Perdersi in un bazaar mano nella mano con Yassmine Jabrane

Music Factory
La prima piattaforma di Project Management Musicale ti aspetta! Scopri di più

Ho conosciuto Yassmine in lunghe telefonate passate a parlare di musica, di discografia, di visioni comuni delle cose che, quando ci si riconosce, aiutano a sentirci meno soli, meno frangibili (pur esaltando la bellezza di questa intrinseca felicità che, in fondo, ci rende più speciali) e sopratutto in ottima compagnia.

Sì, perché per chi fa questo mestiere (e ha il coraggio di chiamarlo tale) sono tempi di ripartenze, nel tentativo di calibrare ciò che rimane tra le macerie: Yassmine di strada ne ha fatta anche in questi tre anni di stop, dopo una vita passata a fare su e giù per il continente in cerca di una dimensione musicale che pare, oggi, aver trovato nella libertà espressiva di un progetto che fa della ricerca personale il fulcro della propria estetica, valorizzando le radici più profonde di una sensibilità eclettica, dinamica e versatile che no, non credo possa sentirsi totalmente raccolta in nessuna playlist editoriale contemporanea.

“Bazaar”, il nuovo brano di Yassmine Jabrane

Ecco perché, oggi, ha senso intervistare Yassmine, sentire quello che ha da dire su “Bazaar”, sulla sua visione del mondo, sulla sua necessità espressiva: per ricordarci che esistono cose che crescono (e con quanti colori) fuori dai giardini protetti del ministero della creatività, quello insomma che stabilisce i dosaggi e poi reclama “libertà d’espressione”. Godetevi la lettura, ma poi correte anche voi a sostenere l’emergenza che vale, e che non è mai stata più “in emergenza” di così.

Benvenuta sulle nostre colonne, Yassmine! Allora, partiamo con le domande spaccaghiaccio, utili a sgranchirci: tre aggettivi che raccontino di te, e uno che invece proprio non ti appartiene. 

Trovo molto descrittivi di me: empatica, creativa, onesta.

Trovo molto poco descrittivo di me: ordinata.

Come ti avvii per la prima volta alla musica? Yassmine ricordi il momento in cui hai capito che nella vita avresti voluto fare questo?

Un momento di preciso non lo ricordo sinceramente, credo che si sia installato in me il pensiero con il tempo. Ricordo sicuramente però che ho iniziato a scrivere canzoni dopo aver scoperto Taylor Swift: non credo che al tempo, per la mia generazione, ci fossero esempi di giovani cantautrici come lei, o perlomeno non ne ricordo. Aver visto la naturalezza con cui si raccontava nei suoi brani mi ha ispirato a provare a fare lo stesso, e devo dire che dopo più di 10 anni ancora continua a farlo.

Tra l’altro, la tua musica è infinitamente contaminata di influenze che provengono da sonorità diverse, tagliando i continenti e congiungendo musica mediterranea e afflato elettronico di stampo più “europeo”, con uno slancio urban/neo soul che richiama al pop americano. Ecco, quali sono le colonne portanti del tuo “fare musica”, gli ascolti che credi ti abbiano più “influenzato”?

Indicativamente i miei ascolti principali sono Taylor Swift, Rosalia, Lorde, Kimbra ma anche Mahmood ed Elisa. Devo dire che possono risultare ascolti diversi tra loro, ma hanno per me un elemento in comune: l’onestà.

“Bazaar” è un mercato di voci che s’intrecciano, restituendo all’ascoltatore quella sensazione di trovarci di fronte ad un intricato labirinto di pulsioni, desideri, paure. Insomma, disegni piuttosto bene quell’idea un po’ esotica che tutti abbiamo del bazar. Ma che cos’è, per te, il bazar, cosa rappresenta? 

Il bazar per me è il perfetto caos. Adoro ritrovarmi in grandi mercati e camminarci dentro a vuoto, è come se la confusione mi aiutasse a trovare l’equilibrio. Trovo che ci sia veramente qualcosa di magico nelle voci che si sovrappongono, gli odori più disparati e la gente persa nelle sue faccende. L’ho sempre trovato affascinante!

In qualche modo, il tuo brano parla della voglia di riconoscersi, di ritrovarsi e di dare una “quadratura” a sé stessi, anche quando “nessuna voce sembra più chiamarci”, per parafrasare il tuo testo. Come credi che si esca, dal bazar? Come si fa a ritrovarci, quando crediamo di esserci persi? O quantomeno, tu credi di aver trovato la via d’uscita dal labirinto di “Bazaar”?

Ottima riflessione! Credo che come primo step sia necessario identificare il proprio bazar. Capire chi o cosa ci rende così persi, a volte quella è la parte più difficile. Successivamente non saprei se ci sia una vera e propria via d’uscita, sicuramente accettare le cose per come sono (specialmente se sono decisioni/azioni altrui che hanno avuto influenza su di noi) sia un grande passo verso la porta d’uscita.

Chiudiamo con una domanda tecnica, che possa dare luce al lavoro di produzione fatto. Ci racconti come hai lavorato al brano, e se c’è stato un team che ha dato supporto al tuo lavoro? Perché il risultato pare davvero positivo…

Grazie! Certo, Bazaar è stata co-scritta e prodotta con Cesare Augusto Giorgini. Cesare è la mia spalla in tutto il mio progetto musicale. È una delle persone che più stimo musicalmente, mi piace definirlo come un autore/produttore “musicalmente rigoroso”. Il suo approccio è per me fondamentale: deciso e meticoloso, una combinazione che riesce a dare guida a qualsiasi idea propongo. Per quanto riguarda il mix e master invece è stato curato da Nicolò Romani, con il quale collaboro da un paio d’anni ormai, incredibile sound engineer. Questa è la mio team, pochi ma buonissimi direi!

Leggi le altre interviste a cura di Manuel Apice qui su Indielife.i

Iscriviti alla nostra newsletter

Iscriviti per rimanere aggiornato su tutte le nuove uscite e per non perderti nemmeno un articolo dei nostri autori! Basta solo la tua mail!

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Music Factory
La prima piattaforma di Project Management Musicale ti aspetta! Scopri di più