” C’è stato un tempo in cui i nostri figli giocavano liberi nelle praterie. Il silenzio era rotto solo dal rumore degli zoccoli dei bisonti al loro passaggio.
Poi un giorno arrivarono alcuni uomini bianchi che s’innamorarono di certe pietre gialle trovate nei fiumi,
il rumore del loro cavallo che camminava sulle rotaie di ferro squarciò bruscamente i nostri sogni e coprì le nostre grida di dolore.”
Vento tra i capelli
Faceva freddo, molto freddo, quella mattina.
Così tanta neve i romani non la ricordavano dai tempi della grande nevicata del 1956 ed è lì, in una capitale stranamente imbiancata, una mattina del 18 febbraio del 1986.
Maria accompagnata da suo marito Stefano, giunse in ospedale.
Ormai la gravidanza era terminata, era arrivato il momento di far conoscere al mondo il loro primo figlio.
Un po’ impaurita, la futura mamma si faceva ricoverare in una clinica privata e si preparava a partorire il suo bel maschietto,
mentre il papà emozionato e nervoso per l’evento, consumava pacchetti di sigarette nella sala d’aspetto.
Andrea venne al mondo quasi subito e senza problemi, per la felicità dei suoi genitori; era circa l’ora di pranzo e così senza neanche rendersi conto mamma Maria lo stava allattando sotto lo sguardo felice di papà Stefano.
Nonno Aldo era un simpatico vecchietto di settanta anni che dopo una vita intensa e piena di emozioni si godeva la giusta pensione guardando il nipote e passando il tempo libero nel centro anziani del quartiere con gli amici,
dividendosi tra partite a carte e chiacchierate rilassanti.
La vita di nonno Aldo iniziava in un piccolo paesino al confine tra l’ Abruzzo e il Lazio, Amatrice, dove fin da subito imparò a conoscere e gestire il bestiame.
Gli studi durarono poco, infatti, terminata la 5° elementare,
il nonno già lavorava tra le varie montagne che circondavano il suo paese,
portando al pascolo le sue pecore e i suoi capretti ed imparando l’antica arte del pascolo.
Passata la Seconda Guerra Mondiale, che combatté in Africa, tornò in Italia all’età di 27 anni, dove si aprì una macelleria,
si sposò con una bella ragazza di nome Giulia, che diede al mondo due maschietti: Francesco e Stefano.
Stefano, il secondo figlio di Aldo, nacque a distanza di dieci anni da Francesco, precisamente nel 1958.
Dopo un’infanzia tranquilla passata tra casa, scuola e oratorio della chiesa,
il nostro Stefano si affacciava all’età della giovinezza e dell’adolescenza in una Roma in pieno fermento nei burrascosi anni ’70 e ’80.
Nato e cresciuto nel quartiere periferico Garbatella, in un paese trafitto prima dal terrorismo politico e poi dalla droga,
non era facile per quei ragazzi non farsi trascinare nei guai, ma il nostro Stefano grazie all’educazione dei genitori, cercò sempre di rimanere fuori.
La sua unica droga era l’ A.S. Roma e quando aveva il tempo libero lo ingannava stando con gli amici o coltivando alcune passioni come a pesca.
Iniziò presto a lavorare come barista, poi grazie ad alcune conoscenze in famiglia,
riuscì a strappare un contratto a tempo indeterminato in una grande azienda, dove iniziò come magazziniere in un deposito, proprio a Roma.
Il lavoro era un pò faticoso, ma la paga era molto buona e il nostro Stefano ce la metteva tutta lavorando sodo.
Una sera fu invitato da una coppia di suoi amici a cena fuori perché gli volevano presentare una loro amica.
Maria non era di Roma come gli altri, infatti era nata in un paesino vicino Napoli,
ma a l’età di venti anni decise di andare a lavorare nella capitale approfittando dell’ospitalità di un vecchio zio
che da anni faceva il portiere in un condominio vicino il centro.
Iniziò subito a lavorare come babysitter, poi in una ditta di vestiti di moda imparando il mestiere della sarta.
E proprio tra le colleghe la nostra Maria conobbe Laura, la ragazza che conosceva Stefano, e che avrebbe organizzato la cena pochi giorni dopo.
Dopo quella sera Stefano e Maria continuarono a frequentarsi e ad uscire insieme
ed in breve tempo dopo un mesetto passato a frequentarsi, si fidanzarono e iniziarono la loro storia d’amore.
Il fidanzamento durò un anno poi Stefano, innamoratissimo, le chiese la mano e lei altrettanto innamorata gli disse di si,
ma le sorprese non finirono al solo matrimonio perchè la nostra bella Maria
stava per fare un grande regalo al suo futuro marito infatti, pochi giorni prima, scoprì di essere incinta.
Oltre alla scuola il nostro Andrea si ritrovava con gli amici nel parco giochi vicino casa, dove guardato dalla mamma,
passava i pomeriggi a giocare nel verde, fino alla sera quando di ritorno a casa aspettavano il papà per cenare insieme.
Andrea non più bambino iniziò a passare le giornate e le serate
sempre con gli amici e passeggiare per il quartiere assaporando la libertà delle prime uscite da solo.
Finito il liceo, decise su suggerimento dei genitori di continuare gli studi,
s’iscrisse a Lettere e Filosofia nella sessione Antropologia ed Etnologia per studiare la storia e la cultura dei popoli nativi, da sempre sua grande passione.
Un venerdì sera di fine ottobre, Andrea stava sul divano a guardare la televisione,
i suoi genitori erano scesi a Napoli per andare a trovare i parenti, lui preferì rimanere a casa.
Si sentiva strano, forse aveva un principio di influenza, e preferì rimanere a casa declinando anche l’invito a cena fatto dal suo ammicco Lorenzo.
Alla TV, un film un pò noioso andava avanti con la sua trama,
Andrea, sorseggiando una bibita cambiò canale e mentre faceva zapping con il telecomando in mano, sentì il telefono di casa squillare.
DRIIIIIN,
DRIIIIN,
<< chi sarà a quest’ora? Mamma e papà sono partiti da mezz’ora, non possono essere già arrivati >>
Il pensiero attraversò veloce la mente di Andrea mentre la mano alzava la cornetta:
<<pronto?>>
<<buonasera, parlo con il signor Andrea Lo Bianco?>>
<<si sono io, chi parla?>>
<<buonasera qui è l’ospedale S. Michele, mi dispiace disturbarla a quest’ora ma devo avvertirla che i suoi genitori hanno avuto un incidente in auto all’altezza dell’imbocco dell’autostrada e sono al nostro pronto soccorso, la polizia ha trovato questo numero e il suo nome nel telefonino di suo padre>>
Il cuore gli si fermò per un istante per poi ripartire più veloce, guardò un punto vuoto del muro con la cornetta nella mano tremante.
<<signore è ancora li?>>
Domandò la voce femminile, la stessa che pochi secondi prima gli aveva dato la terribile notizia.
<<si mi scusi, sono ancora qui, so dov’è la vostra struttura, vengo subito>>.
Clementi Simone
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