I Warmhouse raccontano l’EP “1984”: l’intervista

Vi è mai capitato di essere catapultati indietro nel tempo di qualche decennio? Dunque è quello he è successo alla band pugliese Warmhouse. Una vecchia Casio Tone e un quaderno ingiallito nella relativa custodia: così nasce l’ispirazione dell’EP con cui i Warmhouse raccontano il “1984”.

Ebbene sì, in questo quaderno ingiallito trovato per un caso fortuito dalla band, si celavano storie d’amore, di prigionia, di violenza e allora di inquietudine.

Storie ambientate a Liverpool, Manchester e altre città sparse per l’Inghilterra. Versi e riflessioni firmati da uno sconosciuto poeta Patrik R. Storie datate nel 1984, che i Warmhouse raccontano in maniera estremamente personale e riconoscibile.

La band infatti esordisce con un EP potente, credibile e autentico. Che poi, scegliere i versi di un ignoto poeta d’oltremanica oltre che essere una scelta affascinante, è anche un po’ azzardata. Ma la band pugliese è riuscita a cristallizzare atmosfere e aneddoti in quattro brani a suon di distorsione.

I quattro brani costituiscono quattro tappe di un percorso ambientato nella terra del rock ‘n’ roll, un po’ indie, un po’ new wave. Un manifesto stilistico che si potrebbe collocare a metà strada fra il britpop e il grunge.

I Warmhouse raccontano in lingua inglese illusioni, sofferenze e momenti di profonda consapevolezza di sé. Di certo è un progetto interessante, non a caso noi di Indielife abbiamo scambiato quattro chiacchiere con la band per saperne di più!

Guarda il video dell’intervista!

Instagram: Warmhouse

Ascolta i Warmhouse su Spotify!

I Warmhouse raccontano “1984”.

La copertina dell’ EP “1984”

L’EP di Tavo ti porta su un altro pianeta: Theia

Sicuramente ti sarà capitato di immaginare di andare sulla Luna. O per lo meno di essere un astronauta. Ma dallo scorso 5 Maggio puoi ascoltare Theia: l’EP di Tavo che ti porta su un altro pianeta.

Ma lascia che ti spieghi: circa 4,5 miliardi di anni fa la Terra si scontrò con un enorme pianeta chiamato Theia, e dall’accorpamento dei detriti prodotti da quella collisione nacque la Luna. Un disastro affascinante, vero?

E infatti adesso non parliamo solo della causa di una straordinaria collisione spaziale ma anche di un ambizioso progetto cantautorale un po’indie, un po’ pop; Theia è anche l’EP di Tavo che ti porta su un altro pianeta.

Il progetto potrebbe essere definito come concept album ma difficilmente lo si può collocare in un genere musicale dai contorni definiti: le sonorità, a tratti eteree, sottendono un’attitudine synth pop.

Di conseguenza si consiglia di ascoltare l’album possibilmente di notte, o in un momento della giornata caratterizzato dalla quiete. In una società frenetica, un po’ di buona musica che ci porti lontano coi pensieri è come un antidoto contro l’istinto di guardare sempre l’orologio.

Theia infatti è un percorso, attraverso il quale si raccontano storie che sono in qualche modo tutte collegate: autobiografiche o no, sono riportate con forza evocativa a creare una giusta colonna sonora per i propri viaggi, nello spazio dei propri pensieri.

Ma conosciamo meglio Tavo!

Classe ’93, Francesco Taverna, in arte Tavo, afferma che non gli dispiace essere considerato un artista… indie! È di certo un profilo interessante nel panorama indie italiano per l’ironia sapientemente riposta nei brani, scorrevoli e ricchi di spunti di riflessione.

Qui puoi guardare il video dell’intervista a Tavo!

Fonte: Red & Blue Music Relations

IG: Tavo

L’EP di Tavo

Un’altra recensione, un altro video qui.

José Mourinho: il simbolo delle divisioni di Bandini

José Mourinho: singolo di lancio di Bandini

José Mourinho è sempre stato una figura controversa ed iconica: vincente quanto polemico, lo Special One ha portato l’Inter al Triplete, la vittoria nella stessa stagione di Serie A, Champions League e Coppa Italia. Raggiunto questo straordinario obbiettivo, l’allenatore portoghese ha però lasciato Milano nonostante il fascino che la sua filosofia e il suo carattere esercitavano su squadra e tifosi.
Dieci anni dopo, il cantautore emergente Bandini lo eleva a simbolo della dicotomia gloria-tragedia: Mourinho non ha mai trovato una squadra come quella Inter, così come l’Inter non ha più trovato un allenatore come lui; così, nella canzone, viene narrato un addio che si lascia alle spalle tanti momenti belli e apre ad un futuro di malinconia e rimpianti.

Separazioni e distanze

Il brano, pubblicato per Indiependence, si inserisce nel filone cantautorale classico italiano aggiungendo un tappeto di sintetizzatori che accompagna la tristezza dell’io narrante, che indugia nella descrizione degli ultimi momenti insieme e della separazione.
Ogni attimo conduce alla distanza, simboleggiata dalla ferrovia e dai cordoni di polizia evocati nel testo; ciò che resta è la solitudine, l’essere in balia del mondo senza avere a fianco la persona la persona amata. Non resta, dice l’autore, che tentare di dimenticare e sfuggire ai ricordi e alla nostalgia del passato appena perduto.

Mourinho e Bandini

L’allenatore del Triplete nerazzurro appare dunque come simbolo del non essere capiti.
Bandini mostra che il riferimento ai cordoni di polizia non è pura estetica, facendo riemergere una prospettiva di sinistra nella prima delle tre divisioni/incomprensioni.

In questo mondo c’è chi crede/ che un migrante viva solamente a nostre spese/ e ancora c’è chi crede/ che l’Inter di Mourinho giocava solo in contropiede/ e c’è chi dice che sei una brava attrice/ non importa se in fondo il tuo copione/ non l’hai studiato mai.


Dal contesto generale del piano sociale si scende su quello calcistico per poi arrivare a constatare come nessuno capirà fino in fondo le dinamiche della relazione appena conclusasi, forse nemmeno i protagonisti stessi.
L’allenatore portoghese è simbolo delle cose non capite, delle relazioni che suscitano reazioni contrastanti.

Nonostante parli di divisioni e incomprensioni, Bandini si propone invece con criteri assolutamente chiari: la struttura synth-melodica del brano lo inserisce in modo netto in un mercato, quello del nuovo cantautorato indie, che vive e prospera proprio grazie ad artisti come lui.

Bandini è su Facebook e su Instagram

https://www.facebook.com/bandinismi/
https://www.instagram.com/bandinismi/

Il Rap spiegato ai bianchi

La prima volta che leggi un libro di David Foster Wallace è meglio che ti tieni saldamente incollato alla poltrona perché l’immediata, chiarissima, sensazione è quella di avere a che fare con una testa che viaggia ai mille all’ora. Quando poi il libro che leggi è un saggio sulle origini sociali del rap – Il Rap spiegato ai bianchi – scritto con l’amico storico, questa sensazione si amplifica e non ti abbandona neanche quando spegni la luce e cerchi di dormire.

Copertina del libro "Il rap spiegato ai bianchi"
Immagine tratta dal sito https://www.minimumfax.com/

Perché due bianchi scrivono “una cosa sul rap”?

Siamo nel luglio del 1989, “l’estate più sanguinosa nella storia di Boston“. I due in questione sono David Foster Wallace, appunto, e Mark Costello. Due amici della middle class, studenti di Harward, che si ritrovano a condividere un appartamento a Boston e che, in modo del tutto non scontato, entrano in contatto con l’universo della musica Rap. “Il più “prestigioso” locale hip hop della città era una scalcinata ex pista da roller derby degli anni Trenta che portava il nome di Chez Voo Disco Rink. Il roller derby, il francese maccheronico, il riferimento alla disco: che tutta questa stramberia avesse un gran potenziale era abbastanza evidente“.

Il potere de-formante della musica rap

Il Rap è una musica di de-formazione: se è roba tua, se ti appartiene, la prima volta che lo ascolti la tua vita prende un’altra piega, si de-forma, non sei più uguale e te stesso. A me il Rap ha fatto capire il valore della parola come strategia di affermazione, la proprietà di linguaggio come arma di rivoluzione.
Per questi due il Rap è stato novità e sconvolgimento, trasporto e rivoluzione, attrazione per qualcosa che sembrava lontano anni luce. Scriverci un saggio, su tutto questo, era abbastanza necessario.

Scholly D - Rapper statunitense
Scholly D – Famoso rapper della scena americana negli anni ’80
Immagine tratta da: https://it.wikipedia.org/wiki/Schoolly_D

Il Rap: metafora di una cultura sottomessa

Il titolo del libro “Il Rap spiegato ai bianchi” ci mette davanti ad una prima grande consapevolezza: i contenuti di questo movimento, la sua arroganza, la sua sfrontatezza, non sono sempre empaticamente accessibili a tutti. “Il rap sa bene che i suoi testi (…) sono un gradino al di sopra del funk e del punk. Questa musica conosce la sua forza di impatto, lo straordinario valore e fascino che ha per i neri, e quindi la sua posizione di estraneità all’interno della cultura bianca tradizionale“.

Gli avvenimenti della storia, e più che mai di questi giorni, ci dimostrano che la vita vissuta ai margini è una ferita sempre aperta, un taglio netto tra chi può e chi non può. Il rap parte dall’esperienza, dalla vita per come è e in questa autenticità è riuscito nel fantastico, meraviglioso, lungimirante intento di passare dall’altra parte, diventando verbo anche dei bianchi: “I testi dei rapper hardcore sono perfettamente consapevoli di parlare di/per le vite e gli atteggiamenti veri di persone riconoscibili come tali (…). L’ideologia nasce sempre da un episodio o da una condizione ben precisa, e la rabbia, dunque, da una causa, la minaccia da qualche forma di provocazione riconoscibile“.

Un genio della parola troppo grande per questi tempi troppo piccoli

Non è un caso che Wallace sia rimasto colpito dal rap e che abbia coinvolto il suo migliore amico in questa impresa alternativa e irriverente. La sua sensibilità, la costante ricerca, il suo giocare a matrioska con gli argomenti per sviscerarne il nocciolo, rappresentano tentativi di comprendere l’animo umano e le eterne contraddizioni che caratterizzano il suo relazionarsi con il mondo. A partire dall’attrazione per una musica che non sembra rappresentarci.
David Foster Wallace è scomparso nel 2008 lasciando un patrimonio letterario di inestimabile bellezza e vastità che vi invito a leggere e divorare.

David Foster Wallace
Davide Foster Wallace
Immagine tratta da: http://www.minimaetmoralia.it/wp/rircordando-david-foster-wallace/

Lo sguardo sul rap

Quello che mi colpisce di più di questo libro, oltre al ritmo della scrittura e alla facilità con cui le parole si inseguono, è lo sguardo. La capacità di analizzare l’attrazione incomprensibile verso qualcosa che non rientra nella nostra valigia di realtà ed esperienza…e di farci i conti. Fare i conti con una complessità di cui la nostra generazione è spettatrice e, almeno in parte, artefice.
Il risultato è la presentazione dell’essenza del rap, le cui provocazioni (che vanno dalla campionatura all’ostentazione di stili di vita devianti) non sono altro che il tentativo di riconnettersi con lo strato più puro della nostra umanità.

Foto di copertina OpenClipart-Vectors da Pixabay

“I pesci non invecchiano mai” è il nuovo singolo di Brando Madonia – intervista

“I pesci non invecchiano mai” è il nuovo singolo del cantautore Brando Madonia. Si tratta del brano che anticipa l’album d’esordio; è stato prodotto dall’etichetta indipendente Narciso Records, fondata da Carmen Consoli.

“I pesci non invecchiano mai” è una successione di immagini, in bilico tra sogno e realtà. Il brano invita ad una riflessione legata al valore del tempo passato. Quest’ultimo infatti non va considerato come un’entità evanescente e ormai fuggita ma come la base su cui costruire il proprio futuro.

Probabilmente mai come in questo periodo storico abbiamo la possibilità di fermarci ad ascoltare e contemplare lo scorrere del tempo: quale migliore opportunità per ricordare e per immaginare quel che sarà? Diventa dunque quasi spontaneo provare a capire qual è il legame fra tempo passato, seppure spesso imperfetto, e il prossimo futuro.

“I pesci non invecchiano mai” è un titolo narrativo, è un’immagine ferma nel tempo, almeno in apparenza.

Il video musicale del primo singolo di Brando Madonia è una successione di disegni creati dalla mano di un bambino: questa caratteristica esprime l’intenzione di raccontare la quotidianità.

https://www.youtube.com/watch?v=YnRZsz_Ztg4

Conosciamo meglio Brando Madonia!

Nato a Catania nel 1990, ha respirato sin dall’infanzia un’atmosfera musicale. Nel 2006 fonda la sua prima band, suonando cover di artisti internazionali e brani inediti in inglese.

Dopo aver dato vita a diverse formazioni, nel 2012 insieme a due amici decide di creare la band “Bidiel”, dalle iniziali dei loro nomi, con cui prese parte all’edizione di Sanremo Giovani. Grazie a questa esperienza, Brando si affaccia al mondo musicale nazionale e, con i Bidiel, registra due album cominciando a confrontarsi con l’esperienza di un tour italiano e della partecipazione a numerosi festival.

Attualmente ha intrapreso un percorso da solista.

Noi di Indielife l’abbiamo intervistato per saperne di più!

Guarda il video!

Fonte: Red&Blue Music Relations

Guarda anche il video dell’intervista ai Santamarya!

IL GUARDIANO

Erano le 8:00 di sera, attese come sempre da 10 anni ormai che l’ultimo visitatore, il signor Onesto, andasse  via piano sulle sue stanche gambe e chiuse il grande cancello di ferro.

<< Buona serata Gino >>

<< buona serata Onesto >>

Per tutto il paese lui era Gino il custode del cimitero. Faceva quel lavoro da quasi trent’anni, era l’unico che senza pregiudizi e superstizioni.  Si presentò al bando di concorso emesso dal comune quando  aveva appena vent’anni. Tutte le sere nel salutare il signor Onesto, non faceva che pensare a lui e al suo profondo amore che provava per la moglie, scomparsa poco più di sette anni prima a causa di un male cattivo.

Tutti i giorni veniva dopo pranzo e portava un mazzo di rose blu, le preferite dalla moglie, si fermava con la sua sedia davanti alla tomba e ci rimaneva fino all’ora di chiusura dei cancelli, parlandole come se fosse ancora viva raccontandogli le sue giornate, i suoi pensieri sul mondo che stava cambiando davanti ai suoi occhi. Ma era sotto la luce della luna che il cimitero prendeva vita e Gino passeggiando per tutto il cimitero ascoltava e parlava con le anime dei defunti,che con l’aiuto delle tenebre uscivano fuori per raccontare le loro storie, le loro vite passate.

Ogni sera lui sceglieva un ospite del posto, si sedeva  davanti alla sua tomba e insieme a lui ascoltava le sue storie, i racconti che avevano significato nelle loro vite. C’era chi aveva fatto il generale e ogni sera aveva una battaglia, una compagna vinta. C’era il latin-lover che aveva passato la vita in giro per il mondo a rimorchiare un numero infinito di donne. C’erano molti ospiti che avevano avuto vite differenti e provenivano da ceti sociali diversi.

La particolarità che aveva notato da quando lavorava lì dentro, era l’uguaglianza e il rispetto che avevano tra di loro. Qualsiasi cosa tu fossi stato in vita, nel momento che oltrepassavi quei cancelli da spirito, perdevi ogni riconoscenza, ogni titolo, erano tutti uguali pur con esperienze diverse. Un generale non faceva il superiore con chi aveva fatto il contadino tutta la vita. Un ateo non litigava mai con un prete che aveva regalato la sua vita servendo il Signore.

Ad accompagnare le loro chiacchierate ogni sera c’era il chitarrista Giovanni che in vita era stato poeta e musicista e continuava anche nell’aldilà ad allietare i presenti con la sua musica e le sue parole; c’erano partite a carte organizzate da giocatori incalliti conosciuti in tutto il paese come “il club”. Erano quattro signori che in vita si erano riuniti tutti i pomeriggi al bar dello sport in piazza e organizzavano partite a briscola che duravano fino a sera e d’estate continuavano anche dopo cena fino a tardi.

Qui dopo essersi ritrovati da morti, ripetevano il loro rituale ed ogni sera riunivano “il club” giocando in continuazione fino al mattino quando i cancelli venivano riaperti. Così  come succedeva anche al bar, intorno al tavolo si riuniva sempre un discreto pubblico che commentava e dava consigli ai vari giocatori. Anche Gino ogni tanto si fermava, guardava e partecipava di tanto in tanto parlando con gli altri su questa o quella giocata. Venne il giorno in cui  il Signore chiamò anche  Onesto. Lo vide entrare da quei cancelli dietro di tutti, dietro la sua bara e dietro il corteo dei parenti. Si avvicinò a Gino, era vestito con il suo vestito migliore, lo stesso che aveva indossato al suo matrimonio, aveva in mano il suo quotidiano regalo per la moglie ma questa volta lo avrebbe consegnato a lei di persona.

<< Ciao Gino, finalmente la rivedo,  >>

<< Ciao Onesto, mi dispiace per i tuoi parenti ma sono contento, sono anni che non vedi tua moglie. Immagino l’emozione che stai provando .>>

<< Sì sono agitatissimo, mi sento come quando siamo usciti al nostro primo appuntamento >>

<< Bè in un certo senso lo è, ora vai. Ti sta aspettando. >>

Lo seppellirono accanto alla moglie come voleva lui. Si guardarono, lei era bella come l’aveva lasciata. Emozionati si abbracciarono a lungo, poi si appartarono in un luogo nascosto del cimitero per parlare e ritrovare l’intimità interrotta anni fa. Nel frattempo da un’altra parte del cimitero avveniva la sua sepoltura. La coppia ritrovatasi, passeggiò in silenzio. Nascosti, scoprirono una tomba sola in lontananza, incuriositi si avvicinarono e con grande stupore sulla lapide lessero il nome di Gino il custode. Risultava morto da più di un anno.

<< Ma come è possibile, l’ho visto tutti i giorni quando era in vita >>

<< Sì, amava talmente tanto questo posto e il suo lavoro che ha ottenuto un permesso speciale per continuare la sua attività >>

Si girarono sentendosi osservati, videro Gino che appoggiato ad un albero sorrise felice,

<< Siete proprio una bella coppia, buona passeggiata, ci vediamo stasera >>

Gli fece l’occhiolino e scomparve così come solo un fantasma poteva fare.

Clementi Simone

Immagini prese da Google Immagini

“Cooper” è il nuovo singolo dei Santamarya, l’intervista

Un brano straniante, in bilico tra realtà e sogno: “Cooper” è il nuovo singolo dei Santamarya. Il testo esprime un profondo bisogno di conoscere la verità. E se questa fosse nascosta proprio dentro i sogni?

L’ispirazione che ha guidato il processo creativo del brano è tratta dalla celebre serie TV Twin Peaks. La serie, nata dalla mente geniale di David Lynch, ha stregato un ampio pubblico con personaggi a tratti bizzarri e con una trama velatamente grottesca.

“Cooper” è il nuovo singolo dei Santamarya che evoca un’atmosfera onirica e evanescente e quindi un po’ surreale. Non a caso come le immagini che si scorgono nei sogni.     

Anche le sonorità sono un po’sospese, sembrano essere in bilico fra il cantautorato italiano e un approccio più brit-pop.

Conosciamo meglio i Santamarya!

Originari della Tuscia Viterbese, i Santamarya sono una band che sperimenta i suoni tradizionali della campagna viterbese con una ricerca trasversale dallo sguardo più ampio. Finalisti all’ultimo Primo Maggio Next, di certo hanno molto da raccontare.

La loro musica è il frutto del giusto e ricercato compromesso tra i gusti musicali dei vari componenti della band. Difficile collocarli in un genere definito ma, come afferma il cantante Leonardo Belleggi, si potrebbe dire che si tratta di un progetto musicale un po’indie. Un bel po’ indie.

Noi di Indielife abbiamo chiacchierato con Leonardo che ci ha raccontato alcuni aneddoti legati ai loro singoli.

Guarda il video dell’intervista!

(Intervista a cura di Michela Moramarco)

Ascolta i Santamarya su Spotify!

Fonte: Purr Press

“Film” è il nuovo singolo dei Toolbar

Si intitola “Film” il nuovo singolo dei Toolbar, secondo estratto dell’album IGLOO dopo “Come uno Showman“.

I Toolbar sono una band giovane e fresca. Con il loro nuovo singolo “Film” ci mostrano “un cortometraggio comico-drammatico che racconta paranoie esistenziali, abitudini ormai rifiutate e amori scappati”.

Film - Nuovo singolo dei Toolbar

I Toolbar sembrano aver seguito benissimo, anche se forse inconsapevolmente, il consiglio che Italo Calvino ci aveva dato in una delle sue Lezioni Americane: il bisogno di “pensare per immagini“.

Chi canta vive una vita che non sente davvero propria, che forse non ha una vera direzione, che rimane ancorata a troppe paranoie. Ma al di là della finestra una visione, una ragazza con una maglietta rossa, riesce a sottrarre peso ai pensieri. Ed è proprio grazie a questa immagine che chi canta riesce a lasciarsi andare alla fantasia, e quindi alla musica. E così nasce e si sviluppa “Film“, una canzone leggera e spensierata, dai suoni assieme vintage e innovativi.

Film“, il nuovo singolo dei Toolbar, è stato registrato presso Metro Rec Studio per Wires Records.
Noi l’abbiamo inserito nella nostra Playlist Spotify dedicata agli artisti emergenti.

Meno canzoni, più musica: intervista a Zabriski

Lorenzo Valè, in arte Zabriski, è un cantautore vicentino classe ’93. Dal 7 Marzo possiamo ascoltare il suo EP “Zabriscoteque“, un progetto dal sound fresco, versatile e ricco di groove. Inutile dilungarsi, questo EP fa ballare pure gli alberi. Noi di Indielife abbiamo intervistato Zabriski, che ci ha raccontato varie curiosità del suo progetto nato seguendo il mantra “meno canzoni, più musica”.

Ciao, grazie per la disponibilità! Dunque, il tuo progetto è in pieno stile groove-pop. Come ti sei avvicinato a questo genere?

È stato un processo abbastanza spontaneo, nato dagli esperimenti in studio: il primo è un disco cantautorale mentre questo è più groove. Sono appassionato di musica disco, house e ho cercato di mischiare queste sonorità.

Il nome del progetto è “Zabriskoteque”: mi parli di questo titolo?

Deriva dalla passione per la cultura del club e mi piace pensare che il disco sia un riassunto, una storia di una discoteca.

Tre aggettivi per definire o raccontare “Zabriscoteque”?

È stato un lavoro impegnativo, dunque potrei dire “sofferto”. Sono stato quasi sul punto di abbandonare, ma son stato fortunato: La Cantina Records ha tenuto duro. Poi il disco è divertente: anche se i testi sono impegnativi da un punto di vista emotivo, per me ha uno spirito “positivo”. Infine questo disco è una dedica allora ti dico la parola “regalo”.

Nel brano Miami ho scorto una  citazione di Morgan nel brano Altrove “però, che cosa vuol dire però…!”.

Ecco qualcuno che l’ha trovata! (ride). È spuntata casualmente, registrando il ritornello. Sul però ho fatto il verso a Morgan e abbiam pensato “ma chi se ne accorge, teniamola!”. Del resto nel primo EP c’è una citazione dell’assolo di Come together dei Beatles. In ogni disco citiamo qualcuno, vediamo chi lo nota!

Molto interessante l’idea di “rubare” qualche nota ad un altro artista. Si potrebbe parlare di  “contaminazione in senso positivo”.

Assolutamente, è un gesto di stima importante.

Allora la domanda sorge spontanea, quali sono gli artisti che ti hanno in-segnato nel percorso musicale?

Di certo i Bluvertigo hanno una componente notevole, Morgan è stato un artista importante per me. Poi anche Battisti ha avuto il suo ruolo per questo disco. Per quanto riguarda la matrice più funky, più groove, c’è il prog napoletano. Un nome? Pino Daniele, ovviamente. 

Secondo te da cosa è caratterizzato il cosiddetto “salto di carriera” che porta un artista emergente a essere un artista affermato?

Eh. È un pensiero frequente. Se sei il più forte, ce la fai. Ma non possiamo essere tutti forti. Al momento management, ufficio stampa e comunicazione hanno un ruolo fondamentale. Chi non è molto bravo può diventare famoso prendendosi gioco del proprio personaggio, ma comunque ha qualcosa, che piaccia o no. Al momento la musica non è solo musica, si tratta molto di immagine. Un esempio: Achille Lauro di certo non è un virtuoso, ma sta sul palco da dio. Bisogna avere qualcosa. Tutto qua.

Il brano “Acquario” è una ballad dal suono travolgente come il movimento dell’acqua. Mi racconti un aneddoto legato a questo brano?

Questo brano doveva dare il titolo al disco, che all’inizio era molto “acquoso”. Poi è diventato più di cemento. La musica di questo pezzo è stata scritta dal chitarrista Andrea… Durante una data a Trieste io l’ho ossessionato tutta la mattina insistendo per andare a vedere il mare. È stato di forte impatto suonare in un’altra città, col mare, con una persona che ha contribuito al tuo progetto.

Progetti per il futuro?

Provare a tornare sul palco. Ho iniziato a registrare altri pezzi: devo stravolgere il suono, sarà forse più acustico o più psichedelico. Voglio meno canzoni, più musica.

Grazie!

Grazie a voi!

Danilo Dolci una rivoluzione nonviolenta: 50 anni fa inventò le radio libere

Danilo Dolci una rivoluzione nonviolenta: 50 anni fa inventò le radio libere

Danilo Dolci con una rivoluzione nonviolenta in terra Siciliana, ha portato una nuova speranza a chi ha perso tutto. Eppure, la storia di chi inventò cinquant’anni fa, il prototipo delle radio libere è sicuramente una delle meno note a livello nazionale. Il 25 marzo del 1970, Danilo Dolci trasmise dal piccolo comune di Partinico in provincia di Palermo, un sos da una piccola emittente radiofonica di fortuna. Nel lungo comunicato, denuncia l’eccessiva burocrazia dello Stato, ma soprattutto la scarsa volontà delle forze politiche di allora di far fronte all’emergenza delle zone del Belice e dello Jato distrutte dal terremoto del 1968. 

Ripercorriamo i momenti più importanti della rivoluzione nonviolenta di questo importante sociologo e poeta che il mondo della cultura ha chiamato, il “Gandhi Italiano”. 

Danilo Dolci una rivoluzione nonviolenta: gli studi e le prime ribellioni 

Danilo Dolci, nasce nel 1924 a Sesana allora provincia di Trieste, ora territorio sloveno. Il padre Enrico Dolci è un ferroviere bresciano, mentre la madre è una donna slovena credente e molto religiosa. 

A causa del lavoro del padre, che lo costringe sin da piccolo a viaggiare molto, cambierà più volte scuola e città nel corso della sua infanzia. Nel 1943, prenderà il diploma per geometri e la maturità artistica a Brera. Durante gli anni del regime fascista il giovane Danilo mostra fin da subito avversione verso la dittatura. Questo lo porta a rifiutare la divisa della repubblica sociale di salò. Per questo gesto di ribellione, l’esercito fascista lo arresta, ma riesce in seguito a fuggire e a ripararsi per un periodo nell’Appennino Abruzzese. 

Dopo la guerra, frequenta la facoltà di Architettura all’università la Sapienza di Roma. In questo periodo studia con il professore Ernesto Buonaiuti. Tornato in Lombardia, insegna per un periodo in una scuola serale e stringe un forte legame con la classe operaia. Per un periodo aderì anche alla comunità di Nomadelfia di Don Zeno Saltini. 

Nel 1950, scrive una raccolta di poesie intitolata “parole nel giorno” che poi pubblicherà solo nel 1956. 

Gli anni 50: l’arrivo in Sicilia

Nel 1952, si stabilisce a Trappeto, nella Sicilia Occidentale in provincia di Palermo. Fin dal suo arrivo lotta contro i soprusi degli operai, i crimini della mafia, la povertà o ancora le corruzioni. In questo modo si rende anche protagonista di numerosi scioperi della fame. 

Nel 1956, in particolare inviterà oltre 1000 persone a protestare contro la pesca di frodo. Questa attività costituiva una vera minaccia per la gente del posto, privandola del principale mezzo di sostentamento. In quello stesso anno però, la figura di Danilo Dolci sale agli albori della cronaca perché si fa promotore di uno sciopero all’inverso secondo il cui principio un disoccupato dovesse avere il diritto di lavorare. Fu così che centinaia di disoccupati si misero a costruire in modo non violento una strada da tempo abbandonata. I lavori però privi delle dovute autorizzazioni furoni fermati dalle forze dell’ordine che arrestarono Danilo Dolci e gli scioperanti per oltraggio a pubblico ufficiale. 

SOS… qui si muore da poveri cristi – Radio Partinico Libera 25 marzo 1970

“SOS SOS… Qui parlano i poveri cristi della Sicilia occidentale, attraverso la radio della nuova resistenza. Siciliani, Italiani, uomini di tutto il mondo, ascoltate: si sta compiendo un delitto di enorme gravità, assurdo, si lascia spegnere un’intera popolazione. La popolazione della Valle del Belice, dello Jato e del Carboi, la popolazione della Sicilia occidentale non vuole morire. “ (Passi di: Guido Orlando e Salvo Vitale. “Danilo Dolci. La radio dei poveri cristi”. )

Inizia così la trasmissione di Radio Partinico Libera. Questa radio, nasce per trasmettere a quante più persone, un appello disperato della popolazione che sta soffrendo a causa del terremoto che ha distrutto il Belice nel 1968. Due anni dopo la situazione in quelle zone era ancora in stallo. Il governo fu di fatto incapace di fronteggiare le esigenze di una popolazione estremamente povera e con un alto tasso di disoccupazione. 

La genesi – nascita di un progetto 

Il motivo per cui si decise di comunicare alla popolazione della Sicilia Occidentale via radio, è facilmente intuibile. Si trattava di zone estremamente disagiate dove la maggior parte della gente era analfabeta o comunque non abituata a leggere libri e giornali. I mezzi di telecomunicazione disponibili allora erano affidati esclusivamente allo Stato che ne aveva il monopolio. 

L’esigenza era quella di trasmettere attraverso un mezzo di comunicazione che fosse democratico e che potesse raggiungere tutti. Per questo motivo si optò per la radio, non solo per l’economicità del mezzo, ma anche perché poteva parlare a tutti. Il principio di base era quello che aveva mosso le radio clandestine che combattevano la resistenza durante la seconda guerra mondiale. 

In un primo momento, si pensò in accordo con i giuristi dell’epoca di noleggiare un’imbarcazione e di trasmettere in acque internazionali. Il progetto non andò mai in porto a causa degli alti costi. Si pensò quindi di trasmettere per circa 48 ore, preparando un programma di cultura e attualità. La direzione organizzativa è stata che affidata dai collaboratori Pino Lombardo e Franco Alasia. Da sottolineare che durante la trasmissione, si chiusero nello studio con 50 litri di Benzina,

I giornali dell’epoca diranno che la benzina sarebbe servita per suicidarsi qualora fossero arrivate le forze dell’ordine a interrompere le trasmissioni. In realtà Pino Lombardo dichiarerà in varie interviste che la benzina sarebbe dovuta servire qualora si fosse interrotta l’energia elettrica. 

Radio Partinico libera : l’interruzione delle trasmissioni e la solidarietà dal mondo della cultura

La trasmissione di Radio Partinico Libera, venne interrotta dopo 27 ore da una schiera di forze dell’ordine e dai vigili del fuoco. All’uscita di Danilo Dolci e dei suoi collaboratori, la popolazione cercò di impedire che venissero portati via. 

Ad ogni modo, il mondo della cultura e grandi personaggi internazionali dettero un grande sostegno, esprimendo messaggi di solidarietà. Una sopraggiunta amnistia impedì infine che la faccenda potesse avere delle conseguenze giudiziarie. 

Danilo Dolci una rivoluzione nonviolenta: il metodo maieutico 

Il metodo di lavoro era il fulcro centrale dell’operato di Danilo Dolci. Basato sulla maieutica socratica, egli preferiva portare esempi concreti e pratici attraverso un coinvolgimento diretto piuttosto che insegnare teorie trite e ritrite. Ecco quindi che attraverso delle vere e proprie tavole rotonde si confrontava su tematiche sociali legate alla vita di tutti i giorni. 

Nacque così la diga dello Jato. Questa costruzione diventerà un punto cruciale per lo sviluppo economico della zona. Ebbe anche il merito di togliere potere alla mafia, che controllava all’epoca le modeste risorse idriche.

Danilo Dolci una rivoluzione nonviolenta: i riconoscimenti e l’influenza su Radio Aut 

Nel corso del suo ultratrentennale operato in difesa dei più deboli, Danilo Dolci è stato insignito di numerosi premi internazionali. I più importanti a livello internazionale in ordine di tempo sono il premio Lenin per la pace insignito dall’Unione Sovietica nel 1957, e il premio socrate di Stoccolma. Quest’ultimo premio gli è stato riconosciuto per la sua attività nell’educazione in favore della pace. 

Non di minore importanza è la grande influenza che il lavoro di Danilo Dolci ha avuto su quello che sarebbe diventata Radio Aut sette anni dopo grazie al coraggio e alla determinazione di Peppino Impastato. Quest’ultimo aveva sentito parlare delle proteste di Danilo Dolci durante gli anni in cui frequentava il liceo classico di Partinico, tanto che lui stesso partecipò diverse volte attivamente negli scioperi. Non per niente chi semina raccoglie e sicuramente possiamo dire che l’operato di queste due leggende ha lasciato dei segnali molto forti nella società di oggi.