Chi è davvero Cardo?

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E’ tornato oggi, a distanza di qualche mese dall’ultima fatica discografica, Cardo; l’ex cantante e frontman de I Botanici, reinventatosi nel 2019 con un percorsa da solista che gli ha già fatto levare – fin qui – qualche soddisfazione importante, conserva il meglio per il disco (in uscita prevista, a quanto racconta, per fine mese prossimo) ma regala al fan l’assaggio importante di un brano che non cela la rabbia cult di Cardo, ma ne erge anzi un monumento alla sincerità genuina. 

Vi siete stancati delle solite canzonette d’amore buone per ogni palato, e sovrapponibili a centinaia di storie tutte diverse e tutte così uguali, che starebbero bene in un libretto di opera lirica ottocentesca (per la tragicità inevitabile dei loro epiloghi ricorrenti) come nei peggiori romanzi rosa in svendita nelle edicole? Ecco, allora prendete il nuovo singolo di Cardo e fatevi due ghigne alla faccia di chi sembra volerci convincere che l’amore sia solo quello raccontato ai vertici delle playlist settoriali. 

Cardo non è facilmente digeribile, e lo sa anche lui. Ha l’arroganza del rocker stampata in faccia e incorniciata da chiodi di pelle che aspettano solo il rombo di una motocicletta per sentirsi completi; i suoi titoli sono bombe lanciate contro la spocchia di chi crede di sentirsi illuminato e acculturato, ma poi continua a giudicare il monaco dall’abito; i suoi testi, infine, celano a malapena il fervido romanticismo di Cardo, che – un po’ per celia, un po’ per naturale predisposizione alla provocazione – si trincera dietro lo sberleffo del guappo, tenendo in mano – ben stretta, fino a sanguinare – una rosa.

“Quanti te ne fai”, il titolo del nuovo singolo dell’artista campano di Dischi Rurali, ha diviso solo chi, nella vita, ama le divisioni, i “contro” a tutti i costi e la retorica della situazione. Insomma, gli “indignati” a cottimo, quelli che sono pronti a costruire barricate in piazza ad ogni nuovo vento di temepesta, dimenticando la celebre lezione impartita dal maestro Battiato quasi mezzo secolo fa (chi vuol intendere, intenda). Il brano è un capriccio, un gioco di sogghigni che celano lo squarcio della ferita, che Cardo cauterizza con l’ironia dell’istrione; Vasco Rossi, come sempre, rimane il nume tutelare, e Cardo lo sa bene. Anzi, non sembra affatto intenzionato a nascondere la cosa. La colpa, di sicuro, è tutta di Alfredo.

Un’ottima conferma, in linea certamente con quanto sentito finora, ma più in virtù di un’estetica che resiste ai cambiamenti d’umore e della moda che di una qualsivoglia aporia ispirativa. Un punto di forza, che aspettiamo di veder sfogato – in tutta la sua virulenza – tra un mese, all’uscita del disco cult di Cardo.

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