo al disco: “I Fiori del Male”. Ne sono ancora innamorata, ed è un amore che dura già da un po’ ed è strano perché è anche il mio e sono esageratamente dura con me stessa e con gli altri. In verità, senza Mr Blackstar sarebbe stato bello la metà o anche meno. Quindi se mi state ancora leggendo, please, ritagliatevi cinque minuti per ascoltarlo in cuffia, una sera un po’ magica, un po’ subdola, è importante!