Nel mondo della musica italiana, pochi nomi suscitano emozioni così intense e immagini così vivide quanto Angelo Branduardi. Con una carriera che attraversa cinque decenni di successi, il celebre cantautore ha lasciato un’impronta indelebile nella cultura musicale del nostro paese. E in occasione del suo cinquantesimo anniversario di carriera, Branduardi viene omaggiato con un nuovo album che cattura la sua essenza più profonda: “Guardate Com’è Rossa la Sua Bocca”. Questo straordinario lavoro, firmato dai talentuosi Fabio Cinti e Alessandro Russo, esplora il mondo incantato creato da Branduardi attraverso una fusione unica di pianoforte e voce.
Ma ciò che rende questo omaggio così straordinario è l’approccio rispettoso e fedele di Cinti e Russo alla visione artistica di Branduardi. In un panorama musicale spesso dominato da reinterpretazioni superficiali e cover prive di anima, “Guardate Com’è Rossa la Sua Bocca” si distingue come un tributo autentico e vibrante a uno dei più grandi cantautori italiani di tutti i tempi. Con il suo equilibrio tra rigore esecutivo e interpretazione personale, questo album celebra non solo il passato glorioso di Branduardi, ma anche il suo impatto duraturo sull’arte e sulla cultura italiana.
Ciao Fabio, siamo lieti di averti con noi per parlare del tuo album “Guardate com’è rossa la sua bocca” realizzato insieme ad Alessandro Russo in occasione dei 50 anni di carriera di Angelo Branduardi. Cominciamo con una domanda sulla genesi di questo lavoro. Come è nata l’idea di omaggiare Angelo Branduardi in questo modo particolare?
La ricorrenza dei cinquant’anni di carriera è stata una coincidenza che è capitata piacevolmente, come dire, ci siamo finiti! Era da un pezzo che io e Alessandro suonavamo e cantavamo quelle canzoni (in realtà all’inizio erano una dozzina) per conto nostro. A un certo punto ci è sembrato che potessero funzionare e così ci siamo messi a fare uno studio più approfondito sugli arrangiamenti. L’idea di una riduzione per pianoforte e voce è stata a tratti difficile, per la resa dei brani, ma alla fine tutto ha funzionato!
L’album include il singolo “Fou de love”, un brano con testo scritto da Pasquale Panella in diverse lingue e dialetti. Puoi raccontarci di più su questo pezzo e su come avete affrontato la sua interpretazione?
Se il brano fosse stato scritto in italiano soltanto non avrebbe avuto quella sua peculiarità… è una canzone uscita nel 1994, io e Alessandro eravamo molto giovani, ma già da allora ci aveva colpiti e non poteva non finire in questa nostra raccolta. Proprio questo motivo, perché lo conosciamo così bene, alla fine non è stato poi così difficile interpretarlo.
Nel videoclip avete sottolineato l’atmosfera delle vostre esecuzioni live. Puoi raccontarci di più su come è stato lavorare su questo video e sull’importanza degli strumenti antichi utilizzati?
Volevamo che si vedesse semplicemente il nostro lavoro, sia in fase di prova che in fase di registrazione e mixaggio, per far cogliere quella sorta di pacato entusiasmo che ci abbiamo messo e soprattutto il divertimento nel nostro lavoro che è sempre molto importante. Nell’album ci sono due pianoforti, in molti casi, e qua e là un clavicordo, per riportare quel suono di corda che rimanda direttamente alle sonorità di Angelo Branduardi. Niente di più, oltre alle voci. Ma possiamo dire che si tratta di un piano e voce, perché il secondo pianoforte e il clavicordo fanno solo degli interventi.
Ci sono particolari brani o momenti della carriera di Angelo Branduardi che hanno influenzato in modo significativo il tuo percorso musicale?
Direi che il brano che più ci ha influenzati è “Confessioni di un malandrino”, che poi è la primissima canzone scritta da Branduardi…
Infine, cosa vorresti che gli ascoltatori portassero con sé da questa particolare interpretazione delle canzoni di Angelo Branduardi?
Mi piacerebbe, per chi non ha mai ascoltato queste canzoni, che si appassionassero a un’opera che merita di essere ascoltata (l’originale intendo); per chi invece le conosce già mi piacerebbe se potessero ritrovare in una forma rinnovata e forse più classica le stesse emozioni che trovano ascoltando Branduardi, magari trovando delle sfumature nuove o scoprendo qualcosa a cui non si era badato.