La Casa di Carta, il tour di Madrid sulle orme della serie

La Casa di Carta, il tour di Madrid sulle orme della serie

La casa di carta è stata una delle serie più attese e viste durante il lockdown, ed ora che i confini sono stati riaperti e si potrà viaggiare di nuovo in Europa, vi suggerisco un mini tour per ripercorrere i luoghi dove è ambientata la serie e dove fare delle foto degne di un travel blogger di instagram.

La serie è ambientata nella capitale spagnola, le prima due stagioni nella zecca di stato, mentre le successive nella Banca di Spagna. Ma attenzione a cadere nell’inganno cinematografico, in realtà gli interni della zecca sono quelli di un altro edificio e la Banca di Spagna muta completamente infatti nella serie non è il edificio neogotico di inizio 800 che si trova a Plaza de Cibeles, ma bensì una stazione ferroviaria degli anni ’70.

Il Tour che vi propongo parte proprio dalla Zecca di Spagna, a circa un chilometro di distanza c’è Parque del Buen Retiro, questo bellissimo parco ha al suo interno molti punti di interesse, come il Monumento di Alfonso XII, il Palazzo di Cristallo ed infine la fontana dell’angelo caduto che rappresenta Lucifero nel momento della caduta dal cielo.

Monumento di Alfonso XII, foto di Hilary Otero

A poco distanza dal parco potete visitare Museo d’arte Reina Sofia e il Real Jardines Botanico, oltre a un edificio presente nella serie, Consejo Superior de Investigaciones Científicas dove sono stati girati gli interni della zecca di stato. Altri musei interessanti da visitare e fotografare sono il Caixa Forum e il Museo del Prado a poco distanza, con al loro interno opere spagnole e non solo di un’inestimabile bellezza.

A poco passi a piedi si trova una delle piazze più belle di Madrid, costruita a fine del ‘700, la sua imponente fontana che rappresenta la della dea greca Cibele su un carro trainato da leoni, da il nome alla piazza, appunto trova Plaza de Cibeles. Qui potete trovare edifici storici di varie epoche e stili, come il Palicio de Linares, il Palacio de Buenavista, il più importante e imponente Palacio de Cibeles ed infine la Banca di Spagna, ma attenzione, non aspettatevi l’edificio presente nella serie.

Proseguendo lungo Calle de Alcala, potete visitare Puerta del Sol e Plaza Mayor, poco più avanti si trova uno dei quartieri più conosciuti e apprezzati di Madrid, il Barrio de La Latina, qui potrete passare una piacevole serata sorseggiando birra locale con delle gustose tapas.

Dirigendovi verso Nord potete rivivere la vita regale di un duca o una duchessa, prima al Palazzo reale di Madrid, imponente edificio barocco del 1700, costruito sulle rovine di un’antica fortezza mussulmana e succesivamente nel Museo Cerralbo con i suoi salotti di fine ‘800. Al tramonto è possibile osservare i raggi del sole che passano attraverso le porte del Tempio di Debod, questo antico monumento egizio fu donato alla Spagna negli anni 70.

Plaza Mayor, foto di Joan P. Llambrich

Se poi siete proprio grandi fan della Casa de Papel e non potete fare a meno di vedere tutte le location, non potete perdervi il Nuovo Ministerios che è situato a 5 km dal centro città, ed è la stazione e deposito ferroviario utilizzato nella serie per girare gli esterni della Banca di Spagna.

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LA CONFESSIONE

Attraverso l’autostrada che passa in mezzo al deserto del Nevada, un uomo in sella alla sua moto sta viaggiando senza meta. Si è lasciato alle spalle la sua tranquilla vita di città anni fa, per assaporare la voglia di libertà, avere il potere sulle proprie decisioni e poter dire al mondo “Posso fare quello voglio, quando mi pare”. La moto, una Harley Davidson rossa, sfreccia tra la polvere e i camion che gli passano accanto suonando. Lui risponde sempre con il dito medio, ha un fucile a pompa posizionato dietro la gamba destra e sempre con un colpo in canna. Non ha paura, ha scelto la strada come casa e uno stile di vita al limite della legalità.

Raggiunge uno di quei piccoli centri urbani poco abitati. Fa una piccola tappa all’interno di una fattoria e poi si dirige in una chiesa cattolica costruita un paio di secoli prima. Pareti bianche, modesto piazzale di fronte dove parcheggiare al massimo una ventina di autovetture a spina, tetto piatto e portone in legno. Sono circa le dieci di un mercoledì mattina, sta viaggiando dalle otto ed è arrivato il momento della confessione.

Si confessa circa ogni due giorni, quando trova una chiesa che gli piace. Entra dal portone principale e il silenzio tipico delle chiese lo accoglie. Indossa dei jeans blu, in parte impolverati, stivali di cuoio di un nero sporco e consumato dal tempo ed una camicia di seta bianca inzuppata di sudore lungo la schiena. Nel piccolo zaino che porta sulle spalle ha un cambio completo e un giacchetto di pelle nera, la sera fa freddo sulla moto. Il portone fa un cigolio che annuncia la sua apparizione nella chiesa. Lui si toglie gli occhiali da sole, si sistema i capelli lunghi e li lega con una coda di cavallo. Da quando ha cambiato lavoro e vita, non li ha più tagliati.

Dal retro della chiesa appare un uomo basso, grassottello e vestito da prete. Indossa pantaloni neri, giacca grigia e collare bianco intorno al collo. Va incontro al forestiero incuriosito dall’improvvisa visita. A quell’ora nessuno entra nella sua chiesa, la maggior parte delle anime che compongono il suo modesto gregge, in quel momento si trovano in casa davanti alla televisione o al bar a discutere di sport e politica.

L’età media di The Big Rock è molto alta, sessanta o settanta anni circa. Big Rock venne costruita dai forestieri cercatori d’oro e affamati di terra che venivano dall’Europa. Intorno alla cittadina, negli anni, vennero scavate e poi abbandonate diverse miniere. Le montagne intorno erano ricche di materiale prezioso come oro e argento. Quando le vene si esaurirono, la città si svuotò lentamente e rimasero solo i più anziani e chi era riuscito a costruire una fattoria in quella dura terra. Il prete sembra essere un messicano, il suo accento quando si trova davanti al forestiero, conferma le sue origini.

<< Piacere figliolo, sono padre Miguel! Benvenuto nella mia umile chiesa, cosa ti porta qui?>>

<< Piacere Padre, mi chiamo Lars e ho bisogno di confessarmi>> la voce di Lars è calma e ferma, gli occhi chiari sembrano sputare ghiaccio perfino in quel posto infuocato dal sole. Padre Miguel ha un sussulto, un brivido gli attraversa la schiena. Cerca di non apparire impaurito e si ripete nella mente, che per quanto strano possa sembrare, quella che ha davanti è un’anima che ha bisogno d’aiuto e lui è lì proprio per quello.

S’incammina verso il confessionale mentre lo invita ad entrare ed indossa tutto il necessario per la confessione. Apre la piccola fessura che li separa ed inizia a parlare mentre si fa il segno della croce. Lars fa lo stesso dall’altra parte e bacia il crocifisso d’oro che ha appeso al collo.

<< Avanti figliolo, ti ascolto >>

<< Padre Miguel mi chiamo Lars Wilson. Vengo da Chicago e ho molto peccato>>

<< Cosa hai fatto Lars? Apriti con me ed il Signore ti perdonerà>>

<< Avevo una vita normale, ma l’ho lasciata per diventare un serial killer>>

Padre Miguel ha un sussulto, il suo cuore si ferma per un istante e la gola si secca ancora di più. Non riesce a parlare ma questo non ferma Lars, che continua la sua confessione.

<< Ho quarant’anni, e fino ai 35, sono stato un uomo normale. Moglie bellissima, figli ed un impiego in banca. Facevo il dirigente per la Goldman Stanley a Chicago. Il mio lavoro consisteva nel controllare le filiali di Atlanta e preoccuparmi che andassero bene. Avevo uno staff tutto mio che mi aiutava e una serie infinita di responsabilità che i miei capi non mancavano di ricordarmi, ogni giorno che il buon Dio mandava. Passavo le giornate al telefono, e sui numeri che apparivano e scomparivano sugli schermi del mio pc. Quando tornavo la sera, sperando nel meritato riposo, venivo assalito dal chiasso assordante dei miei due figli e di mia moglie.

James e Britney, rispettivamente sette e quindici anni, non la smettevano di litigare. James il più piccolo, era una vera e propria peste e non la smetteva di rompere le scatole alla sorella che, nel bel mezzo dell’adolescenza, era in preda alla voglia di libertà. Ha presente quegli anni dove non siamo né carne né pesce ma ci sentiamo già grandi? >>.

Il prete annuì con un filo di voce, il fatto che parlava dei figli al passato, lo faceva letteralmente rabbrividire.

<< Mia figlia Britney era al centro di questo ciclone ormonale. Io dovevo dividermi tra lei che mi chiedeva più libertà e litigava sempre con mia moglie, il piccolo James che sembrava uscito da un romanzo di Mark Twain e mia moglie Scarlett in pieno esaurimento nervoso. Scarlett faceva l’arredatrice interna quando la conobbi e lavorava per un grosso studio. Mi rivolsi al suo ufficio quando acquistai la mia prima casa a Chicago e il destino ci fece incontrare. Quando rimase incinta di Britney, dopo due anni di matrimonio ed io ricevetti la promozione che mi avrebbe portato a diventare dirigente, scelse di licenziarsi per accudire la casa e la famiglia. Fece tutto da sola, ero pronto ad assumere una babysitter per darle una mano, ma lei mi anticipò e mi disse che non voleva far cresce nostra figlia con un’estranea.

Acconsentii senza discutere, ma sono sempre rimasto dell’opinione che quella decisione non era farina del suo sacco. Scarlett amava alla follia quel lavoro, ma veniva da una famiglia tradizionalista dell’Iowa. I suoi avevano una grande fattoria e sua mamma non ha mai lavorato un giorno in tutta la sua vita. Lei fuggì da quel mortorio dopo le scuole superiori, frequentò il SAIC a Chicago e si laureò in disegno, la sua più grande passione. Dopo James, l’instabilità di Scarlett si fece molto più evidente, anche se lei negava sempre. Quello che era iniziato come un semplice stress, divenne un vero e proprio esaurimento nervoso.

Iniziai a fare tanti straordinari e tornavo sempre più tardi a casa. Quando non mi andava di rimanere in ufficio, mi fermavo al pub e così divenni anche alcolizzato. Scarlett iniziò a capire che abbandonare il suo lavoro era stata una grande cazzata, ma preferiva sfogare la sua rabbia e i suoi sogni infranti su me e i nostri figli, invece di ammettere lo sbaglio e trovare una soluzione al problema. Sono sicuro che se mi avesse parlato, le cose sarebbero andate diversamente padre>>

Padre Miguel mandò giù aria dalla gola prima di trovare il coraggio e chiedere: << Perché com’è andata figliolo?>>

Lars si prese qualche minuto per riflettere.

<< La situazione peggiorò di giorno in giorno, Britney e James erano sempre più tristi ed impauriti, Scarlett sull’orlo della follia, ed io mandavo giù una quantità enorme di Scotch ogni sera. L’apice venne raggiunto una sera invernale di fine novembre, la neve era già alta ai lati delle strade ed in giro si vedevano i primi addobbi natalizi. Rientrai alle quattro e mezza di mattina, stranamente mia moglie era sveglia e pronta a fare la guerra. Io ero molto ubriaco e senza la minima voglia di discutere, ma lei non era d’accordo con me ed iniziò ad urlarmi contro. Mi scagliò tutta la sua rabbia pregressa, accusandomi di essere la causa del fallimento della sua vita.

All’iniziò non feci nulla e questo evidentemente la fece innervosire ancora di più, venne da me ed iniziò a picchiarmi con quelle sue mani piccole e sempre in ordine. James e Britney si svegliarono, cercarono di far calmare Scarlett e mi ordinarono di sparire dalla loro vita. In quel momento, inaspettatamente, mi resi conto che li avevo persi tutti e tre. Non solo mia moglie, ma anche i miei figli. Non mi scorderò mai l’odio che vidi attraverso i loro occhi.

L’odio di tua moglie lo puoi sopportare e spesso è reciproco, ma vedere che i tuoi figli ti odiano e sapere dentro di te che hanno perfino ragione, sono cose che ti scombinano il cervello e dopo non sei più lo stesso. In quel momento dissi a tutti che sarei andato via, andai in camera e preparai velocemente la mia valigia con alcuni vestiti ed uscii da casa. Uscendo dissi a mia moglie che il giorno dopo avrei chiamato l’avvocato per le pratiche di divorzio. Parve soddisfatta e felice, per la prima volta dopo tanti mesi. Raggiunsi un hotel di mia conoscenza, prenotai una stanza e rimasi lì per tutto il giorno. Uscii solo la sera del giorno dopo, andai a cena fuori e dopo nel mio pub vicino casa.

Mentre bevevo l’ultimo bicchiere di scotch, mi vennero ancora in mente gli occhi dei miei figli che mi sputavano odio addosso. Padre, non so se esiste un Dio, ma sono sicuro che il male esiste perché l’ho sentito entrare dentro di me e costruirsi casa nel mio cuore. Era ormai notte inoltrata, il vento soffiava pungente per le strade vuote ed in casa stavano tutti dormendo. Avevo ancora le chiavi e così entrai senza far rumore, dirigendomi prima in cucina e poi in camera da letto dove dormiva mia moglie. Ero ubriaco come al solito, ma non sono mai stato uno stupido. Ho sempre letto gialli tascabili e mi presentai in casa con guanti, tuta nera e volto coperto.

Mia moglie non fece in tempo a svegliarsi che gli misi subito in faccia il cuscino, mentre con l’altra mano aprivo il suo stomaco con un grande coltello. Il letto si riempì di sangue ed interiora di Scarlett che smise subito di urlare e di vivere. Per i miei figli, che non si accorsero di nulla, riservai un trattamento più umano. Erano pur sempre i miei figli. Presi dalla tasca una pistola con un silenziatore e in pochi minuti raggiunsero la madre. Misi la casa sotto sopra e portai con me alcuni oggetti preziosi per fingere una rapina andata male.

Mi cambiai brevemente in macchina e fingendo spavento e rabbia mi recai dalla polizia per raccontare quello che avevo visto in casa rientrando. Riuscii perfino a piangere con grossi singhiozzi, mentre raccontavo la scena che avevo davanti agli occhi. Forse il male dentro di me, in quel momento, si era preso una pausa. Mi diedero una bottiglia d’acqua e cercarono nei mesi successivi d’interrogarmi ripetutamente, sospettavano di me era chiaro, ma non avevano nessuna prova. Ero stato attento a tutti i dettagli. Dopo un anno archiviarono il caso ed io incassai perfino una grossa somma dall’assicurazione che fece Scarlett e mia insaputa. Così decisi di partire e di vivere in giro per gli Stati Uniti in sella alla mia moto.

Diedi le dimissioni e partì una mattina di primavera, quando il sole è alto e inizia a sciogliere il gelo invernale. Ho smesso perfino di bere, mi concedo solo qualche innocente birra ogni tanto. Non ho più voglia di bere tanto da quando ho ucciso la mia famiglia. Ho un’altra sete adesso che non posso più ignorare. Come le dicevo prima Padre, il male esiste e si è insediato dentro di me.

Mi parla e mi spinge ad uccidere le persone nei modi più atroci. Gli ultimi sono stati due vecchietti poche ore fa in una fattoria rossa all’inizio del paese. Li ho squartati mentre ancora dormivano>>

Padre Miguel, sempre più senza fiato e pallido nel viso, uscì di corsa dal confessionale e guardò dritto negli occhi Lars che nel frattempo era uscito anche lui. Si trovavano entrambi davanti all’altare, faccia a faccia.

<< La fattoria dei Mc Creery!?>>

Per la prima volta, Padre Miguel urlò nella sua chiesa.

<< Si, credo di aver letto così nella cassetta postale>>

Lars non si scompose, sembrava quasi che avesse previsto tutto, persino la reazione del prete che ora era ancora più sconvolto ed impaurito.

<< Hai ucciso i miei genitori bastardo! Mi hanno adottato e cresciuto con tanto amore e tu li hai squartati!>>

Padre Miguel sentiva la rabbia salirgli, era la prima volta che diceva una parolaccia. Ma qualcosa lo bloccava, probabilmente era l’estrema calma del pazzo che aveva davanti. Anche se il prete non ci fece caso, Lars ebbe un leggero sussulto sentendo Padre Miguel dire una parolaccia. Non era quel genere di cose che si sentivano tutti i giorni. Durò il tutto un paio di secondi, poi il motociclista straniero tornò sui suoi passi.

<< Mi dispiace molto Padre, sono veramente dispiaciuto ma non è colpa mia. Mi è stato ordinato dal male che vive dentro di me. Posso farmi perdonare cercando di farle raggiungere i suoi genitori. Con il suo permesso, ovviamente>>

Padre Miguel si girò di scatto ed iniziò a correre verso l’uscita come una gazzella che ha appena visto un leopardo dietro la siepe. Lars, che aveva tirato fuori la sua pistola con il silenziatore mentre stava parlando, mirò alla schiena del prete e fece fuoco.

Era la stessa pistola che aveva usato contro i suoi figli. Il Prete, che quella mattina aveva preparato una torta per l’anniversario dei suoi genitori, si accasciò a terra. L’ultima cosa che vide fu la rappresentazione di un famoso santo su un quadro appeso nella parete est della chiesa.

Lars scavalco il cadavere del povero prete ed uscì dalla chiesa con i suoi occhiali da sole indossati. Montò sulla sua moto rossa e continuò il suo psicopatico viaggio. Si fermò solo due giorni dopo. Un’altra piccola citta, un’altra chiesa ed un altro prete pronto a riceve la sua confessione.    

Clementi Simone

Immagini prese da Google Immagini

The Craytes – This Town

The Craytes – This Town

La recensione di un nuovo artista arrivato alla nostra redazione tramite la piattaforma GROOVER, i nostri feedback e le nostre impressioni sugli artisti emergenti presi dalla scena indipendente mondiale.

Il brano di The Craytes – This Town è un nostalgico affresco della città di ieri e di oggi, narrata attraverso una melodia elegante dal tipico sound Indie-rock con un pizzico di Britpop.

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Opinioni

Poche note semplici e chiare al pianoforte accompagnate da una voce delicata su un tappeto di strumenti. Questo è il nuovo brano di “The Craytes – This Town”. A mio parere è un brano semplice dalle chiare sonorità Indie-rock. Al primo ascolto, per certi aspetti il suono mi ricorda molto quello dei primi Oasis e dei Blur riportandomi all’atmosfera Britpop degli anni ’90. La voce molto ovattata e delicata unita al tappeto di chitarre fa un po’ l’occhiolino al folk anni ’60 di Simon & Garfunkel.

Questa contaminazione di generi è sicuramente il punto di forza di “This Town”. Una sonorità che riesce ad evocare un ambiente nostalgico, a tratti quasi autunnale che ti fa venire voglia di esplorare quei magici ambienti tanto evocati dal cantante. Si tratta dunque di un brano nel suo insieme evocativo, grazie alla sinergia tra testo e melodia.

Conclusioni

Prima di arrivare alle conclusioni, un piccolo spazio lo dedico a quei pochi nei che ho riscontrato nel brano. Innanzitutto l’espressione vocale che poteva essere maggiormente esaltata in un brano di questo tipo, inoltre, mi sarei aspettata maggiore attenzione nello scandire le parole, qua cantate a tratti in modo poco preciso. La qualità audio infine poteva essere curata di più.

Apparte questo il brano nel suo insieme è veramente di ottimo livello, originale e con la giusta potenza narrativa. Questi a mio parere sono aspetti che considero fondamentali in un brano di questo tipo. Quando consiglierei di ascoltare questo brano? Non ci sono dubbi, a casa in assoluto relax e con un libro in mano.

Foto in evidenza alla Pagina Facebook di the Craytes

Alvin Chris – Question de temps

Alvin Chris – Question de temps

La recensione di un nuovo artista arrivato alla nostra redazione tramite la piattaforma GROOVER, i nostri feedback e le nostre impressioni sugli artisti emergenti presi dalla scena indipendente mondiale.
Con Question de temps, Alvin Chris sperimenta le sonorità afrobeat affrontando, in francese, la questione della speranza che le cose migliorino.

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Opinioni

Alvin Chris è uscito con Question de temps, brano in francese che rappresenta il suo primo esperimento afrobeat.
Influenzato dalle sonorità nigeriane, Question de temps si presenta come un brano ballabile e in linea con i lavori di producers come il Jamie XX di In colours o Mura Masa.
La canzone parla di come durante i momenti difficili si cerchi di autoconvincersi che manca poco (è solo questione di tempo, appunto) prima che le cose migliorino. Il tema però non sembra influenzare in termini malinconici la musica che, grazie ad un ottimo mixaggio ad opera dello stesso Alvin Chris, risulta gradevole fin dal primo ascolto ed adattissima ad essere ballata durante le lunghe notti estive in riva al mare.

L’inserimento del sassofono durante il ritornello, oltre a costituire un ottimo ponte tra una strofa e l’altra e a fornire un bella linea di background al ritornello, si rende un elemento di originalità in un pezzo che, altrimenti, potrebbe rischiare di suonare un po’ come già sentito.


Conclusioni

Con Question de temps il rapper e beatmaker francese Alvin Chris si mette alla prova con un pezzo afrobeat in cui il rap passa in secondo piano rispetto a sonorità equilibrate e costruite a pennello per l’essere coinvolgenti fin dal primo ascolto.
Una tematica impegnativa come il superamento dei momenti difficili viene resa poco pesante e scorrevole grazie ad un flow efficace e ad una produzione che fa del campionamento di sax la vera perla del pezzo.
Superato il preconcetto che Question de temps richiami alla mente altri brani già sentiti, il pezzo di Alvin Chris può essere ascoltato per quello che è: una canzone a cavallo tra trap ed afrobeat prodotta con competenza ed estremamente orecchiabile.

Wayne Tennant – Fireflies

Fireflies  – Wayne Tennant

La recensione di un nuovo artista arrivato alla nostra redazione tramite la piattaforma GROOVER, i nostri feedback e le nostre impressioni sugli artisti emergenti presi dalla scena indipendente mondiale.

Fireflies è un singolo d’atmosfera. Lascia scivolare via i pensieri e ascolta la voce soffusa di Wayne Tennant

Wayne Tennant è un artista, songwriter e producer. Nel 2015 ha fatto il suo debutto come solista producendo l’album Life in a minor key. Ora è tornato sulle scene con il singolo Fireflies!

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Opinioni

La sensazione immediata che si ha ascoltando il singolo Fireflies è che sia il risultato delle influenze soul e R&B dell’autore. Mi ricorda particolarmente la voce e la musica di Florence and the machine per via della voce avvolgente e dell’aspetto magico del pezzo e del videoclip.

Le parole cantate da Wayne rendono alla perfezione il concetto di sogno, purtroppo tormentato da delle lucciole impossibili da toccare e accecanti. La luna, i pianeti, le lucciole nella foresta che sembra incantata e le lucciole tutt’attorno alle persone che, piene di gioie, si muovono quasi se stessero galleggiando nel mondo: questo è quello che possiamo vedere nel videoclip, del singolo Firefleys, creato con l’idea di trasportare lo spettatore in un mondo magico e felice.

videoclip

Conclusioni

Con il suo testo Wayne Tennant vuole raccontare del mondo in maniera positiva invogliando chi ascolta a trattenere con forza i sogni, un po’ come si fa da bambini con le lucciole nei barattoli di vetro. L’autore ha pensato che questo singolo possa essere fonte di speranza per tutte le persone che adesso si sono lasciate sopraffare dagli avvenimenti di questi ultimi mesi.

Fireflyes è un singolo dalle sonorità intense e dal testo originale. Wayne Tennant ha una voce passionale che riesce a esprimere al meglio in questo pezzo. Lo definirei un singolo da ascoltare in solitudine o con una persona speciale perché mi dà l’idea di qualcosa di intimo, non condivisibile con chiunque.

Buon ascolto!

Il nuovo singolo de I Segreti: Lei e noi

I Segreti – Lei e noi

I Segreti sono tornati! Lei e noi, il nuovo singolo prodotto da Simone Sproccati, è fuori dal 10 luglio. Ma chi sono I Segreti? Li abbiamo raccontati, un anno fa, all’uscita del loro disco d’esordio Qualunque cosa sia.

Musica catartica

Musica catartica quella de I Segreti. Delicata, ti avvolge, pare darti la soluzione alla malinconia di questi tempi bui. Il singolo è una lettera ad una bambina, Marta. Più che una lettera è un video, inviato in chat direttamente dalla band. Il motivo? parlare alla bambina che sarà presto adulta e farle promettere che resterà sempre così, che non si farà imbrogliare nella rete del cinismo della paura di fare, di amare. Gli adulti che vivono gli amori da adulti hanno nostalgia degli amori puri di quando si è in tenera età e vorrebbero proteggere la purezza di Marta, la bambina che non prova rancori, che non sa ancora cosa voglia dire avere rimpianti.

Che bello vivere senza voltarsi mai.



Dal testo Lei e noi

Su questa musica oscenamente pop, per citare Francesco Bianconi, I Segreti lanciano il messaggio, un po’ un memo per gli adulti, anche per loro stessi, di non lasciarsi sopraffare dalla cruda realtà e combatterla, un po’ come fa Emanuele Santona, bassista della band, che nel videoclip, con una katana in mano, sfida il vento. Parlando del videoclip del singolo Lei e noi, diretto da Mhårra Studio, c’è un continuo rimando ai giochi e in generale alla purezza dell’infanzia, in contrasto con l’adesso immortalato dalle sigarette, accese una dietro l’altra, di Angelo Zanoletti, voce, tastiera e synth de I Segreti.
É una richiesta diretta a Marta, bambina presa in riferimento che metaforicamente può rappresentare ogni bambino anche chi all’anagrafe non lo è più ma quotidianamente manifesta la sua purezza nelle sue azioni, nelle sue parole.

Faccio affidamento alle parole de I Segreti e vi do lo stesso consiglio che danno loro a chi, come loro, ha nostalgia dell’infanzia. Parlate con il bambino che è dentro di voi, fatevi questa promessa:

Marta non cambiare mai […] questo mondo è vecchio e a pezzi sai […] ama tutti come vuoi





testo Lei e noi

Buon ascolto!

“Precipitare” dall’Apice, che significa?

No, non stiamo per cercare una risposta. Stiamo trovando la domanda che si nasconde nel nuovo singolo di Apice “Precipitare”. Un brano che ha il sapore e il potenziale di un inno generazionale, con interrogativi soffusi, personali ma condivisibili.

Un brano che ha le stesse sfumature del mare al tramonto, del momento in cui la luce del sole si fa onda e precipita come quei discorsi che la corrente porta via.

“Precipitare”

Ascoltare questo singolo significa colorare la malinconia e lasciarsi “Precipitare” in sensazioni inevitabili e forse recondite. A vostro rischio e pericolo.

“Precipitare” è un termine che ha molte sfacettature. Non è necessariamente legato ad un’accezione distruttiva. Forse precipitare è anche un modo per conoscere il buio e imparare a orientarsi meglio.

Apice ci racconta con inedita forza e sensibilità il suo modo di affrontare le cadute. Che per un cuore disordinato non sono altro che un’occasione per vivere di più.

Ma chi è Apice?

Manuel Apice, in arte “solo” Apice è un artista dalla malcelata emergenza espressiva. Del resto ci aveva già raccontato del suo “Beltempo” nel suo album d’esordio per La Clinica Dischi.  Il cantautore ligure classe ’95 mette in musica il giusto connubio tra silenzio di una generazione un po’ dispersa e voglia di farsi ascoltare.

Noi di Indielife abbiamo chiacchierato con lui per saperne di più!

Guarda il video dell’intervista!

“Chissà come si riesce a non vivere più

(dal brano “Precipitare”)

Fonte: Worilla Press&Promotion

Instagram: Apice, Indielife

The Antipøp Mvmt – 17

The Antipøp Mvmt – 17

La recensione di un nuovo artista arrivato alla nostra redazione tramite la piattaforma GROOVER, i nostri feedback e le nostre impressioni sugli artisti emergenti presi dalla scena indipendente mondiale.

Il progetto The Antipøp Mvmt con il brano 17 ci racconta con grazia le esperienze di un amore LGBT. Le sonorità sono fresche ed energiche di chiara impronta Dark Pop.

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Opinioni

Il brano del progetto The Antipøp Mvmt, 17 è sicuramente una ventata di aria fresca è ci racconta con grazia le esperienze LGBT. Nonostante siamo nel 2020, per certi versi sono ancora un tabù e spesso non vengono valorizzate come dovrebbero. Ho semplicemente trovato geniale gli effetti psichedelici all’interno del video che richiamano la bandiera del mondo omosessuale. Il video girato prevalentemente in piscina trasmette una certa pace e tranquillità, ma allo stesso ti cattura e ti porta all’interno della scena.

Sul sound del brano ho riscontrato soprattutto pregi. Le sonorità Dark Pop danno la giusta carica e grinta al pezzo, il testo non è mai banale e impreziosisce la canzone dandole narrazione ed espressività. Le chitarre elettriche si accompagnano perfettamente con tutto il resto amalgamandosi con voce e ritmica.

Conclusioni

In conclusione il progetto The Antipøp Mvmt con 17 è sicuramente da tenere d’occhio. L’unico neo che posso riscontrare in questo brano è forse una mancanza di espressività vocale che si riscontra soprattutto verso il finire del brano. Nonostante ciò è un brano che definisco orecchiabile e che viene aiutato dalla narrazione del videoclip e dalla presenza scenica dell’interprete e autrice Ophelia X.

Il brano 17 si può ascoltare con piacere sia durante un lungo viaggio in macchina, sia quando si cerca una canzone con brio da ascoltare in casa, magari durante i momenti di relax per caricare le batterie da una lunga giornata stressante. Il sound Dark Pop infine, evoca quel senso di voglia di libertà propria di quei diciassette anni che tanto sono narrati nella canzone. L’obiettivo narrativo ed evocativo che questo brano si propone di raggiungere è stato centrato.

Foto in evidenza dalla pagina di Facebook di The Antipøp Mvmt

Faccio tardi pure oggi: il nuovo singolo di Neno

Lo abbiamo conosciuto ad Amici 19 come Stefano e ora, sotto il nome di Neno, ripropone un singolo dal titolo “Faccio tardi pure oggi”. Un groove ipnotico che ripercorre l’evoluzione dei sentimenti in un rapporto di coppia, soffermandosi sulla fine di una storia. Un epilogo che porta alla confusione fatta di rimpianti, speranze e consapevolezze. “Se questo amore è un ascensore, io non so più se scende o sale” è una delle frasi del brano che richiama un disordine interiore che molto spesso si sofferma nelle pieghe più nascoste della nostra anima.

Il brano è disponibile su tutte le piattaforme digitali raggiungendo i 30.000 stream solo nella prima settimana dalla sua pubblicazione. Ne abbiamo parlato proprio con lui.

Ti abbiamo conosciuto ad Amici come Stefano. Come mai questo cambio di nominativo con Neno? Ha un significato particolare?
Neno è un soprannome che ho sin da bambino, l’ho scelto come nome d’arte quando ho pubblicato il primo singolo “Inadeguato”, l’estate scorsa. Durante il percorso di Amici ho deciso di non utilizzarlo.

Cosa ti è rimasto dell’esperienza di Amici e come ti ha cambiato il programma? Purtroppo non sei arrivato alla finale, ma sono sincera, ci speravamo in tanti che tu arrivassi.
Sicuramente Amici è un percorso che porta ad avere più consapevolezza dei propri mezzi. E’ comunque un’esperienza formativa importante sia dal punto di vista umano che dal punto di vista artistico. Sono anche contento di aver incontrato tante belle persone con cui ho condiviso quest’avventura.
Sinceramente mi sarebbe piaciuto arrivare al serale per avere la possibilità di cantare davanti a tanta gente e duettare con artisti importanti, però visto come sono andate poi le cose, sono contento di quello che è stato.

“Vorrei sentirti dire piano t’odio, ma ho solo silenzio intorno”. Questa è una frase che si ascolta durante il ritornello, simbolo di una storia ormai andata male. C’è un’ispirazione specifica dietro questa canzone?
Scrivo canzoni partendo, quasi sempre, da esperienze vissute. Questo è un brano a cui sono molto legato perché l’ho scritto in un momento particolare della mia vita, pertanto quando lo ascolto mi fa tornare in mente molte cose.

Descrivi nel brano una giornata che vorresti portare al termine nel più breve tempo possibile perchè ricca di dolore dettato appunto dalla fine della relazione. Come mai il titolo al singolo “Faccio tardi pure oggi”? Cosa significa?  
Faccio tardi pure oggi è probabilmente la frase più emblematica del testo, è una frase che per me ha molto  significato. Da una parte mi riporta al momento in cui l’ho scritta, perché era notte, stavo tornando a casa e volevo solo andare a dormire, e dall’altra mi ricorda tutte quelle volte che sono arrivato in ritardo agli appuntamenti, alle cena. Mi fa vivere ancora un po’ quella storia.

Quali sono i tuoi progetti futuri? 
I progetti futuri li stiamo costruendo passo passo, sono molto contento perché nonostante un po’ di fatica iniziale stiamo costruendo un bel team di lavoro. Spero di poter far sentire presto nuova musica.

Lasciamoci con un augurio!
Mi auguro che il 2020 continui meglio di come è iniziato.

foto dell'album

Ascolta il brano su Spotify: https://open.spotify.com/album/0on8MZngyNDVDbHHZf6e5X?si=PhzWIBtlRY6TiRMHvICYGg

SadoSan – Guard Cancel

SadoSan – Guard Cancel

La recensione di un nuovo artista arrivato alla nostra redazione tramite la piattaforma GROOVER, i nostri feedback e le nostre impressioni sugli artisti emergenti presi dalla scena indipendente mondiale.

Guard Cancel è il nuovo singolo del rapper SadoSan. Il Brano cerca di unire l’espressiva dei suoi cittadini alla grande potenza espressiva.

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Opinioni

Guard Cancel è un brano dalle tipiche sonorità Rap e Hip Hop. La melodia è ben realizzata e senza particolari fronzoli, e il sound pulito trasmette una potenza espressiva difficile da trovare in questo genere. Ho apprezzato molto dal punto di vista musicale questo continuo riferimento ai rumori urban che rimandano al caos delle grandi città, che si sono ben amalgami con il mix sonoro.

Nonostante ciò devo dire la verità. Il brano pur essendo ben fatto, manca di originalità. Mi è sembrato di sentire cose già viste, sia dal punto di vista del testo che musicale. Si poteva quindi osare su un brano che comunque ha una base buona, ma a mio avviso non è abbastanza per distinguersi dalla massa. Anche sull’audio si poteva lavorare maggiormente, magari dando spazio ai bassi che in questo brano potevano essere esaltati.

Sadosan Guard Cancel – Conclusioni

In definitiva, il brano di SadoSan Guard Cancel è gradevole, e si può tranquillamente ascoltare durante un viaggio in macchina come a casa, durante una festa tra amici. SadoSan è un artista da tenere in considerazione, che sicuramente farà strada.

Aggiungo infine una nota positiva è l’inizio del brano, molto elegante e delicato, che dà al brano un tocco elegante e raffinato. Molto curiosa è la scelta di far durare il brano poco più di un minuto che è comunque interessante, vista il poco tempo che si ha nella fruizione dei contenuti ormai diventati sempre più veloci. Un brano quindi che si pone con semplicità e trasmette il suo messaggio senza particolari pretese.

I diritti della foto in evidenza appartengono alla Pagina Facebook di SadoSan