An Early Bird racconta il suo nuovo singolo “Fishes In The Ocean”

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Intervista a cura di Michela Moramarco

An Early Bird è un artista italiano che lo scorso febbraio ha pubblicato un nuovo singolo dal titolo “Fishes In The Ocean”. Il brano ha sonorità indie folk, è caratterizzato da una voce calda e narrativa e ed è a tratti onirico. Il brano racconta di come ci si sente ad essere inconsapevolmente intrappolati nella quotidianità. An Early Bird, nome d’arte di Stefano De Stefano, afferma a tal proposito che l’immagine dei pesci nell’oceano è una metafora della solitudine in un mare di opportunità. Il singolo è il primo estratto da un album di cui ci sono le basi per avere buone aspettative.

Ne abbiamo parlato con l’artista.

Il brano “Fishes in the Ocean” è molto sognante, onirico. Quest’intenzione è stata chiara sin dall’inizio della fase compositiva?

Devo dire che questo aspetto è venuto dopo. Addirittura doveva essere un pezzo un po’ più minimale e poi andando avanti si è evoluto nella forma che si può ascoltare, con i vari sintetizzatori e quindi i riverberi.

Il brano sembra essere adatto ad accompagnare una serie di immagini. Se fosse la colonna sonora di un film, di un cortometraggio, quale sarebbe la trama?

Fondamentalmente la trama sarebbe quella del videoclip musicale. L’immagine dei pesci nell’oceano è una metafora di chi si trova a combattere con l’entità del tempo. Quindi immagino una scena in cui c’è qualcuno che va contro le regole convenzionali, fregandosene di ciò che c’è intorno. Tutto questo verso l’affermazione della propria individualità assecondando la propria voglia di sentirsi libero. Per esempio, l’idea del videoclip consiste nel riprendere persone tendenzialmente anziane che fanno cose inusuali per la loro età, ma per cui si sentono vivi. L’idea quindi è quella che si possa cercare smepre qualcosa di nuovo nella propria vita.

An Early Bird | Fishes In The Ocean (Official Video) – YouTube

Da dove deriva la scelta di cantare in inglese?

La scrittura in italiano non mi convinceva, sin dai tempi in cui ho iniziato. Del resto, non c’è di che stupirsi, ero nella fase dell’ascolto degli Oasis. Ed è su quei testi che mi sono formato e in seguito ho iniziato a studiare e ad affinare la conoscenza della lingua. Erano i tempi in cui si ascoltavano CD e si seguivano i testi sul libretto (ride, ndr). Era una cosa interessante. Quindi alla fine la scelta di cantare in inglese è stata alquanto naturale.  Secondo me l’importante è fare qualcosa che ti fa sentire a posto con la coscienza, che non faccia pensare che ti sei piegato a qualcosa. Vale la pena cambiare e snaturarsi? Secondo me no.

Ti senti legato ad un genere musicale in particolare?

Sono legato al blues, ma non ho un genere preferito insomma. Sicuramente mi piace mescolare il folk con qualcosa di più elettronico. Anche se poi ovviamente è bello ascoltare tanti generi diversi.

Grazie.

Leggi anche l’intervista alla band Zeromantra.

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