Valerio Martino, l’eclettico artista dietro il brano vincitore del Premio “Erriquez” al Rock Contest di Controradio e Regione Toscana/Fondo Sociale Europeo, “Uomini del Duemila”, ha ottenuto questo prestigioso riconoscimento dalla Bandabardò. Il singolo si distingue per un delicato ottimismo e una pacifica consapevolezza, trasmesse attraverso un tappeto sonoro che si muove con agilità tra il popolare e il sofisticato.
Il progetto musicale di Valerio Martino nasce da una singolare miscela di influenze, abbracciando indie, punk, cantautorato acustico e una sorta di psicoterapia musicale protrattasi per un decennio. Già noto come cantante e chitarrista degli Street Clerks, presenti in programmi come “Stasera c’è Cattelan” e “XFactor”, Valerio si propone di narrare la vita reale, cruda e imperfetta, celebrandone la profondità e unicità in ogni suo piccolo particolare contraddittorio.
In questa intervista, esploreremo il mondo musicale dell’artista, il suo percorso artistico e la sua visione unica della vita, incastonata tra le sfumature dell’indie-rock e i toni avvolgenti dell’acustico.
Valerio, congratulazioni per la vittoria del Premio “Erriquez” del Rock Contest di Controradio e Regione Toscana/Fondo Sociale Europeo con il brano “Uomini del duemila”. Come ti senti riguardo a questo riconoscimento e quale significato attribuisci a questa vittoria?
Sono stato felicissimo di riceverlo direttamente dalle mani della compagna di Erriquez e da tutta la Bandabardò. E’ un brano molto delicato, quindi non era scontato che potesse avere questo impatto. Sicuramente aver ricevuto un feedback così positivo mi dà tanta fiducia, considerando che è solo il mio secondo singolo.
Qual è il messaggio che vuoi trasmettere con “Uomini del duemila”, e come è nato il concept dietro di essa?
Penso che gli uomini di oggi finalmente possano e debbano scrollarsi di dosso i vecchi modelli dell’uomo duro, che non deve esprimere emozioni, fragilità e quindi anche dolcezza ed empatia. È importante rendersi conto che oggi possiamo permetterci di provare tutte le emozioni che vogliamo, di condividerle, e di educare i nostri figli senza bisogno di schiaffi o bacchettate sulle mani. Lo stesso vale nel rapporto tra uomini e donne. La nostra sensibilità è una grande risorsa ed è probabilmente il più grande antidoto alla violenza in ogni suo genere. Penso che ci sia una grande rivoluzione silenziosa in questo senso.
Già cantante e chitarrista degli Street Clerks, in che modo queste esperienze hanno influenzato la tua evoluzione artistica e la creazione del nuovo singolo?
Suono con gli Street Clerks da quasi metà della mia vita, va da sé che anche tutto il mio percorso personale è influenzato dagli altri tre, dai quali ho imparato moltissimo sia come persone, sia per le esperienze di band che abbiamo vissuto insieme.
Nel caso di questo singolo, parte della canzone l’ho scritta mentre ero bloccato per 3 mesi con loro per il lockdown in una casa a milano, quindi in qualche maniera, volendo o no, ci sono anche loro dentro.
Il tuo progetto musicale abbraccia una commistione tra indie, punk, cantautorato acustico e una psicoterapia lunga un decennio. Come hai sviluppato questo stile musicale, e come si evolve attraverso le tue canzoni?
Se prendiamo i miei primi due singoli “Scusate il ritardo” e “Uomini del duemila”, vi si ritrovano proprio queste caratteristiche. Credo di avere due anime: una che si esprime attraverso il suono delle chitarre di Blur, Oasis, Strokes, Clash…e un’altra più delicata che, soprattutto per quanto riguarda i testi, va a ricercare nel mondo cantautorale di De Gregori, Fabi, Silvestri.
In generale mi piace un suono abbastanza sporco, crudo e vero, che dia quasi l’idea di poter essere toccato, e mi piace perché penso che la vita sia così, imperfetta, mezza storta, imprevedibile.
Considerando la tua ecletticità musicale, ci sono collaborazioni o duetti che sogni di realizzare in futuro? Con chi ti piacerebbe lavorare?
Se valgono anche quelli impossibili mi piacerebbe duettare con Paul McCartney, con gli Oasis quando si riuniranno, ma ultimamente la mia fissazione è Charles Mingus. Quando morirò andrò da lui in ginocchio.
A parte gli scherzi sarebbe un sogno collaborare con Niccolò Fabi, Fulminacci e Calcutta.
“Uomini del duemila” è il primo singolo che anticipa il tuo progetto da solista, quali temi o storie personali intendi esplorare in profondità nei prossimi brani?
In realtà il disco è già pronto, perciò posso dire che i prossimi brani affronteranno argomenti anche molto diversi tra loro, ma il concept dell’album è incentrato sul celebrare gli errori, le imperfezioni e le storture del mondo e della vita. In fondo non esiste nulla di perfetto, e tutto ciò che è più particolare, raro e importante per noi, lo è proprio perché in qualche modo è unico ed esce dal prevedibile e calcolabile.
Infine, c’è un messaggio speciale che vorresti condividere con i lettori di IndieLife?
Sì. Anche se sembra che ognuno oggi possa fare musica perché basta pigiare tre tasti in croce oppure scaricarsi le basi da youtube, ricordiamoci sempre che qualcuno che sappia suonare qualcosa comunque non guasta.
Bella chiusura da boomer.