Il ritorno di Jampa Capolongo, una corsa verso la felicità a colpi di poesia

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Ho una mia personale predilezione per Jampa Capolongo, cantautore ibrido e ramingo (nato in Friuli, con le radici in Campania e di stanza in Toscana) che ho scoperto solo da poche settimane, con “Non vale di meno”, il suo ultimo singolo.

“Non vale di meno”, che segna l’inizio di un percorso che sembra portare ad un nuovo disco a cinque anni di distanza dal suo esordio discografico, è diventato un mantra salvifico dopo il primo ascolto, un “memorandum” delle cose importanti che spesso sfuggono allo sguardo, sprofondando nella superficialità del quotidiano.

Ecco perché non ho davvero saputo resistere dal fare qualche domanda all’artista, che di cose da dire ne ha eccome e certamente ben più di quelle che siamo riusciti ad incastrare in queste poche righe di intervista: poco male, per fortuna in effetti esistono le canzoni.

Che piacere poterti fare qualche domanda, Jampa! Sono un grande amante del cantautorato, e non nascondo che ascoltare la tua voce e le tue parole abbiano risvegliato in me una dolce sensazione di “ritorno a casa”… cosa significa, per te, oggi, “canzone d’autore”? E credi esista una differenza tra “cantautore” e chi fa “canzone d’autore”?

Piacere mio fare due chiacchiere con voi. Per me quello che conta è la canzone, al di là delle etichette che diamo e che vengono naturali per osmosi. La differenza sta nel definire canzoni che ti lasciano qualcosa sulla pelle e quelle che passano senza lasciare il segno. Oggi è tutto molto fluido, tutti scriviamo, tutti abbiamo la possibilità di proporci. Secondo me è una nuova era ed è l’ascoltatore che come al solito decripterà e sceglierà. Scrivere canzoni è essere autentici innanzitutto. Questo per me significa essere autori.

Siamo partiti subito con le domande “filosofiche” perché la tua è una scrittura che pare sondare la profondità, senza perdere di leggerezza. Se dovessi chiederti perché scrivi, cosa risponderesti?

Scrivo per esigenza. É il mio modo di esprimermi, è il luogo in cui mi muovo meglio emotivamente e so trovare le strade che mi piacciono. Il momento creativo per me è terapeutico e mi da la chance di conoscermi meglio ogni giorno di più. Quello che creo è il risultato di tutto questo e per la passione quasi cinematografica di raccontare storie e condividerle con gli altri.

Jampa hai cominciato anni fa, e nel 2016 hai anche pubblicato un disco d’esordio che lasciava intravedere un approccio davvero poetico, mantenuto e confermato sei anni dopo, nel singolo pubblicato in questi giorni. Mi piacerebbe partire da allora: chi eri nel 2016? credi sia cambiata da allora la tua visione della musica, del mondo, della vita?

Non penso di essere cambiato molto nell’intento. Forse sono cresciuto nell’esperienza e questo produce risultati diversi nella vita e nell’arte. Ne migliori ne peggiori, ma diversi. La poetica in realtà è lo strumento che scegliamo per raccontare. Io non saprei farlo proprio in maniera diversa e le volte che ci ho provato ho sentito non autenticità. La mia visione della musica passa proprio da questo concetto. Fare quello che siamo, senza aver paura di non piacere o di farci dire quello che dovremmo essere. Per me vita e arte non sono separate e anzi si nutrono ferocemente uno dell’altra. Il mondo che vorrei è un mondo più rispettoso per la natura, più tollerante, non solo basato sui conti economici, ma soprattutto, senza guerre.

Perché poi ti sei fermato, senza pubblicare più nulla a tuo nome? Cos’hai fatto, insomma, in questi anni?

Non mi sono fermato, anzi. Penso di non avere mai scritto cosi tanto. Ho fatto una scelta. Quella di prendermi tutto il tempo di cui avevo bisogno per mettere a fuoco alcuni progetti di vita e quindi artistici. Il tempo per me non è mai stato un problema ( però mi rendo conto che 6 anni sono tanti…).

Ora, riparti da “Non vale di meno”. Ecco, cosa significa per te questo brano? Ci racconti come nasce?

Nasce da un giro di notte da solo nella mia città. Notai che eravamo tutti a testa bassa, con il cellulare in mano, nessuno si parlava, persi nel fare selfie selezionando filtri giusti e pose plastiche. Pensai che era un peccato e che correvamo il rischio di perdere contatto con la realtà, con quello che siamo. Di essere schiavi dell’apparenza, di come vorremmo essere percepiti. Scrissi questo testo partendo dalle cose che valevano di più, per me, di tutto quello che stavo vivendo.

La canzone è come se fosse un lungo elenco di piccole cose di enorme importanza da ricordare, una lista di “emozioni” da preservare e di consapevolezze da tutelare per non dimenticarci che la felicità ta spesso dove non crediamo di poterla trovare. Jampa, tu hai trovato la “felicità”?

Io sono un uomo felice. Ho tanti motivi per esserlo e cerco di ricordarmelo ogni giorno. É questa la mia verità da preservare e vorrei che chi ascolta le mie canzoni trovasse un po’ di se nelle mie parole. Sarebbe il dono più bello che io possa mai ricevere.

Ti vedremo dal vivo, spero bene! Hai già qualcosa in programma per l’immediato futuro?

Con la mia etichetta (Formica Dischi) e la band abbiamo già un solido punto di partenza per programmare qualche set live. Ma vogliamo fare le cose che sentiamo giuste per le canzoni, proprio nel rispetto di quanto abbiamo detto finora.

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