Mettere la faccia – Da Grandi : un singolo per crescere insieme

Mettere la faccia – Da Grandi: un singolo per crescere insieme

Paolo, in arte Da Grandi, è un compositore che ama mettere tutto se stesso non solo nelle note, ma anche nel testo. Ha iniziato quasi per gioco. Quando era bambino ha trovato in una scatola di cereali un software di composizione di musica elettronica. Da lì in poi è iniziato il suo percorso prima come DJ, arrivando a suonare nei locali più esclusivi di Roma, poi come interprete e compositore delle sue canzoni. Mettere la faccia di Da Grandi, è la sua nuova avventura. 

L’ho intervistato per parlarci della sua nuova canzone e non solo. 

Mettere la faccia – l’intervista

Ciao Paolo, innanzitutto grazie per questa intervista e benvenuto su Indielife. Oggi in questa intervista ci presenti il tuo ultimo lavoro dal titolo “mettere la faccia”. Si prefigura come un lavoro di introspezione perché ci racconti il tuo trascorso nella musica elettronica come DJ ad un genere radiofonico dove tu ti riscopri compositore e interprete dei tuoi testi. Mi racconti com’è nata questa tua canzone e cosa ti ha portato a fare questo tipo di percorso? 

Allora, prendo subito spunto da alcune cose che mi hai chiesto. Quando facevo il DJ e poi il compositore delle tracce che venivano suonate nelle discoteche, all’inizio era tutto molto bello. Poi ho sentito la mancanza di poter esprimere tutto quello che adesso racconto attraverso i testi che scrivo. Mi si è sbloccato un mondo di possibilità comunicative, grazie al fatto di poter mettere delle parole nella musica che compongo. 

Mettere la faccia…

Per quanto riguarda “mettere la faccia”, racconto come inizialmente, prima di diventare “Da Grandi”, non mettevo la faccia. Non comunicavo con la faccia. Tutte immagini di Da Grandi erano tagliate o erano nascoste. Non si capiva l’identità. Con questo singolo, ho voluto introdurre la mia identità, cioè mettere la mia musica in un modo piuttosto autoironico e sarcastico. Nel senso che sento l’esigenza di introdurre la mia faccia. Possiamo vederlo come un inno a prendersi le proprie responsabilità, quindi mettere la faccia appunto, sono proprio io. Con questo brano vorrei indicare tutti quelli come me, che per le proprie turbe mentali, hanno paura di esporsi e di essere contenti di ciò che si è. 

La canzone è molto leggera apparentemente, anche se poi approfondendo il testo non lo è così tanto, anche perché poi parlo dei miei periodi bui, del periodo di depressione, della mia vita, di tutte le cose che mi hanno portato ad essere insicuro di me. Può essere vista come una rivincita. 

Mettere la faccia – Da Grandi: Un lavoro molto introspettivo

Diciamo quindi che un lavoro molto introspettivo, che ti porta a dire “eccomi sono, qua”, però allo stesso tempo riesci ad esprimere tutto te stesso. Nella tua bio tra l’altro racconti che ti sei laureato in psicologia clinica. Come sei riuscito a portare questa tua esperienza di studio, sulla musica? 

Credo che sia impossibile, scrivere un testo, raccontare una storia senza esprimere delle emozioni e senza fare esperienza a quegli elementi psicologici che sono inevitabilmente sono dentro la storia stessa. La laurea oltre a darmi tutta una serie di chiavi per leggere me stesso, mi ha anche dato tutta una serie di chiavi per esprimere me stesso sia nella vita che nella musica. Credo che sia molto importante questo aspetto, per evitare di produrre testi “sole – cuore – amore”.

Il nome Da Grandi poi ha un significato molto importante per quello che riguarda la crescita e la maturità. Volutamente utilizzo le rime baciate. Mi dà quasi fastidio non utilizzarle nel mio testo e se non la trovo, mi metto a cercarla con il lucernino. Le rime baciate, mi ricordano le filastrocche di quando ero bambino. Il rischio è di cadere nel “sole – cuore – amore – fiore”. La psicologia, mi ha dato la possibilità di trovare dei sensi ulteriori, anche nella banalità. Perché non credo di utilizzare dei sensi aulici, Il doppio senso che c’è dietro è quello che mi dà questa ricchezza ed è anche grazie al percorso di studi che ho fatto. 

La sfida delle rime come poesia in musica

Si diciamo che è una sfida per te, perché fatto di usare queste rime baciate è un modo di essere poetico nella produzione musicale, ma al contempo senza sforare nella banalità, quindi nel “sole – cuore – amore”…

Io credo che anche la musica leggera non credo sia “leggerezza”, ma nella musica c’è anche tormento. Anche nel POP, apparentemente fresca e solare viene da tormenti, dal fuoco dentro. Vorrei riconoscere alla musica il fatto che non è una cosa leggera, dandogli tutto il senso che posso dargli impegnandomi anche a dare quella rima baciata e in quella poesia, ringraziando anche come si scrivono milioni di pagine in rima, scrivendo un capolavoro. 

L’inizio di un percorso

Torniamo un po’ indietro, raccontando chi era Paolo prima di diventare Da Grandi. Tu eri un DJ affermato che si è esibito nella discoteche più IN di Roma, partecipando anche al programma TOP DJ su Italia 1. Mi racconti un po’, cosa ti ha portato a fare musica elettronica? è il mondo con la quale ti sei approcciato per primo… 

Ho iniziato con il comporre musica elettronica, utilizzando un software di musica elettronica che avevo trovato da piccolo dentro una scatola di cereali. Quando l’ho provato per la prima volta, me ne sono innamorato. La mia prima musica è nata così. Non sono mai stato un tipo discotecaro, sebbene la mia effettiva presenza in questo ambiente. Però non ci andavo per ballare, per fare festa, per fare serata ecc. Ci andavo perché dovevo suonare o perché volevo sentire il DJ. Ascoltando cercavo di ascoltare, capire i segreti, a vedere come si muoveva e cosa faceva sulla consolle. Mi piaceva la musica elettronica, semplicemente perché era l’unica musica che sapevo fare allora, apparte il flauto dolce delle medie. 

Poi ho iniziato a suonare il pianoforte verso i 19 anni, quando già ero abbastanza dentro nelle discoteche. Questo studio del pianoforte classico, molto intenso devo dire, mi ha permesso di aggiungere la vena melodica alla musica elettronica che prima mancava. Questa è stata una prima evoluzione: dal puro Beat si è passati alla melodia e adesso è diventata Beat, melodia e testo. Adesso non so cosa diventerà. Sono curioso. 

Lo studio del pianoforte e l’inizio della ricerca

Lo studiare il pianoforte è stato un ponte tra il periodo della musica elettronica e quella che componi adesso… 

Si, è stato un ponte involontario. Non l’ho pensato. Mi sono detto: ho bisogno di imparare a suonare uno strumento per poter fare poi musica elettronica migliore al computer. Quello era il mio intento. Non ero ancora al passo di poter realizzare della musica melodica con testo. Non ci ero ancora arrivato a questo passaggio, è stata una scelta più “matura” che è avvenuta più avanti e precisamente un paio d’anni. Vale a dire scrivere i pezzi in toto, cantati. 

Possiamo dire che è stata una fase di ricerca, che non si è ancora fermata… 

Non si è fermata, perché io continuo a comprare strumenti ancora adesso. Ultimamente ho la passione per gli strumenti musicali da bambini. Ho comprato un glockenspiel e me ne sono innamorato. Ho comprato poi una pistola che fa lo strano verso della mucca e di tutti gli animali della fattoria. Il mio prossimo progetto sarebbe un piano toys con la produzione di quei rumori stile carillon. Non si è mai fermata la ricerca. 

Comporre musica con strumenti insoliti

Diciamo che adesso sei nella fase della sperimentazione. Il fatto che vuoi acquistare tutti questi strumenti, che in apparenza sono strani e che non vengono usati normalmente nella musica. Voglio dire, a nessuno verrebbe mai in mente di utilizzarli. Per te è come una sperimentazione… 

Lo è, ma io penso che sono nella fase della sperimentazione, ma credo che non finirà mai temo. Sarò sempre dannatamente curioso di trovare nuovi strumenti. Nel singolo che uscirà prossimamente, al posto di usare il charleston, userò il mio orsetto Bubu, a cui voglio tanto bene e che mi accompagna da quando sono nato. In questo orsetto è contenuto un sonaglino che ha un suono come di nacchere. 

Ho studiato tra l’altro come tecnico del suono. Mi è stato molto utile, perché oltre alla parte creativa ci metto tutta la parte tecnica, come il mixer, il master ecc. che poi è la parte più “pallosa”. Per quello che riguarda l’orsetto, senti come delle nacchere, ma dal vivo si sentirà come se fosse uno shaker, un piatto di batteria. L’ho messo nel mio nuovo singolo. L’importante è che abbia senso per me. Per fare un esempio, non mi metterei mai a suonare il corno inglese. Però un domani chissà, adesso preferisco suonare Bubu. 

L’infanzia e MTV

Sei molto legato all’infanzia, è bello che tu sia legato a strumenti “per bambini piccoli” piuttosto che peluches dai suoni particolari… provo a farti una domanda un po’ difficile. il tuo rapporto con la musica quando eri bambino com’era? 

Il rapporto con la musica quando ero bambino beh… suonavo il flauto. In realtà non era niente di che. Ascoltavo tanta musica quello sì. Poi quando ero piccolo c’era MTV, quella vera, non quella di adesso con 16 anni e incinta, Geordie Shore, non so se ti è capitato mai di vederli… io stavo incollato alla TV, a guardare i videoclip in rotazione. C’erano videoclip musicali a tutte le ore. Io sono cresciuto così. Poi non c’era YouTube, che ti ascolti la musica su richiesta o Spotify. Stavo lì incollato quando partiva la canzone che mi piaceva. La mia infanzia, è stata un accumulare conoscenza perché non sapevo suonare uno strumento. Non venivo da una famiglia artistica e creativa in nessun modo. Non avevo avuto l’opportunità di suonare. 

I Progetti nel futuro…

Mi accennato del tuo prossimo singolo. Me ne vuoi parlare? 

Il mio prossimo singolo… beh devo ancora decidere quale sarà tra quelli in programma. Devo ancora decidere se farò uscire prima l’album e poi il singolo o viceversa. Però non credo. Ho in programma di far uscire due o tre singoli, ma non so quale uscirà prima. Ho ben chiaro su cosa uscirà a dicembre. Ma chissà se cambierò idea. 

Grazie di tutto, è stata una bellissima intervista.

Itaca Reveski – Gdbye (0,0)

Gdbye (0,0) – Itaca Reveski

La recensione di un nuovo artista arrivato alla nostra redazione tramite la piattaforma GROOVER, i nostri feedback e le nostre impressioni sugli artisti emergenti presi dalla scena indipendente mondiale.

La scelta di lasciarsi andare, di dirsi “Addio”, nelle parole e nella musica di Itaca Reveski

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Opinioni

Il 10 luglio esce il nuovo singolo di Gianmarco Ricasoli, in arte Itaca Reveski. Gdbye (0,0) è l’ennesimo colpo al cuore, le parole che sprofondano nella musica e poi galleggiano e di nuovo affondano come un delfino che entra ed esce dall’acqua con salti meravigliosi. La scelta di lasciarsi andare, di dirsi “Addio” è il fulcro del singolo Gdbye (0,0).

Come nel precedente singolo, N∞vola, si respira fin dalla prima nota, l’intensità della musica e delle parole. Questa volta l’idea di cambiare, di lasciare andare il passato e affacciarsi a una nuova realtà, è una sofferenza, descritta bene in questo pezzo. La ridondanza delle parole pare una scelta azzeccata simile al tormento costante nella mente di chi deve decidere tra mettere un punto a una relazione e il continuare, imperterriti, a stare insieme.

Gdbye (0,0) è un titolo curioso per un singolo. Ho chiesto direttamente all’autore e cantante Itaca Reveski il motivo di questo titolo così strutturato:

Gdbye (0,0) è un gioco di parole che racchiude anche un significato profondo. Gioco di parole perché “Goodbye” si scrive con due “O” che io ho trasformato nel numero “0” e tolti dalla parola. Li ho messi in questo formato perché un addio dal mio punto di vista rappresenta un nuovo punto di partenza quindi matematicamente il punto (0,0) nel piano cartesiano”.

Conclusioni

Sono rimasta piacevolmente colpita da questo singolo. Il progetto Itaca Reveski è una creazione interessante che può portare, maturando, a coinvolgere anche l’ascoltatore più disilluso. Il piacere nell’ascoltare la musica e le parole di Itaca sono sicuramente il risultato di un lavoro attento e curato nei dettagli. Chiudo questo breve feedback e vi lascio all’ascolto di Gdbye (0,0).

VV ci racconta “Il Giusto”

VV è una cantautrice milanese. La sua musica è un po’ stralunata ma autentica, psichedelica ma con testi verosimili.

I primi brani di VV rappresentano una ricerca, di sonorità e attitudine. Un percorso numerato come a voler segnare ogni piccolo traguardo.

Oggi VV ci racconta “Il Giusto”, il suo nuovo singolo.

Ciao! La musica di VV, per quanto soffusa, risulta brillante, soprattutto nelle sfaccettature psichedeliche. Ci racconti com’è andata la fase di produzione dei tuoi primi sette brani?

È stato il periodo che è partito ancora prima di trovare Maciste, mi sono divertita nella mia cameretta a sperimentare suoni nuovi, crudi e sporchi, un po’ per via dei mezzi assolutamente casalinghi e un po’ perché a un certo punto ci ho preso gusto e ho registrato un temporale, i rumori della strada fuori da camera mia e addirittura le voci di una mamma e il suo bambino. E’ stato un processo molto intimo, quasi ipnotico.

Visto che dobbiamo chiederti “Il Giusto”, da dove deriva la riflessione che ha portato alla stesura di questo brano?

Arriva dalla mia esperienza diretta, un giorno in cui mi sembrava di aver scoperto qualcosa in più di me; ho deciso di scriverlo per ricordarmi di tutte quelle volte che sono stata insofferente per i motivi più svariati: la scuola, i soldi che finiscono sempre troppo presto, addirittura il tempo che ci invecchia. “Il Giusto” mi sembrava l’antidoto per non trovarmi più a terra.

Come hai incontrato Maciste Dischi?

Ero parecchio preoccupata per la mia musica, stavo cercando la realtà giusta per me, un posto dove sentirmi libera di essere me stessa e trovare i partner giusti per sviluppare il mio progetto, così ho curiosato un po’ tra le realtà indipendenti e ho inviato i provini a Maciste. E’ stato amore a primo ascolto.

VV vorrebbe un featuring con…?

Non lo so ancora, ci sono molti artisti sulla scena attuale che stimo, ma non mi sono ancora posta la domanda.

Per concludere, un aneddoto inedito per Indielife.it?

Riguarda il videoclip de “il Giusto”. C’è stata una coincidenza che mi ha scioccato parecchio: prima di parlare con il regista del video Jacopo Farina, avevo parlato con dei miei amici riguardo alla voglia di usare delle mascotte all’interno del clip, mi piaceva l’idea di poter avere uno di quei pupazzoni dolci e inquietanti sul set, ma non volevo influenzare la visione di Jacopo perciò non ne ho fatto parola. Quando è arrivato il suo storyboard non ci credevo: i coprotagonisti erano proprio due mascotte, un coniglio e un alieno. Coincidenza o telepatia?

Grazie!

Fonte: Ufficio Stampa Valentina Aiuto

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Heroes: concerto in streaming per gli eroi della pandemia

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Heroes è un concerto dedicato a medici ed operatori sanitari

La pandemia da Covid-19 e il lockdown che moltissimi governi in tutto il mondo, compreso quello italiano, hanno istituito per contrastarla hanno messo in ginocchio il mondo della musica. Moltissimi concerti sono stati annullati, quelli che adesso stanno iniziando a riprendere sono strutturati in modo completamente nuovo e sono già molti coloro che rimpiangono le masse accalcate sotto il palco a cantare i brani dei loro artisti preferiti.
Se però ora si inizia ad intravedere un “dopo”, il merito è in grandissima parte di medici ed operatori sanitari che si sono schierati in prima linea contro il virus, soprattutto in Italia.
Heroes è un concerto che si terrà via streaming il 6 settembre dall’Arena di Verona ed è dedicato a tutte le persone che dai reparti ospedalieri hanno affrontato in prima persona il coronavirus, consentendo a un sistema sanitario inadeguato dal punto di vista gestionale di non collassare in un momento tanto importante.

Parterre de rois italiano

Sul palco veronese si esibirà una carrellata di musicisti che rappresentano probabilmente il meglio di ciò che la musica italiana di spirito indipendente possa offrire ad oggi.
Da chi indie lo è veramente, come Brunori Sas, Coma_Cose, Pinguini Tattici Nucleari, Coez ed Eugenio in Via di Gioia tra gli altri, a chi fa della libertà la propria cifra stilistica, vedasi gli Afterhours o Achille Lauro; la serata promette di averne davvero per tutti i gusti.
Non mancherà neppure una corposa rappresentanza rap che da Salmo e Gemitaiz&Madman passerà per Nitro e arriverà a musicisti come Shiva e Willie Peyote.
La line-up della serata, davvero ricchissima e qui soltanto accennata, crea grandi aspettative, a maggior ragione dato che mancano meno di due mesi dell’evento.

Musica e solidarietà

Oltre alla dedica simbolica al personale sanitario, Heroes è soprattutto un progetto di solidarietà attiva interno al mondo dello spettacolo: il ricavato dei biglietti che permetteranno di accedere allo streaming del concerto (disponibili qui e qui) sarà devoluto al progetto Covid19-Sosteniamo la musica, promosso da Music Innovation Pub e Federazione Industria Musicale Italiana per far ripartire la filiera musicale italiana.

Grace Lyell: la danza di Aterballetto in quarantena

La danza di Aterballetto continua anche in quarantena: noi di Indielife abbiamo intervistato Grace Lyell, giovane danzatrice, per scoprire come ha vissuto la realizzazione di questi progetti.

Grace ci parla dei progetti sviluppati dalla compagnia di danza Aterballetto durante la quarantena: questi raccontano di quanto il periodo da cui stiamo lentamente uscendo ci abbia costretti a limitare la nostra libertà di movimento, di contatto, di condivisione. Ciò ha colpito in un modo non più significativo ma certamente più impattante chi di questi valori ne fa il proprio mestiere.

Abbiamo cercato di capire, dal punto di vista dei ballerini, cosa ha significato per loro questo periodo e cosa hanno voluto trasmettere al pubblico attraverso i tre progetti che hanno realizzato in digitale. Ill primo, formato da brevi video creati in casa dagli artisti, è stato un messaggio di solidarietà principalmente rivolto ai ballerini di tutto il mondo, a loro volta costretti a rinunciare al proprio lavoro. Il secondo, “One meter closer”, diretto dal coreografo Diego Tortelli e dalla videomaker Valeria Civardi, trasmesso su Rai5 il 29 Aprile, ha voluto raccontare di come la luce della creazione artistica trovi la forza di scaturire anche in spazi angusti e limitanti come possono diventare le pareti di casa in un periodo di chiusura forzata. Il terzo, “The Other Side”, unione di danza, musica e arte pittorica , ha debuttato il 25 Giugno sempre su Rai5.

Ciao! Sono curiosa di scoprire come una ballerina abbia vissuto il periodo di limitazione della possibilità di movimento che abbiamo passato. Per te ha rappresentato più un limite o è stata anche un’ occasione per scoprire qualcosa di nuovo?

Ciao! Forse la sensazione più piacevole che ho avuto è stata il fatto di poter riposare il corpo, di sentirmi umana. Ciò che mi è mancato di più è stato potermi muovere in libertà nello spazio, correre da una parte all’altra dello studio, banalmente il fatto di non dover sbattere contro mobili e finestre mentre mi riscaldo alla sbarra, come è successo ripetutamente a casa. Ho sentito anche la mancanza del momento della condivisione con i colleghi, del creare, dell’ andare in scena, del girare per teatri. Non amo muovermi per il puro gusto di farlo, ma fintanto che questo ha uno scopo e un significato per me.

In questo periodo di quarantena la danza di Aterballetto non si è fermata. Ci puoi parlare dei vostri progetti?

Certo! Il primo è stato realizzato principalmente per mostrare la nostra solidarietà alle altre compagnie di danza nel mondo, ferme a causa del coronavirus. Abbiamo mostrato alcuni semplici movimenti filmati con l’utilizzo del cellulare. “One meter closer”, diretto dal coreografo Diego Tortelli e dalla videomaker Valeria Civardi, e “The other side”, coreografato dal danzatore della Compagnia Saul Daniele Ardillo e che ha visto la collaborazione di quattro musicisti della Filarmonica Arturo Toscanini di Parma, sono stati progetti più strutturati, andati in onda su Rai5.

Come sono stati realizzati concretamente questi ultimi due video, non essendoci la possibilità di vedersi dal vivo?

Per “One meter closer” abbiamo utilizzato una videocamera che ci siamo passati di casa in casa noi ballerini, senza la possibilità di vederci direttamente dal vivo. Ognuno di noi ha trascorso un giorno a casa in videochiamata con il coreografo, per la scelta dei movimenti, del mood, dei vestiti. Per “The other Side” ci è stato permesso di recarci in sede, uno alla volta, con permessi e mascherine, per alcune riprese.

Cosa avete voluto trasmettere principalmente con questi progetti e cosa sperate che sia arrivato al pubblico?

Abbiamo voluto trasmettere al pubblico la sensazione di sentirsi separati da muri fisici, come evocato dai titoli dei progetti. Lo scopo era di arrivare nelle case delle persone anche in un periodo di chiusura forzata dei teatri, attraverso canali in un certo senso nuovi, come la creazione di video.

I progetti sono infatti andati in onda in tv, su Rai5, non essendoci la possibilità di aprire i teatri. Cosa ne pensi della televisione come mezzo per trasmettere spettacoli?

Non penso che la tv sia un male per la danza. Soprattutto in situazioni come questa, permette di far arrivare l’arte a casa delle persone. Tuttavia, come interprete, mi toglie la parte che più amo, del “tutto è possibile”, del creare contatto con il pubblico, che per me sono la magia della performance live.

Grazie !

Cantautorato e auto-tune: Intervista a Francesco Sacco

Classe ’92, Francesco Sacco è un cantautore, compositore, produttore milanese. Il suo nuovo album “La Voce Umana” è un ottimo connubio tra cantautorato e auto-tune.

Si tratta di un percorso introspettivo, ricco di immagini e spunti di riflessione. Non mancano i riferimenti cinematografici, storici e letterari. Eppure il progetto risulta estremamente contemporaneo.

Noi di Indielife abbiamo intervistato l’artista che, con uno stile eclettico, sa raccontare storie a metà strada fra cantautorato e pop.

Ciao, grazie per la diponibilità! Iniziamo da una domanda difficile. Considerando il tuo percorso di studio musicale, secondo te c’è un punto d’incontro tra musica classica e blues? Se sì, qual è?

Difficilissimo! Sono cose che ho studiato in modi diversi: la musica classica con un percorso accademico, la musica blues ad autodidatta. Di entrambe ho conservato l’approccio. Il punto d’incontro? Può essere tematico. Per esempio qualche tempo fa, per una direzione musicale, decisi di aprire uno spettacolo dedicato ai Rolling Stones con Lascia che io pianga di Hanedel DR. Che è blues come tematica e come linea. Hanno in comune probabilmente il dover seguire delle regole. Ecco.

Il tuo album “La voce umana” inizia con un dialogo che si trasforma in un’autoanalisi a telefono. Come mai questa scelta?

È una scelta compiuta a posteriori. Questo album l’ho scritto in un periodo di quiete, quasi inconsapevolmente. Poi scrivendo, per necessità di raccontare, ho avviato un processo di autoanalisi. Gran parte del materiale del disco è autobiografico. Così mi è venuto in ente il monologo di Jean Cocteau in cui la protagonista è a telefono con un interlocutore prevalentemente silenzioso che lascia spazio ad un’autoanalisi della protagonista. L’immagine descrive bene il senso del brano e in generale il mestiere del cantautore.

“Berlino Est” – ti dico solo il titolo- vorrei che mi raccontassi il processo di produzione di questo brano.

Il brano è nato il primo gennaio, come si può ascoltare nel testo. Si tratta di una metafora. Il muro di Berlino in questo caso rappresenta quella sensazione di quando hai appena litigato con qualcuno e non sai come comportarti. Quando l’ho scritto ero in questa situazione e così è nato il verso “ Hai la faccia da Berlino Est” da una nota sul telefono. Poi ho aggiunto il giro di piano e l’arrangiamento. È andata così.

E se ti dicessi Jack Kerouac e la letteratura americana, mi racconteresti il legame di questa con il tuo stile musicale e il tuo approccio al cantautorato?

Sicuramente hanno influenzato a livello di scrittura: la beat generation ha rappresentato un passo avanti nel contesto della letteratura americana raccontando cose più vicine a noi! Jack Kerouac parla di un tipo che piglia una valigia e gira l’America.

Tralasciando le altre mille domande che mi sorgono in mente, chiudiamo con un aneddoto a tua scelta: dimmi qualcosa che non ti ho chiesto!

Sicuramente il grande cambiamento della mia vita che ha contribuito alla creazione dell’album è il mio matrimonio di circa tre anni fa. Io e mia moglie siamo due giovanissimi sposati. Poi musicalmente ci sono vari incontri legati al passato. Per esempio, con la band con cui suonavo blues, vincemmo un contest che ci portò ad aprire il concerto degli Original Blues Brothers Band. Così il sassofonista ”Blue Lou” Marini ci ha sentiti suonare e ci ha detto: ”bravi ma ricordatevi che la musica è fatta prevalentemente di dinamica. Forte piano”. Questa cosa ha cambiato la mia prospettiva, il mio registro. Mi ha aperto gli occhi. È stato determinante.

Anche io potrei andare avanti (ride, ndr). Grazie!

Francesco Sacco (ph: Federica Sasso)

Fonte: Ufficio Stampa Parole&Dintorni

Instagram: Francesco Sacco, Indielife

Loyalties – Sad Sometimes (loyalties x Emma Oliver)

Loyalties – Sad Sometimes (loyalties x Emma Oliver)

La recensione di un nuovo artista arrivato alla nostra redazione tramite la piattaforma GROOVER, i nostri feedback e le nostre impressioni sugli artisti emergenti presi dalla scena indipendente mondiale.

Sad Sometimes è l’ultimo singolo dei Loyalties in collaborazione con Emma Oliver, giovane star presente su Tik Tok, il social network del momento.

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Opinioni

Il brano dei Loyalties Sad Sometimes, è stato realizzato con Emma Oliver, giovane star molto attiva su Tik Tok. Il brano ha tutto per essere una piccola hit. La ritmica profonda e mai uguale, la voce espressiva che accompagna armoniosa la melodia, qui delicata, ma allo stesso tempo dalle tinte scure come il testo della canzone. La melodia, in particolare, dalle sonorità tipicamente pop, mi ha riportato indietro alla fine degli anni ’90, quando a mio parere sound come quello qui proposto hanno dato il loro massimo.

Personalmente ho apprezzato tantissimo questo brano, che consiglio a tutti di ascoltare. La voce dei Loyalties, accompagnata a quella di Emma Oliver risulta un abbinamento ben armonioso e a dir poco azzeccato. Il testo poi riesce grazie alla melodia a trasmettere la sua narrazione, aumentando così l’efficacia.

Conclusioni

Il brano in conclusione non presenta particolari difetti. Le uniche cose che mi sentirei di dire a questo proposito è che la seconda voce poteva essere messa maggiormente in risalto. Anche il testo si perde un po’ nelle ripetizioni. Un vero peccato, perché il brano è veramente ben realizzato in ogni sua parte.

Segnatevi infine nelle vostre memorie il nome di Emma Oliver e andate a cercare qualche suo video su YouTube o Tik Tok. Avrete l’occasione di ascoltare tantissime sue performance sia live che registrate anche in collaborazione con altri artisti. Possiamo dire che con questa collaborazione i Loyalties hanno fatto centro. Sad Sometimes è una di quelle perle che promette di entrare nelle playlist dei giovanissimi e non solo, grazie alla sua linea melodica senza tempo.

I diritti della foto in evidenza appartengono alla Pagina Facebook dei Loyalties

CRUCIVERBA ROSSO SANGUE

La scena all’interno del piccolo appartamento, poco fuori Frascati, si presentò agli occhi del commissario Emanuele Roma e del suo vice Lorenzo Barese in maniera insolita e confusa. C’erano stati segni di scasso ma nulla era stato rubato all’interno dell’appartamento. I cadaveri erano nudi e stesi in camera da letto. Un uomo di sessant’anni ed una donna di appena venti.

Entrambi furono uccisi con un colpo di pistola alla tempia, sorpresi durante un rapporto sessuale. Il cadavere della donna era stato lasciato intatto mentre, quello dell’uomo, brutalmente mutilato nelle parti intime. Sulla parte bianca sopra il letto, con il sangue dell’uomo, era stato disegnato in maniera approssimativa quello che sembrava essere un piccolo cruciverba.

Sulla scena del crimine stavano già lavorando gli uomini della scientifica. Il commissario Roma arrivò a metà mattinata e si diresse subito dal capo della scientifica che, nel frattempo, stava parlando con il vice Barese, già sul posto da circa mezz’ora.

<< Buongiorno a tutti, allora cosa abbiamo qui? E cosa significherebbe questo ? >>

indicò subito lo schema sul muro. In tutta la sua carriera non aveva mai visto una cosa simile.

<< Commissario, pensiamo sia un cruciverba lasciato dall’assassino. Nella bocca dell’uomo abbiamo trovato questo bigliettino scritto a matita>>

ORIZZONTALI:

1 Fa comizi per ottenere voti

9 Si serve su un piatto freddo

VERTICALI:

17 E’ parlamentare

25 Lo era in politica la balena bianca

Barese porse il foglio al commissario che lo esaminò dopo aver indossato un paio di guanti in lattice.

<< Sembrerebbero le soluzioni per completare il cruciverba. Mettetelo insieme alle prove e fatemi avere una copia sulla mia scrivania>>

<< Comandi Dottore>>

<<Delle vittime cosa sappiamo ? >>

<< La ragazza è una prostituta proveniente dall’est. Stiamo cercando di risalire alla sua identità, non aveva documenti con sé. Sul citofono c’è scritto solamente “Ambra”. L’uomo è un noto politico, ex parlamentare della Democrazia Cristiana e ministro in vari governi durante gli anni ‘70/’80. Si chiamava Giovanni Cori, gli avevano tolto da poco la scorta e si muoveva sempre da solo. Separato da dieci anni  e con due figli, una dottoressa primario di un reparto al Gemelli di Roma e un maschio che vive in Australia come dirigente di una multinazionale>>

<< Sono stati avvertiti? >>

<< Sì Dottore, li stiamo contattando proprio ora>>

<< Molto bene, fatemi avere tutto sulla mia scrivania nel più breve tempo possibile. Barese vieni con me, andiamo a fare qualche domanda in giro>>.

Rientrarono entrambi in caserma con poche notizie. I vicini della ragazza non sapevano nulla sulla sua vita e soprattutto, non volevano parlare di lei e del suo lavoro. Avevano appreso che molte persone importanti venivano a trovarla, molte macchine potenti si fermavano sotto il palazzo.

<< Barese questo è un grande rompicapo e soprattutto sarà una rottura di scatole. La vittima era una persona conosciuta ed aveva molti amici potenti. Dobbiamo stare attenti a non dare la notizia in pasto ai giornali. Ne andrebbero pazzi>>

<< Certo Dottore>>

<< Vediamo di capirci qualcosa. Partiamo dalle assurde domande trovate nella bocca del Senatore. Tu ci capisci qualcosa? >>

<< Posso provarci Dottore, mio nonno faceva spesso i cruciverba e queste non mi sembrano difficili.>>

<<Questo è lo schema che stava sul muro>> intervenne il Commissario, provando a rendersi utile. Barese iniziò a scrivere sul foglio le quattro definizioni.

<< La prima orizzontale, dovrebbe essere POLITICO. “Fa comizi per ottenere voti” otto lettere>>

<< Sì è politico per forza, la seconda invece è VENDETTA>>

<<Bravo Dottore, è giusto. Allora sotto vendetta, due lettere dovrebbe essere DC>>

<< Ne sei sicuro? >>

<< Penso di sì Dottore, non era la Democrazia Cristiana a chiamarsi Balena Bianca? >>

<< Sì era il nome della DC. Ci rimane l’ultima, cosa dice la domanda? >>

<< E’ parlamentare. Questa non la so Dottore>>, ci pensarono entrambi per alcuni minuti in silenzio. Fu il Commissario, guardando lo schema a trovare la parola mancante.

<< Deve essere sicuramente IMMUNITÀ. I politici hanno tutti l’immunità parlamentare>>

<< Allora abbiamo: Immunità, DC, Politico e Vendetta. Che ne pensa Dottore? >>

<< Che dobbiamo navigare in un mare popolato da molte persone. Giovanni Cori aveva molti nemici, durante la sua carriera politica ha firmato molte leggi che hanno fatto discutere. Ci fu soprattutto quella che ha rivoluzionato il mondo del lavoro e che porta il suo nome. La sinistra andò su tutte le furie e le Brigate Rosse lo minacciarono e lo ferirono ad una gamba in un attentato nel ‘74>>

<< Iniziamo ad indagare nell’ambiente dell’estrema sinistra, Dottore? >>

<< Sì buona idea Barese. Fammi un rapporto su tutti i movimenti extraparlamentari di Roma e Provincia. Anche quelli che si limitano all’ambiente universitario. Io cercherò di parlare con qualche vecchio membro delle BR che sta in carcere>>

<< Credo che uno dei capi Romani si trovi a Velletri. Si chiama Andrea Bassi, nato e cresciuto nel quartiere di San Lorenzo>>

<< Bravo Barese, inizierò proprio da lui. Fammi leggere il suo fascicolo sul pc >>.

I due poliziotti si separarono. Barese andò nel suo ufficio per raccogliere tutte le informazioni che il Commissario gli aveva chiesto mentre quest’ultimo si mise a leggere la storia del terrorista che voleva interrogare.

Andrea Bassi era nato e cresciuto nella Roma post guerra, il padre fu partigiano e responsabile del Partito Comunista Italiano. Fu eletto nel ‘66 come onorevole. Andrea crebbe nelle file giovanili del partito finché a vent’anni decise di aderire alla lotta armata. Creò un gruppo extraparlamentare che poi portò dentro le Brigate Rosse, dove divenne il capo romano. Fu arrestato nel ‘89, accusato di molti attentati a politici e militanti di destra, divenne collaboratore di giustizia dopo la condanna a due ergastoli.

Il commissario decise che quello che aveva letto gli bastava. Si alzò dalla scrivania ed uscì dall’ufficio.

<< Barese vado a Velletri a parlare con Bassi>>

<< Ok Dottore>>

Il Commissario salì nella sua Alfa 147 nera e si diresse verso il carcere. Lungo la strada cercò di formulare, nella sua testa, le domande giuste da fare al terrorista. Doveva far luce su quell’omicidio. I suoi capi gli avrebbero presto fatto pressioni. Pressioni che a loro volta venivano dai piani più alti. Cori era senatore ed aveva amici potenti all’interno del panorama politico italiano.

Arrivò davanti al carcere e mostrò il tesserino al militare davanti al grande portone. Si diresse dritto all’ufficio del direttore dove gli spiegò la delicata situazione e gli chiese il permesso di poter interrogare Bassi. Il direttore accordò per una mezz’ora di colloquio privato, poi il detenuto sarebbe ritornato in cella. Emanuele Roma accettò, mezz’ora gli bastava.

Aspettò il detenuto nella sala colloqui. La stanza era grande ma in quel momento era da solo e seduto su un tavolino. Non era orario di visite, il commissario lo sapeva.

Un uomo vestito con jeans e maglione rosso, barba bianca curata e fisico in buona salute si avvicinò al tavolo di Emanuele con aria spavalda e a tratti indifferente. Aveva l’aspetto di chi la sapeva lunga e soprattutto di chi veniva trattato da Re. Era un uomo furbo ed aveva ottenuto molti privilegi da quando aveva deciso di collaborare. Sapeva molte cose sulla politica italiana e sui suoi molti misteri, non avevano potuto togliergli gli ergastoli ma avevano pagato il suo silenzio fornendogli molti favori nel carcere. C’era chi diceva che comandava più lui del direttore, ed in parte era vero.

<< Piacere sono il Commissario Emanuele Roma e sono qui per farle alcune domande>>

<< Buongiorno Dommissario, io sono Andrea Bassi ma credo che questo lei lo sappia già. A cosa devo questa visita? >>

<< Sto indagando su un omicidio e devo farle alcune domande>>

<< Ed io cosa centro? Non so se lei è al corrente del fatto che non uccido ormai da molti anni>> il terrorista aggiunse una risata ed un ghigno di sfida a quell’affermazione.

<< Lo so Bassi, ma puoi essermi utile lo stesso. Credo che la vittima tu la conosca molto bene>>

il terrorista mostrò un improvviso interessamento, cambiò sguardo ed attese il Commissario.

<< Vedo che sei interessato all’argomento. Prima di rivelarti il nome della vittima devo avvertirti che non potrai divulgare il suo nome per nessun motivo. Se saprò che i giornali sono venuti a sapere di questa storia, tornerò da te e questa volta non avrai nessuno a proteggerti. La vittima aveva amici più potenti dei tuoi>>

<< E chi era, il Padreterno? >>

<< No un senatore della Repubblica Italiana. Una tua vecchia conoscenza>>

<< Ok Commissario, hai catturato la mia attenzione. Hai la mia parola che non fiaterò con nessuno. Ora sputa il nome e dammi anche una sigaretta. Il fumo mi aiuta a parlare>> .

Questa volta fu il Commissario a ghignare. Aveva ottenuto proprio quello che voleva, aveva stimolato la sua curiosità.

<< Allora direi di prenderci anche un caffè, così la lingua si scioglierà meglio. Non trovi? >>

<< E’ lei il capo>> Bassi accompagnò il tutto con una risata. Emanuele chiamò la guardia al di là della porta e tirò fuori il suo pacchetto di sigarette. Lo mise al centro del tavolo, dopo averne prese due. Le accese entrambe con il suo zippo argento e la bandiera americana davanti. Era un regalo delle sue figlie, l’avevano comprato al mercato americano. Il commissario guardò l’accendino per qualche minuto in silenzio, gli mancavano terribilmente le figlie. La sua ex non gliele faceva vedere, in accordo con il giudice ovviamente.

<< Comandi Commissario, mi ha chiamato? >> la guardia lo destò dai suoi pensieri e lo riportò al presente

<< Si, puoi portarci un paio di caffè e prenditi qualcosa anche tu. Offro io per tutti oggi>>

<<Grazie Commissario, arrivo subito>>

<< Grazie Commissario>> Aggiunse Bassi ridendo e facendo il verso del giovane secondino che prese i soldi e schizzò via verso le macchinette.

<<Allora torniamo a noi, cosa stavamo dicendo? >>

<< Credo che stesse per rivelarmi il nome di chi ha lasciato questa terra, Commissario>> Bassi guardò negli occhi Emanuele mentre sputava il fumo in aria.

<< Già, lo abbiamo trovato questa mattina morto nella casa di una prostituta a Frascati. Il senatore Giovanni Cori, lo conosci? >>

Il terrorista sbarrò di colpo gli occhi di fronte a quella notizia. Rimase ad assaporare il momento, era evidentemente contento. Poi aspirò un’altra boccata di fumo e confermò la sua eccitazione.

<< Finalmente qualcuno è riuscito a mandarlo all’inferno quel bastardo. Meglio tardi che mai>>

<< Immaginavo la tua reazione. Perché c’è l’hai tanto con lui? >>

<< Perché ha rivoluzionato il mondo del lavoro favorendo le persone come lui. Grazie alla sua legge loro pagano meno tasse e possono licenziare un poveraccio senza motivo. Dalla sera alla mattina. Tu dovresti saperlo e stare dalla nostra parte Commissario>>

<< Come sarebbe dalla vostra parte, perché dovrei appoggiare la vostra lotta? >>

<< Ho capito subito dal suo accento che lei è nato nella mitica Livorno. Lì dove la nostra lotta è iniziata. Non capisco proprio come un livornese come lei possa essere un poliziotto>>

<< E’ una lunga storia e poi non tutti i livornesi sono come te. Certamente la sinistra ha la maggior parte dei consensi, ma non siamo terroristi devoti alla madre Russia come pensi tu. Comunque lasciamo perdere Livorno, dimmi piuttosto quello che sai del Senatore, so che hai fatto parte del commando che lo ha ferito ad una gamba nel ‘74>>

Bassi tornò con soddisfazione indietro nel tempo. Nel frattempo la guardia portò i due caffè ed uscì di nuovo dalla stanza.

<< Grazie >> il commissario lo guardava in attesa mentre girava la paletta nel bicchierino. Bassi mandò giù il caffè e fece l’ultima boccata.

<< Facevo parte del commando che ha provato ad ucciderlo ma non ho sparato. Eravamo in due ed io guidavo la moto, una Ducati rubata pochi giorni prima. A sparare è stato il compagno Davide Carmino, morto due mesi dopo in circostanze sospette>>

<< Definisci “circostanze sospette”>>

<< Allora non sa tutta la storia Commissario>>

<< Evidentemente no, se sono venuto qui a parlare con te. Avanti non farmi perdere tempo!>>

<< Quando facemmo l’attentato era estate e portavamo solo una maglietta a maniche corte. Avevamo il viso coperto dai caschi ma quando scappammo, la maglietta di Davide si alzò scoprendo il tatuaggio che aveva nella parte bassa della schiena. Aveva tatuato un simbolo indiano, un acchiappasogni credo. Un agente della scorta lo vide mentre ci sparava contro. Il Senatore fece delle indagini e scoprì l’identità di Davide. Poche settimane dopo quell’attentato, Davide venne pestato a morte sotto casa sua da alcuni fascisti. Tutti nell’ambiente sapevano che quei fascisti erano stati mandati dal Senatore per vendetta. Ovviamente nessuno andò ad indagare nella vita privata del Senatore, allora Ministro>>

<< Questo è molto interessate, aveva dei parenti questo Carmino? >>

<< Moglie e un solo figlio maschio. All’epoca aveva dieci anni, ora dovrebbe fare l’operaio in una fabbrica di Pomezia. Si chiama Davide Carmino ma non so nient’altro di lui>>

<< Grazie Bassi, sei stato fantastico>>

<< Di nulla Commissario, a buon rendere>>

Emanuele chiamò  di nuovo la guardia, fece riportare il detenuto in cella e si precipitò di nuovo in caserma per aggiornare il suo vice e convocare al più presto il sospettato. Cambiò idea improvvisamente, non dovevano perdere tempo, Davide poteva scappare. Chiamò la centrale attraverso la radio.

<< Sono il Commissario Roma, passatemi subito il vice Barese>>

<< Barese sono Roma, prendi due uomini e una macchina e vai a prelevare immediatamente Davide Carmino. So che abita  e lavora a Pomezia, sbrigati. Con il magistrato ci penso io>>

<< Comandi Dottore. Mi attivo subito>>

<<Perfetto, io passo un attimo a casa e vengo subito>>

Abitava vicino la caserma, in un piccolo palazzo con solo due case. Oltre a lui ci abitava un uomo simpatico di settant’anni. Era vedovo e passava gran parte della giornata a casa sua. Nella bella stagione lo trovavi sempre in balcone a leggere un libro.

Parcheggiò di corsa sotto casa e salì  per cambiarsi la camicia che aveva sporcato di caffè. Ne approfittò per comprarsi le sigarette al tabaccaio proprio sotto il suo palazzo. Incrociò il suo vicino che usciva dalla cartolibreria ed edicola, posta vicino al tabaccaio. Aveva una busta in mano e molta fretta di tornare a casa.

<< Buongiorno Signor Mario>>

<< Buongiorno Commissario, come andiamo ? >>

<< Sempre di corsa dietro a qualche farabutto. Lei come va? >>

<< Le solite cose, sono sceso per comprare delle matite e delle gomme. Ora la devo salutare perché ho lasciato il sugo sul fuoco>>

<< A presto signor Mario, scappo anch’io. Buona giornata>>

<< Anche a lei Commissario>>

Arrivò in caserma e trovò Barese nel suo ufficio, lo stava aspettando.

<< Avete preso Carmino? >>

<<Certo Dottore, stava scappando all’estero. Aveva le valigie pronte e il passaporto in tasca>>

<< Molto bene e dove era diretto il nostro viaggiatore? >>

<< A Cuba, guarda il caso. Lui dice che non sapeva niente dell’omicidio ed aveva programmato le vacanze molto prima>>

<< Certo, abbiamo preso un santo. Come tutti, dove sta ora? >>

<< Nella stanza degli interrogatori Dottore>>

<< Ok andiamo a farci due chiacchiere >>, entrarono entrambi nella stanza. Davide era seduto e accanto a lui c’era il suo avvocato.

<< Commissario cos’è questa idiozia?  Sono innocente >>

<< Calmati Davide, risolveremo tutto. Lascia parlare me>> l’avvocato di Davide, un uomo della sua stessa età che aveva difeso molti altri esponenti della sinistra extraparlamentare, calmò subito il suo cliente per non far aggravare la sua posizione.

<< Piano, qui le domande le faccio io. Per quanto riguarda l’innocenza, sarà il giudice a stabilire se dici il vero. Intanto sei sospettato dell’omicidio del senatore Cori. Cominciamo dall’inizio, dov’eri ieri dalle 21.00 alle 24.00? >>

<< Ero al cinema a vedere un film>>

<< Ma dai? E puoi dimostrarlo? Eri con qualcuno? >>

<< No Commissario, ero da solo>>

<< Va bene, voglio crederti. Mostrami il biglietto>>

<< Ma l’ho buttato. Non sapevo che poteva salvarmi dall’accusa di omicidio!!>>

<< In tal caso, non ci lasci altra scelta che arrestarti. Sarà poi il giudice a stabilire se dici la verità oppure no>>

<< Prima potrei parlare con il mio cliente da soli?  Se non le dispiace Commissario>>

<< Va bene, Barese andiamo a prenderci un caffè>>

Il dottor Francesco Poggi guardò fisso negli occhi il suo cliente e cercò di capire cosa era successo.

<< Allora Davide, la situazione è delicata. Adesso siamo io e te e devi dirmi la verità. Hai ucciso sul serio il Senatore? >>

<< No avvocato lo giuro! Avrei voluto tanto farlo mi creda, ma non sono stato io. Ero veramente al cinema, stavo da solo a casa e mi annoiavo. Ho anche buttato quel maledetto biglietto>>

Davide era disperato e crollò in un pianto nervoso. L’avvocato cercò di consolarlo e gli porse la sua bottiglia d’acqua.

<< Ora non disperarti. l’importante è che mi stai dicendo la verità. Troverò un modo per farti uscire subito. Ti manderanno in carcere e chiederanno il giudizio abbreviato. Devo sbrigarmi a trovare qualche testimone che ti scagioni. Proverò a contattare il commesso del cinema. A quale cinema sei andato? >>

<< Quello di Pomezia>>

<< Molto bene. Mi farò sentire presto. Stai tranquillo>>

Nel frattempo il Commissario entrò con il suo vice.

<<Allora, avete finito il colloquio? >>

<< Sì Commissario, ho terminato>> disse l’avvocato mentre si alzava dalla sedia e si avviava verso l’uscita. Si salutarono tutti e subito dopo il Commissario chiamò due agenti, gli ordinò di portare via Davide. Una volante  partì a sirene spiegate.

<< Cosa ne pensi Barese?>>

<< Dottore, i sospetti sono fondati. Carmino aveva un forte sentimento di vendetta verso la vittima, sentimento amplificato dagli ideali trasmessi da suo padre. Non ha un alibi serio. Probabilmente è stato lui ma non credo abbia agito da solo, deve avere un complice che l’abbia aiutato. Un senatore, seppur senza scorta, non puoi ucciderlo da solo. Carmino non è un assassino di professione è un semplice operaio>>

<< Hai ragione, qualche suo vecchio compagno deve avergli dato un aiuto. Non possiamo abbassare la guardia>>

Nel frattempo, nel carcere di Regina Coeli, a Davide veniva concesso di effettuare un unica telefonata.  Dopo venne portato in un cella dove c’erano già due detenuti. Un africano arrestato per spaccio ed un italiano arrestato per rapina. Davide non disse nulla, si sistemò il letto e si sdraiò senza proferire parola.

Nel frattempo il Commissario Roma cercò tra gli ambienti che frequentava Davide, qualche suo complice. I sospetti ricadevano tutti su di lui ma aveva qualche dubbio. Il processo per direttissima era stato programmato e la data era stata fissata ad un mese di distanza.

Per quella data doveva trovare altre prove che inchiodavano definitivamente il sospettato o un suo complice che confessasse tutto. Davide era cresciuto con suo padre, sapeva come tenere la bocca chiusa ed affrontare gli interrogatori e i processi. Lo aveva visto fare  per tanti anni.

In fabbrica lo conoscevano tutti, ma nessuno lo frequentava veramente oltre l’orario di lavoro. Era un sindacalista convinto, che litigava spesso con i capi e faceva propaganda politica.

Quasi nessuno lo seguiva, lo consideravano noioso e scontroso. Aveva un carattere schivo e diffidente. Gli servivano ulteriori prove, quelle che avevano potevano non bastare e Davide poteva essere liberato. A complicare la situazione c’era la sua ex moglie che oltre a negargli le visite delle sue figlie, reclamava altri alimenti. Cercò di non pensarci troppo e di buttarsi sul lavoro.

Anche nel bar sotto casa non ricavò nulla di fatto. Stessa situazione della fabbrica. Davide sembrava vivere una vita solitaria e dopo il lavoro si concedeva solo la gioia della politica e la compagnia di sua mamma. Nella sezione locale del partito, dove Davide era un capo e considerato un condottiero, non accolsero molto bene Emanuele e  non gli dissero nulla di veramente interessante. Tornò in caserma per ragionare e confrontarsi con Barese.

Dopo una settimana dall’arresto di Davide, il suo avvocato entrò nell’ufficio del Commissario Roma con fare deciso. Sembrava arrabbiato ed agitava una pennetta usb in mano.

<< Commissario, deve rilasciare immediatamente il mio cliente. In questa pennetta c’è la prova che Davide è innocente>>

<< Calma avvocato, queste sono affermazioni importanti. Cosa proverebbe l’innocenza del suo cliente? Cosa c’è nella pennetta? >>

<< C’è il video delle telecamere interne del cinema. Una telecamera, puntata sulla cassa, ha registrato Davide mentre pagava il suo biglietto. L’orario se non sbaglio coincide esattamente con quello dell’omicidio>>

Emanuele non poteva crederci. Chiamò Barese e insieme visionarono il video nel computer. Davanti ai loro occhi si materializzò quello che l’avvocato, con molta soddisfazione, aveva precedentemente annunciato. Al Commissario Roma non rimase che ordinare la scarcerazione di Davide e di subirsi la lavata di capo dei suoi superiori che, spinti dai piani alti, premevano per la risoluzione del caso.

L’avvocato andò diretto al carcere per prendere il suo cliente. Rimasto da solo con il suo vice, Emanuele batte i pugni sul tavolo in un impeto di nervosismo e sconforto. Erano tornati al punto di partenza e non avevano uno straccio di sospetto verso nessuno. Barese, sedendosi sulla sedia di fronte alla scrivania, iniziò a ragionare ad alta voce.

<< Forse abbiamo avuto troppo fretta e non abbiamo considerato un piccolo dettaglio Dottore>>

<< A cosa ti riferisci? >> il Commissario alzò gli occhi e guardò il suo vice in un mix di speranza e rabbia.

<< Noi abbiamo trovato un cruciverba nel luogo del delitto, giusto?>>

<< Giusto! Con questo cosa vuoi dire>>

<< Un operaio difficilmente fa i cruciverba Dottore. Soprattutto un giovane, è difficile che abbia la passione per l’enigmistica. Chi è che ha tanto tempo libero e si appassiona facilmente alle parole crociate?  >>

il Commissario si alzò in piedi improvvisamente. Barese si spaventò e si alzò anche lui in attesa.

<< Non posso crederci Barese, non sò se sperare di avere ragione o di sbagliarmi>>

<< A cosa si riferisce Dottore? >>

<< I cruciverba vengono fatti con la matita vero ? >>

<< Il novanta per cento li fa con la matita. Almeno così ho sempre visto io>>

<< Allora seguimi, dobbiamo verificare una cosa importante>>

i due poliziotti entrarono di corsa nell’Alfa 147 e si avviarono verso casa di Emanuele. Barese lo seguiva, anche se non capiva cosa gli passava per la mente del suo capo. Lo vide entrare nell’edicola  e dirigersi verso il gestore. 

<< Buongiorno Commissario, cosa posso fare per lei>> esordì Carlo, un signore sulla cinquantina che da trent’anni vendeva giornali e materiale scolastico a quasi tutto il paese.

<< Buongiorno Carlo, devi dirmi una cosa importante. Il signor Mario è appassionato di enigmistica? >>

<< Certamente, ne compra un numero a settimana da circa vent’anni. Proprio ora stavo per mettergli da parte la copia di questa settimana>>

<< Grazie,Carlo, gliela porto io. Voglio restituirgli un favore che mi ha fatto tempo fa>>

<< D’accordo Commissario. Un euro >>

Emanuele salì le scale, seguito sempre dal fedele Barese che iniziava a capire. Suonarono a lungo ma nessuno apriva.

<< Signor Mario sono il commissario Roma!>> dall’interno non si sentiva nulla, solo una strana musica.

<< Barese i vigili del fuoco, dobbiamo forzare la porta>>

<< Subito Dottore>>

i vigili arrivarono entro venti minuti. Aprirono velocemente la porta ed il commissario entrò immediatamente  nella casa, quello che vide era esattamente la scena che aveva paurosamente immaginato.

Il corpo del signor Mario dondolava dal soffitto, con una corda legata al collo. Dallo stereo una musica di altri tempi riempiva il silenzio. Sulla libreria una collezione immensa di volumi di enigmistica.  Sul tavolo c’era l’album del suo matrimonio, l’ultimo numero con tutti i giochi terminati ed una lettera scritta a matita.

Carissimo Commissario Roma, spero che queste mie ultime parole le stia leggendo proprio lei. Col tempo ho perso la fiducia per tutte le istituzioni, forze armate comprese. Ma lei è un uomo diverso, uno dei pochi che fa il suo mestiere non solo per il bonifico i primi del mese, ma perché ci crede e cerca di fare del bene al prossimo.

Gli eventi tragici e la solitudine, sono un mix tremendo che possono stravolgere totalmente la mente di un uomo. Tutto incominciò una mattina di tanti anni fa, io e mia moglie stavamo andando al lavoro. Lavoravamo entrambi nei grandi uffici di una multinazionale che da pochi anni, aveva ampliato il suo mercato nel nostro paese.

Ci conoscemmo lì, tra gli uffici e il bar che si trovava di fronte. Proprio quella tremenda mattina, stavamo attraversando la strada dopo aver fatto colazione al bar quando,  da una curva uscì un’auto blu a grande velocità. Non rispettò il semaforo rosso e prese in pieno mia moglie che, nel frattempo, si era avviata verso gli uffici mentre io mi ero fermato a prendere il giornale. Dopo qualche giorno di agonia in ospedale, mia moglie lasciò questo mondo, tenendomi la mano.

Cercai con il mio avvocato di avere almeno un po’ di giustizia, ma l’auto blu apparteneva ad un uomo politico molto potente, uno di quelle persone che non paga mai per i suoi sbagli perché si compra chi dovrebbe infliggergli le giuste pene. Col tempo divenne ministro ed io attesi nell’ombra il momento giusto di agire. Affogai il dispiacere nella mia passione, un cruciverba dopo l’altro. Poi una mattina è arrivata la notizia che aspettavo, il mio uomo non aveva più la scorta e si era recato da solo dalla sua solita “amica”.

Un po’ mi dispiace per quella ragazza, non centrava nulla, ma si era messa in mezzo tra me e Lui. Questa è più o meno la mia triste storia. Ora sono felice di morire e non riesco ad aspettare il mio momento, la mia esistenza su questa terra non è una vera vita. Quello che mi teneva in vita, era la voglia di vendicare la mia povera moglie. Ora non mi resta che partire per l’ultimo viaggio e raggiungere l’ex ministro all’inferno. Chissà se mi daranno la possibilità di continuare quello che ho incominciato a Frascati.

Il suo quasi amico Mario!

Clementi Simone

Immagini prese da Google Immagini

Ecklettica: “Una vita stronza”

“Una vita stronza” è il nuovo singolo della band Ecklettica.

Il brano rimanda ad un’atmosfera estiva, possibilmente in una serata di festa.

Le sonorità sono velatamente anni ’80, ma “Una vita stronza” si inserisce molto bene nel panorama musical indie-pop contemporaneo.

Noi di Indielife abbiamo intervistato gli Ecklettica per saperne di più.

Il vostro singolo “Una vita stronza” descrive il divertimento con un tocco di malinconia. Come si conciliano questi stati d’animo apparentemente contrastanti?

Il nesso tra due elementi così contrastanti è estremamente importante nel nostro nuovo singolo. “Una Vita Stronza” è fondamentalmente lo specchio della nostra generazione (anni ’90). Siamo la generazione degli espedienti, del precariato, del vorrei ma non posso. La nostra principale via di fuga è quindi il divertimento, le feste e l’alcool.

Ci potete raccontare com’è stato composto questo brano?

“Una Vita Stronza” è stata scritta durante un weekend di scrittura in montagna tra Jimmy (cantante) e Matteo (chitarrista). Avevamo un riff accattivante per la testa e dopo i primi due accordi con la chitarra sono uscite le parole come se fosse un flusso di coscienza. La canzone poi ha assunto durante la fase di pre produzione dell’album (con la coordinazione di Alessandro Morini, in arte Boreale), ha assunto delle tinte più vicine alla Synth Wave anni ’80.

Ma quindi la vita è stronza?

La Vita è stronza e lo è sempre stata, in modo o nell’altro. Ce ne sono capitate parecchie durante il percorso, sia a livello personale che a livello di percorso musicale tutti insieme. Eventi, che volenti o nolenti, ci hanno reso quello che siamo ed hanno dato la forma odierna alle nostre canzoni. La connotazione “stronza” può essere data se i piani non riescono come avremmo voluto, o semplicemente ridendo dei guai che possono capitare e che capitano.

A quanto pare il vostro stile musicale è alquanto eclettico. Vorrei che ciascuno di voi dicesse il titolo di un album che ha caratterizzato il proprio percorso musicale.

Jimmy (American Idiot – Green Day)

Gianmarco (Hybrid Theory – Linkin Park)

Luca (The Dark Side of the Moon – Pink Floyd)

Matteo (Rubber Soul – The Beatles)

Progetti per il futuro?

In autunno uscirà il terzo singolo estratto dal nostro nuovo album (“Una Vita Stronza”) per poi cercare di fare uscire l’album completo entro fine anno. Vorremmo tornare a fare i live, che più che un progetto è un obiettivo fondamentale.

Grazie!

Fonte: Ufficio Stampa Safe&Sound

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Anne Eck – Hello My Heart

Anne Eck – Hello My Heart

La recensione di un nuovo artista arrivato alla nostra redazione tramite la piattaforma GROOVER, i nostri feedback e le nostre impressioni sugli artisti emergenti presi dalla scena indipendente mondiale.

Hello My Heart, è una ballad dalle sonorità indie pop con un videoclip carico di significato e ottimismo.

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Opinioni

Il brano Hello my heart della cantante austriaca Anne Eck, è una ballad carica di ottimismo e con un videoclip che trasmette speranza. Ho molto apprezzato il grande utilizzo dei colori beige e bianco che danno al videoclip tanta allegria. La melodia è molto cantabile e la ritmica è ben costruita e impreziosisce la canzone dandole la giusta carica di Brio.

Il vero gioiello di Hello My Heart è l’impiego di un coro di persone di diversa estrazione sociale e razziale che, nel videoclip balla e canta a ritmo di musica. Uno dei pochi difetti di questa canzone se così lo possiamo chiamare, è la voce della cantante che poteva essere maggiormente risaltata attraverso una potenza espressiva. Inoltre forse sul lato testo avrebbe potuto osare con qualcosa di meno ripetitivo. Un vero peccato, perché Hello My Heart promette di essere una canzone da tenere sicuramente occhio.

Conclusioni

In definitiva, Anne Eck con la canzone Hello My Heart ha sicuramente fatto centro. In un periodo post covid-19 in cui la speranza rimane ancora poca, canzoni come queste riescono a suscitare un piccolo sorriso anche a chi non ne ha. Il videoclip rimane naturalmente il punto forte della canzone e a mio parere è stato veramente realizzato bene non solo sul lato tecnico, ma anche narrativo.

Se stai vivendo uno di quei momenti in cui ti senti giù e hai bisogno di ascoltare un brano che ti dà la carica. Questo brano, è ciò che fa per te.

I diritti della foto in evidenza appartengono al sito anneeck.com