La recensione di un nuovo artista arrivato alla nostra redazione tramite la piattaforma GROOVER, i nostri feedback e le nostre impressioni sugli artisti emergenti presi dalla scena indipendente mondiale. Oggi parliamo del brano di Alessio Gaviano Uomo Ragno.
L’uomo ragno è un pezzo chill, da ascoltare al tramonto senza pensieri, una ballad romantica con un testo dolce. Un amore finito che diventa musica.
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Opinioni
Alessio Gaviano in “Uomo Ragno” ci ha proposto un brano diverso dagli altri. Devo dir la verità: se non avessi ascoltato il brano, il titolo mi avrebbe fin da subito evocato quell'”hanno ucciso l’uomo ragno” portato al successo dagli 883 nel 1992. In effetti, i riferimenti a questa iconica canzone non mancano, tanto da citarla più volte nel corso della canzone. Fin da subito la melodia del brano, mi trasmette calma e serenità. La voce è gradevole è graffiante al punto giusto e ben si integra con le sonorità della canzone.
Se devo trovare dei nei all’interno del brano, alle volte la ritmica risulta un po’ ripetitiva, inoltre nel cantato sarebbe stato meglio scandire in modo più preciso le parole, senza troncarle eccessivamente. Nonostante ciò l’insieme nel brano risulta gradevole e ben amalgamato. Ho apprezzato inoltre il testo che ritengo molto poetico nella sua semplicità e impreziosisce il brano.
Conclusioni
Nel complesso è un brano veramente ben fatto e molto orecchiabile. Quello che ho apprezzato è la dolcezza del brano di Alessio Gaviano – Uomo Ragno, unito alla melodia delicata e senza fronzoli che ti riporta immediatamente indietro in quei periodi nostalgici della tua vita, dove la massima soddisfazione era registrare le canzoni preferite alla radio, nell’attesa di catturare quel brano che ci faceva battere il cuore.
Il testo stesso del brano, del resto, è un invito alla semplicità, ai momenti spensierati della nostra vita. L’immagine dell’uomo ragno sopra l’altalena raffigura tutto ciò che di bello rappresenta la nostra fanciullezza. Un super eroe che cerca di salvare il mondo, la continua voglia di giocare e divertirsi senza pensare alle preoccupazioni che poi si sarebbero fatte sentire dall’adolescenza in poi. Un modo per tenere viva quella voglia di continuare a godere delle piccole gioie della vita, nonostante il tempo passi.
La recensione di un nuovo artista arrivato alla nostra redazione tramite la piattaforma GROOVER, i nostri feedback e le nostre impressioni sugli artisti emergenti presi dalla scena indipendente mondiale.
Not mine è un pezzo folk contaminato da sonorità pop ed elettroniche. Un brano da ascoltare ad occhi chiusi, lasciandosi trasportare.
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Opinioni
Metò, nome d’arte di Olivier Côté-Méthot, è un artista francese. “Not Mine” è un brano in inglese, in cui Metò lascia andare la sua splendida voce in una musica che è a metà tra il pop-rock e la folktronica.
Anche se il testo ci fa pensare a una delusione, allo sfogo di qualcuno che si sente perduto, la musica sembra riportarci in alto, donando la forza necessaria a proseguire, ad andare avanti.
“Not Mine” di Metò è un brano che trascina, che resta impresso nella mente senza essere banale o commerciale. Mi ha colpita subito, fin dalle prime note, e mi ha fatto venire immediatamente voglia di riascoltarlo. L’unico piccolo difetto è il fatto che manchi di un vero e proprio momento di apertura, ma tende a essere sempre uguale.
Conclusioni
Not mine nel complesso è un pezzo ben fatto, che mostra una certa conoscenza della materia da parte del suo autore.
Metò è quindi un’artista davvero molto interessante e da non perdere di vista.
La recensione di un nuovo artista arrivato alla nostra redazione tramite la piattaforma GROOVER, i nostri feedback e le nostre impressioni sugli artisti emergenti presi dalla scena indipendente mondiale.
“Sham” è il nuovo brano di Panaviscope, progetto musicale di Alex, che scrive e arrangia i suoi testi.
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Opinioni
Il brano “Sham” dell’artista Panaviscope è caratterizzato da un ritmo tipicamente pop-psichedelico. All’inizio è molto piacevole, ma in seguito diventa un po’ ridondante. Certo, la traccia è cantabile anche dopo averla ascoltata perchè la linea melodica non è molto complicata; ma manca una conclusione che riesca a sorprendere.
Nel complesso il brano potrebbe richiamare per certi aspetti le sonorità dei Tame Impala. Quindi lo stile è niente male.
Conclusioni
Il brano “Sham” aggancia l’ascoltatore, portandolo a voler indagare su altri brani dell’artista.
Intervista a StereOID: ascoltare la musica con la mente, ma anche con il cuore
Gli Stereo Oid, sono un gruppo decisamente fuori dagli schemi. Ascoltando il loro brano, non sentirai i soliti suoni che siamo abituati ad ascoltare di solito. Producono musica sperimentale che fa l’occhiolino alla musica generativa figlia degli studi fatti da John Cage e Brian Eno. La loro è una musica elettronica che ti invita non solo ad ascoltare la musica, ma anche a sentirla con i cinque sensi. Noi di Indielife abbiamo abbiamo fatto un’intervista a Luca Norma degli StereOID, batterista e percussionista del gruppo per parlarci di questo loro progetto.
L’intervista
Ciao Luca. Grazie per questa intervista e benvenuto su Indielife. Su YouTube avete pubblicato tre nuovi singoli che fanno parte di una live set, vale a dire Anima Zero, Anima Uno e Lybia. Parliamo di brani che ti invitano ad ascoltare non solo con la mente, ma anche con il cuore e, in un certo senso ad esplorare la musica come strumento sensoriale (suoni, rumori ecc.). Mi puoi parlare di come è nato il vostro progetto?
Innanzitutto siamo: io che suono batteria, drum machine e percussioni e il chitarrista, che oltre a suonare la chitarra suona anche il basso ecc. Ci conosciamo da tantissimi anni, perché abbiamo studiato insieme alle superiori, quindi sono almeno 10 anni che siamo amici. StereOID, è nato un po’ per caso, tra una prova e l’altra nel 2018. Il nostro è un progetto Homemade, molto casalingo. I pezzi che creiamo sono il frutto delle nostre sperimentazioni.
Intervista agli StereOID Anima Zero e Anima Uno
Anima Zero e Anima Uno: parlami un po’ cosa ti richiamano questi brani e quale è stato il motore che vi ha portato a creare questi due brani. In Anima Zero, se non ricordo male, esplorate un’anima in continua ricerca…
Anima Zero, è sicuramente il singolo un po’ più etereo e che, a differenza degli altri due brani ha un filo conduttore oltre che un testo. Ci siamo avvalsi della collaborazione di un cantante nostro amico che si chiama Luigi che ci ha prestato la sua voce. Insieme, abbiamo buttato giù qualche idea pensando su cosa potesse essere l’anima vista come concetto astratto. Il risultato è stato il testo contenuto in questo brano. Questo testo, non ha un significato preciso, ma è un insieme di pensieri, sensazioni, emozioni.
anima zero e anima uno tra terra e cielo
Anima Uno è l’opposto ed è più incentrata sulla musica suonata ed elettronica. Possiamo dire che è un brano più freddo con suoni più metallici a differenza di Anima Zero che trasmette delle sensazioni più calde. Abbiamo giocato sul rapporto tra lo 0 e l’1, che è il contrasto per eccellenza, anche nelle varie mitologie.
Intervista agli StereOID: il ruolo di 0 e di 1
Lo 0 e l’1 sono anche il codice binario informatico e richiama al vostro modo di fare musica che io definisco generativa. Come la produzione digitale contribuisce nel vostro lavoro musicale?
Noi utilizziamo dei Software che sicuramente ci aiutano nel produrre musica elettronica. Pensiamo che ad oggi, siano praticamente indispensabili e imprescindibili.
Siamo però anche persone abituate ad ascoltare musica analogica. Siamo cresciuti con le cassette e con i vinili e non escludiamo sicuramente questo approccio.
Attualmente, la nostra ricerca e prettamente elettronica ed è fatta di sperimentazione e soprattutto di ricerca della perfezione sonora.
Intervista agli StereOID: la ricerca sonora
Cosa cercate in particolare quando riproducete un suono? è una cosa che pensate oppure vi lasciate trasportare dal caso, dalle emozioni che vi suscitano in quel momento?
Diciamo che è un 50/50. Come ti dicevo questi pezzi sono nati dalle sperimentazioni e non c’è nulla di scritto. E’ tutto partito dalle sperimentazioni, da delle suite infinite di recordings durate anche notti. Abbiamo preso poi quello che ci piaceva di più e abbiamo messo insieme i nostri pezzi che vorremmo portare poi in giro, fare delle live set aggiungendo poi delle transazioni sonore.
Questo è quello che ci spinge a continuare: creare delle sensazioni. Non escludo l’utilizzo di visual, di profumi e di installazioni. Si tratta di un concetto un po’ atipico, soprattutto a Napoli e in Campania dove viviamo.
Intervista agli StereOID: Lybia
Parlami di Lybia: è un suono che, come dice il nome, ha delle sonorità che ti riportano al deserto, al caldo, ad un sound che per me è avvolgente. Ci sono tutta una serie di sensazioni che ti catapultano in questi ambienti “Tropicali”. Come è nato questo brano?
Parto parlando dell’artwork. Abbiamo collaborato con Vincenzo Noletto, un fotografo di Napoli. Tutto è nato da un suo viaggio in Kenya e ha donato due foto. Quella di Anima Zero e quella di Lybia. In Anima Zero, si vede il mare e il cielo, mentre nella foto di Lybia si vede il fuoco e il deserto. Ovviamente, Anima Uno è la natura. Siamo molto legati a questi tre aspetti del contrasto naturale per eccellenza.
Lybia paesaggio infuocato
Lybia è sicuramente il pezzo più “caldo”. C’è più terreno, più fuoco, quindi volevamo trasmettere questo aspetto. Abbiamo “preso” dei canti delle tribù degli Zulù e altre tribù africane e le abbiamo inserite nel contesto musicale. Quindi è nato questo miscuglio che ha portato ad utilizzare sia i canti africani, che delle tonalità molto più percussive. Ci è piaciuto molto. Lybia è “la mia preferita” e anche il video cerca di trasmettere queste atmosfere, queste ambientazioni. Anche il contrasto tra le tribù e altri aspetti che in Africa sono forti.
Il primo approccio con la musica
Faccio delle domande più personali. Quale è stato il tuo primo approccio con la musica? Come mai hai deciso di approcciarti a questo mondo e di produrre questo tipo di musica?
Personalmente, sono cresciuto nella musica e provengo da una famiglia, propriamente non di musicisti, ma tutti più o meno suonano qualche strumento. Mio padre ad esempio, suona il pianoforte, le tastiere ecc. Sono partito dai Pink Floyd per poi arrivare agli Radiohead e poi man mano cose più complesse fino ad arrivare all’elettronica. Alla musica elettronica, mi sono approcciato un po’ più tardi. Sono passati più o meno 5 anni da quando ho iniziato a suonare questo genere. Mi basavo molto sui beat, sui Groove. Ho campionato molti progetti. Ho affrontato più aspetti musicali e più generi. Adesso devo dire che mi piace questo ambiente elettronico e cerco anche di sfruttarlo con la batteria, soprattutto creando dei beat e suonandoci sopra.
Invece con Domenico, siamo cresciuti insieme ascoltando i Red Hot Chili Peppers, poi i Pink Floyd e poi ci siamo “sposati” nel suono insomma.
Gli artisti che hanno ispirato Luca
Tra questi artisti che mi hai citato, ce n’è uno in particolare al quale ti sei ispirato?
Non ce n’è uno in particolare, perchè per me è stata una continua ricerca. C’è stato un evolversi di diversi aspetti. Ad esempio io sono molto legato al Prog Rock come i Cream, i Genesis e includono anche le varie influenze come i Red Hot, musica elettronica e suonata ecc. In definitiva, non mi precludo niente, anzi cerco ancora di imparare.
il videoclip completo della canzone Lybia
Vorrei imparare soprattutto dall’Africa, dall’Afro-Beat e dalle nuove sonorità provenienti dalle etnie. Mi piacerebbe tantissimo fare questa cosa. Come puoi vedere, Stereo Oid, è un agglomerato di tutto, un genere stranissimo molto particolare, molto di nicchia che non è solo elettronica, ma anche ambientazione, c’è di tutto.
I progetti nel prossimo futuro
Hai dei progetti in cantiere nel prossimo futuro che ci potresti anticipare?
In questo momento abbiamo concluso altri tre singoli, quindi vorremmo portare più live set in giro, anche girando con la macchina creando dei “live set per strada” e suonando. Magari mettendo delle casse senza particolari pretese. Abbiamo inoltre fatto delle call per alcuni festival. Siamo quindi in fase di organizzazione per quello che riguarda il lavoro delle live. Per adesso, abbiamo lavorato sempre in studio e fatto delle registrazioni. Questo è il progetto a breve termine.
Intervista agli StereOID: altre curiosità
Una curiosità: come mai lanciate sempre tre brani alla volta? Mi puoi spiegare questa scelta?
Come ti dicevo Stereo Oid è nato come un progetto live, ma non volevamo creare il solito progetto. Volevamo creare delle cose che fossero immediate. Ne uscivano dei pezzi da mezz’ora o da un’ora e quindi perciò dovevamo dividere questi brani in sezioni da almeno tre o cinque pezzi. La nostra filosofia è quella di far uscire sempre tre brani. Mai un singolo soltanto, perché per noi è impossibile. Se vai a vedere i lavori precedenti, troverai tre suite musicali da 30 minuti ciascuna che si intitolano “I listen to everything: parte I-II-III”. Anche questo è una nostra particolarità.
Diciamo quindi che è una scelta che condiziona la durata, quindi dei brani più facili da ascoltare e fruibili dal pubblico. A me viene in mente che un video lungo su YouTube difficilmente una persona ascolta tutti e 30 i minuti…
è una scelta anche per attirare l’attenzione dell’ascoltatore e per capire se è veramente interessato o meno. Essendo un digital specialist sono fattori che ricerco spesso. Capire come reagiscono gli spettatori a queste innovazioni, a queste atmosfere…
Se siete curiosi di ascoltare questa live set ecco la playlist disponibile su Spotify
Si intitola “Giorno Zero” il brano d’esordio di Liliana Fiorelli, rilasciato lo scorso 26 giugno in esclusiva su Spotify.
In realtà Liliana Fiorelli è un’attrice, conosciuta sul web per aver interpretato il ruolo di Ponente (imitazione di Levante) negli sketch del duo comico Le coliche. Inoltre Liliana ha lavorato per il cinema e la televisione (Mai dire Talk con la Giallappa’s Band su Italia 1 e Quelli che il calcio su Rai 2).
“Giorno Zero racconta il primo passo per conquistare ciò che amiamo. Il momento in cui scegliamo di seguire il nostro istinto, di cambiare abitudini, di partire solo andata. L’inizio della nostra felicità.” Così Liliana definisce il suo primo singolo.
“Giorno Zero” è una canzone fresca, estiva. Una canzone da ballare al tramonto, a piedi nudi nella sabbia con un cocktail in mano. È un brano “orgogliosamente pop“, in cui l’ukulele è accompagnato da sfumature beat anni ’80 / ’90.
Nelle prossime settimane verrà rilasciato anche il videoclip ufficiale del brano, per la regia di Giacomo Spaconi.
Qui puoi ascoltare “Giorno Zero”, il brano d’esordio di Liliana Fiorelli:
The Last of Us Part 2: Sopravvalutato o Spettacolare?
Sono passati diversi giorni dall’uscita del tanto atteso nuovo titolo di Naughty Dog che avrebbe dovuto occupare gli scaffali, e gli store multimediali, già dal 21 Febbraio del 2020 ma a causa del Covid-19, la data di rilascio ha subito uno slittamento che ha visto il lancio di The Last of Us Parte 2 solo il 19 Giugno del 2020.
Come si capisce già dal titolo non si tratta di una nuova IP Sony ma dell’attesissimo seguito di quello che per molti è considerato un vero e proprio capolavoro, un titolo che vanta ben 204 premi a carico, diventando così uno dei videogiochi più premiati della storia. Uscito, neanche a farlo apposta, per Playstation 3a giugno del 2013 e si sta ovviamente parlando di The Last of Us.
La forza incredibile che questo primo capitolo ha saputo dimostrare può essere racchiusa sotto molti aspetti: innanzi tutto fu uno degli ultimi videogiochi a sfruttare a dovere la terza incarnazione della Playstation, in quanto solo nel novembre 2014 sarebbe uscita la allora nuova console sony dell’epoca: La Playstation 4. The Last of Us non ha nulla da invidiare per quanto riguarda il comparto grafico, ai primi titoli pubblicati per la “next gen”.
Inoltre i fan vennero letteralmente colpiti e sconvolti dalla potenza narrativa che questa opera ha saputo trasmettere grazie ad una trama ben strutturata, immersiva, accattivante ed emozionante: un vero e proprio film interattivo correlato da musiche ed ambientazioni che hanno strappato ogni sorta di emozione possibile: gioia, tristezza, terrore, spensieratezza, dolore. Insomma un tutto tondo di feels che sono rimasti scolpiti nel cuore e nella mente di coloro che, successivamente, sarebbero diventati dei veri e propri fan del brand.
Ricordiamoci il primo The Last of Us
Per parlare di questo secondo capitolo, senza nessuno spoiler a riguardo, bisogna però comprendere un minimo la trama del primo: Joel è un uomo che perde la figlia Sarah cercando di scappare insieme al fratello Tommy durante lo scoppio di un epidemia dovuto ad un fungo parassita chiamato Cordyceps che intacca il cervello di chi viene infettato, rendendoli dei veri e propri mostri.
Dopo un salto temporale di 20 anni, ritorniamo nei panni di un Joel profondamente cambiato, un contrabbandiere freddo e cinico che prenderà in carico Ellie da Marlene: La prima è una ragazza che risulta essere immune al contagio degli infetti, essendo stata morsa e non riscontrando nessun segno proprio dell’infezione, mentre la seconda è una donna a capo di un gruppo chiamato Fireflyes ( in italiano passato come “Luci” ) che sperano di poter trovare una cura utilizzando proprio la giovane Ellie.
Non voglio dilungarmi oltre per quanto riguarda il primo capitolo del brand che, a mio avviso, rimane una pietra miliare della storia videoludica e che andrebbe assolutamente giocato da ogni videogiocatore.
Vale la pena comprare e giocare la parte due di questa vicenda?
Per prima cosa ci tengo a sottolineare che questi sono pareri esclusivamente soggettivi e che, essendo a 20 ore di gioco totali, posso esporre con maggiore chiarezza per farvi capire la mia opinione a riguardo.
Il gioco vero e proprio, secondo me, non offre queste grandissime innovazioni di gameplay rispetto al titolo precedente: Abbiamo la possibilità di far nuotare Ellie, che nel primo non ne era capace, così come è stato implementata la funzione di salto per arrivare a punti della mappa altrimenti irragiungibili. Una buona innovazione, invece è la possibilità di entrare negli edifici da vie secondarie quando troviamo una porta chiusa e, in genere, veniamo anche ricompensati con scorte, cassaforti da aprire o collezionabili da recuperare.
Aspettative: Gameplay o trama?
In tutta onestà non è l’innovazione nella giocabilità il punto focale che che stavo cercando in The Last of Us Parte 2.
Una trama emozionante, che ti faccia comprendere come l’umanità si stia sviluppando nei confronti di un epidemia a cui non c’è una soluzione: le emozioni, le sensazioni che i due personaggi giocabili della storia, Ellie ed Abby, provano durante tutto il viaggio che hanno da intraprendere. Le motivazioni, i pensieri, i sentimenti ed i rapporti che le due protagoniste possiedono nei confronti dei loro comprimari, degli amici, dei conoscenti.
L’ascendente che questi hanno sulle due ragazze che può essere compresa maggiormente, a mio avviso, solo quando abbiamo un quadro più generalizzato della storia, del viaggio che entrambe compiono e che per certi versi appare come diametralmente opposto.
The Last of Us Parte 2 è un titolo pieno di sentimenti, positivi e negativi a cui il giocatore deve andare incontro e lasciarsi trasportare, qualche volta capendoli e qualche volta storcendo il naso per il disgusto, com’è giusto che sia perché è questo che la vita reale fa: il titolo ti mette davanti a scelte, da entrambi i punti di vista che possono essere discutibili, capite e condivise in base a come viene interpretato un determinato accadimento ai fini della storia.
Acquistarlo o no? Il parere dell’utenza
A mio avviso è un titolo che, a prescindere da come si svilupperà, deve essere giocato per poter capirne la vera essenza e non basta vedere dei gameplay o fermarsi ai leak usciti qualche mese prima del rilascio per poterne dare un giudizio vero e proprio. Questi però, sono i miei pareri estremamente personali e soggettivi, da un fan della saga che non è rimasto assolutamente deluso dal prodotto di Sony e Naughty Dog.
Secondo l’utenza, invece, e più precisamente secondo chi ha potuto scrivere la propria opinione su Metacritic, sito americano dedicato alle recensioni di ogni genere ( Musicali, cinematografiche, videoludiche ) il lavoro svolto dal team di sviluppo non meriterebbe nemmeno un 5, per essere precisi a poche ore dal rilascio del videogioco vi è stata una vera e propria bombing review negativa che ha visto fioccare voti come 0, 1 e 2 portando, di fatto, il valore dell’utenza ad uno scarsissimo 3.
Io non credo che le centinaia, se non migliaia, di commenti dell’utenza vengano da chi ha avuto la possibilità di esperenziare il titolo ma, molto più probabilmente, giungono da quel bacino di persone incappate nei leak decontestualizzati e che hanno rovinato irrimediabilmente il loro metro di giudizio. Non voglio neanche soffermarmi a tutti quei commenti negativi relativi ai gusti sessuali della protagonista perché evidentemente nessuno ha giocato il DLC Left Behind, a quanto pare.
Così come non mi soffermerò minimamente a commentare chi si sia lamentato delle fattezze di Abby, che viene rappresentata in maniera androgina.
Critiche da evitare
Questi non sono e non devono essere termini di paragone o giudizio ne per quanto riguarda la valutazione di un videogioco ne per valutare l’essenza di una persona. I commenti di quella tipologia dovrebbero essere semplicemente ignorati perché prodotti da mentalità nocive e tossiche. Una soluzione sana sarebbe stata, invece, quella di permettere il voto all’utenza una o due settimane dopo il rilascio del titolo così da scoraggiare chi ha unicamente voglia di lamentarsi, buttare benzina sul fuoco leggendo altri commenti oppure dare semplicemente fiato ad una bocca che dovrebbe avere la compiacenza di stare in silenzio.
Conclusioni
In conclusione per quello che mi riguarda, The Last of Us Parte 2 come ho già accennato prima è un titolo che dovrebbe essere giocato dai fan della saga per poter maturare un opinione personale esclusivamente pad alla mano e non guardando dei gameplay di terzi. Scoprire il mondo e tutto ciò che è cambiato all’interno di esso e vederlo tramite gli occhi di qualcuno che gioca al posto vostro, per me, è una pessima scelta se avete amato il primo capitolo.
Non posso che trovarmi concorde con le votazioni che la critica globale ha donato a questo gioco valutandolo come un 9 pieno senza se e senza ma. Se vi è piaciuto questo video iscrivetevi al canale per rimanere aggiornati con le nuove rubriche future. See you space cowboys!
Il 1 luglio 2020 il Sussidiario illustrato della giovinezza ha compiuto 20 anni. I maturandi di Gomma sono cresciuti, così come i ragazzi de le vacanze dell’83. Ogni storia raccontata in quest’album sembra però non finire mai. Oggi che Francesco Bianconi, “leader” dei Baustelle ha intrapreso un viaggio da solista, questo anniversario sembra più intenso di prima. Nonostante il cambio di rotta sia Bianconi che gli altri componenti del gruppo, hanno dato i loro omaggi all’album. Bianconi ha ricordato così quei tempi:
Ragazzi sono passati 20 anni. “Vent’anni” è quell’espressione che sentivo nominare da ragazzino quando chi li aveva vissuti parlava degli Anni Sessanta. “Vent’anni fa” rispetto ad allora c’erano stati i Beatles, ad esempio. “Vent’anni fa” significava per me epoca antecedente e aurea lontanissima.”
Francesco Bianconi
Bianconi continua poi raccontando il primo anniversario dell’album, la festa, la felicità. Il Sussidiario illustrato della giovinezza, l’album indie-pop, prodotto dall’etichetta indipendente Baracca&Burattini, rimane “vivo e vegeto”, privo di segni del tempo. Nel Sussidiario c’è il new wave degli anni ’80, ci sono gli anni ’60 e ’70, c’è un continuo riferimento al passato che lo rende, paradossalmente, più contemporaneo in questi anni.
Mio padre spera venga sotterranea la modernità…
Dal singolo Sadik
Copertina album
La modernità presente nel disco la si può ritrovare in Sadik nel contrasto tra le diverse generazioni, e in contrasto un po’ con il francese usato nel singolo Noi bambine non abbiamo scelta, una lingua che in quel periodo, quello tra fine anni ’90 e inizio anni 2000, era stata sostituita dalla lingua inglese. L’idea di demodé chansonnier del Musichiere 999 è ovunque: nella voce intensa di Bianconi, nei contrasti tra la sua voce e la candida e straziante, a volte, voce di Rachele Bastreghi.
Il ricordo: chiave del presente
Si vive nel ricordo, nella nostalgia ma anche nell’attesa che settembre arrivi come in Gomma, così come nell’avventura giovanile e nella scoperta dei propri limiti e dell’eros in Cinecittà, con i suoi riferimenti a La dolce vita, Morricone, il sogno mentre l’amore di Io e te nell’appartamento, un singolo che nelle radio, adesso, sarebbe quasi troppo forte per gli ascoltatori, dice così:
Ci prenderemo come i cani. la gente fuori non lo capirebbe mai… […] e ci ameremo come i cani e tu non mi ricorderai negli anni mai.
Dal singolo Io e te nell’appartamento
La canzone del parco è un altro inno ai ricordi, all’amore, alla disperata inadeguatezza e alla ricerca di un senso. Martina è l’intimità dell’essere umano, la fusione di tante delle paure celate anche a sè stessi, dei sentimenti più segreti. Le vacanze dell’83 prosegue questo racconto intimo ma con più leggerezza, raccontando l’adolescenza, le prime volte, come da una cinepresa che si sposta dal passato al presente, annunciato da un registratore che si intoppa e ripete l’ultimo tratto di musica del singolo come se la cassetta si fosse deteriorata.
Senza dimenticare la Canzone del riformatorio un singolo d’impatto che può far storcere la bocca: la violenza sessuale su di una ragazza, Virginia, raccontate dal punto di vista dell’autore di queste.
Riflessioni personali
Le storie scritte dai Baustelle sono piene di passione, è difficile apprezzarne tutti i colori. Da ascoltatrice della loro musica mi sento sempre in difficoltà nel dire la mia sugli album dei Baustelle. C’è da dire che chiunque può ritrovarsi nelle loro parole, ballare i loro brani, piangerli o provare la gioia descritta nel Sussidiario, una gioia bagnata dalla malinconia del ricordo.
Fuori dal 19 giugno 2020 per Giungla Dischi, “Teletrasporto” è il nuovo singolo della band siciliana I Giocattoli. Il brano anticipa il loro secondo album, in uscita in autunno.
“Teletrasporto”, copertina del singolo
Scritto più di un anno fa, quello del “Teletrasporto” è un concetto piuttosto attuale, in un periodo storico in cui la distanza fisica sembra diventare la normalità. Il desiderio di abbattere le barriere emotive e non, in modo autentico e sincero, viene raccontato appunto in questo nuovo singolo firmato I Giocattoli.
Noi di Indielife abbiamo avuto la possibilità di scambiare quattro chiacchiere col cantante Duilio Scalici per curiosare nella storia della band siciliana.
Si è parlato di come la band possa essere risultata quasi visionaria col brano “Fumo Passivo”; che non solo vede il feat. dei Management ma ha un sottotesto utopistico che paradossalmente richiama alla nuova realtà di questo strano 2020.
Lo scrittore brianzolo Enrico Casartelli presenta “Condannato da internet”, un romanzo che tratta di un argomento estremamente attuale, di una piaga sociale che miete vittime ogni giorno e crea disastri irreparabili: il cyberbullismo.
Si tratta di un’opera che fa riflettere. Pur nella negatività dell’argomento trattato, riesce a far scorgere una luce in fondo al tunnel. Leggere per constatare.
Condannato da Internet: Trama
Il romanzo, legato alla nostra contemporaneità, vede come protagonista Marco Rizzi, in arte Nolan, YouTube gamer di grande successo. Grazie al suo lavoro vive ad Aarhus, città portuale della Danimarca, in un contesto e in condizioni invidiabili. Eppure, non tollera la superficialità di un mondo che gli ha tolto molto a livello umano.
Ma per lui le cose iniziano a peggiorare quando un attacco hacker inserisce contenuti pedopornografici in uno dei suoi video. È il caos. Minacce, insulti e una terribile, ingiusta reputazione di fronte all’opinione pubblica.
“Condannato da Internet”: così si può descrivere la condizione infernale in cui si trova non solo il protagonista del romanzo, ma anche altre numerose vittime di cyberbullismo nella nostra realtà sempre più virtuale.
Copertina del romanzo “Condannato da Internet”
“Condannato da Internet” è un romanzo che sorprende, lanciando un messaggio di non-disperazione a chi deve affrontare situazioni di violenza causata esclusivamente da rabbia repressa. Perché la rete non è fatta per rimanerci incastrati.
L’estate è un periodo di transizione che si ricorda con nostalgia all’arrivo dell’autunno. Questo è lo stato d’animo di cui ci parla Gianmarco Cannone, in arte Monorene, con il suo primo singolo Nostalgico prodotto da Matilde dischi all’interno del progetto Maionese project. Ho colto l’occasione dell’uscita del singolo per conoscere Gianmarco sia come artista che come persona in una breve intervista su Skype. Enjoy!
Chi è Monorene e da cosa deriva questo nome inusuale?
Gianmarco Cannone è un giovane artista di origini pugliesi che ha cominciato la sua carriera molti anni fa nell’ambito della musica classica, dietro un pianoforte “Ero chiuso in quell’accademia” dice Gianmarco “e mi sentivo da Dio. Poi ho scoperto che la strada è un’altra cosa. Magari vai a suonare in un posto dove la gente non ti fa l’applauso perché non stai facendo il saggio di scuola e quindi cominci per davvero a capire cosa significa suonare per chiunque”. Gianmarco prosegue dicendo: “É molto facile capire da cosa deriva. É una cosa che ho sempre tenuto nascosto. Sono nato monorene e di questo non parlavo mai con nessuno. In realtà non è nulla di così strano. Io ho deciso di sfidare me stesso e i miei genitori e ho detto <<Io sono Monorene>>”.
Monorene, Foto di Vanessa Francia ph
Quali sono le tue esperienze?
“In Puglia ho avuto la fortuna di entrare in una cover band di trash italiano e reggaeton. Poi mi sono detto: io voglio fare musica mia, voglio gli applausi per una cosa che scrivo piuttosto che suonare Raffaella Carrà”. Tra le tante esperienze Gianmarco ha cantato in diversi cori che lo hanno portato su grandi palchi della musica tra cui Sanremo nel 2017! Anche se lui preferisce raccontarsi così: “Ho suonato in una cover band, faccio reggaeton.” Inoltre nessuno sapeva della sua partecipazione ad eccezione dei genitori: “Non so spiegarti come mio padre è impazzito, si è messo in ginocchio sotto la tv dicendo <<Quello è mio figlio!>>. Mi ha fatto molto piangere ma mi ha fatto capire quanto è importante la tv”.
Quali sono i tuoi riferimenti musicali?
“Non ho un genere musicale che preferisco. Uno può dire <<Se fai questa musica ascolti indie-pop quindi Gazzelle, Frah Quintale…>> sì, li ascolto, ma sono anche molto legato alla musica soul, funky, RnB che in Italia è ancora un po’ più di nicchia, artisti come Ainé, Davide Shorty, i Concerto. Non è detto che quello che fai è solo quello che ti piace. Cerchi il modo più facile, la maniera più semplice, per dire quello che vuoi dire e lo fai come ti viene.” “Niccolò Fabilo sento come un papà della musica, ho sempre sognato che lui possa essere mio padre”. Riguardo le collaborazioni Gianmarco dice: “Mi piacerebbe collaborare con Frah Quintale, con Ainé, queste robe di nicchia. Grandi collaborazioni è un’altra roba, direi Jordan Rakei, Tom Misch e Jorja Smith”.
Parliamo del tuo singolo: perché “Nostalgico”?
“La parola Nostalgico dà quel brivido che penso tutti abbiano provato. Nel testo dico <<I capelli lasciati in macchina dopo una serata>>, i ricordi stupidi, tutte quelle sensazioni che quando finisce tutto rimangono così impresse che ti domandi <<era così bello, perché è finito?>> quindi c’è una nostalgia particolare, un po’ strana che ti lascia con i brividi addosso, che non riesci a dormire la sera.”
Gianmarco prosegue dicendo: “Ho abbinato il testo a una musica più fresca, come se quei ricordi diventassero qualcosa di bello che ti rimane, non più l’ossessione ma un qualcosa che ti lascia felice, tranquillo” sono queste le parole di Gianmarco per descrivere il suo primo singolo risultato del lavoro arduo insieme ai musicisti di Gazzelle, Claudio Bruno e Gabriele Roia. I ragazzi sono stati contenti quando li ho fatti sentire i miei brani e mi hanno detto <<Vogliamo aiutarti>> e ho lavorato con loro”.
Qual è il significato della boccia di vetro nella copertina del singolo?
“Ci abbiamo giocato molto, con Francesca Cascella che mi ha aiutato nella scenografia del video girato in due giorni con Goofy, il gruppo di ragazzi che mi ha aiutato per il video. La boccia si collega a un pesciolino rosso che abbiamo utilizzato. Magari tutti i romani penseranno a Boris, io manco l’ho guardato.” Gianmarco continua dicendo “è molto carina l’idea di collegare questo pesciolino rosso a una persona che rimane da sola con lui e tutte le cose che fa, dal risveglio alla doccia, sono accompagnate dalla figura di questo pesciolino. É molto internazionale come fotografia, come immagine”. “Nella copertina c’è una boccia vuota con un occhio che riprende un po’ la forma di un pesciolino come se questo mancasse, quindi la nostalgia di qualcosa che manca”.
Ci sarà un album?
“Mi fa paura parlare già di un album, vorrei farmi conoscere a pezzettini. In cantiere c’ho già un po’ di canzoni. Magari dopo il 3 singolo faccio uscire un ep di 5 canzoni contenenti già quelle 3″. In questo periodo post lock-down e con le limitazioni imposte purtroppo anche nel settore della musica, è difficile poter parlare di esibizioni live o di pubblicazioni di album. Gianmarco spiega il suo punto di vista: “Io non voglio rischiare, anche perché sono emergente, di far uscire un album che dopo un mese magari la gente si dimentica perché è bombardata da così tante di quelle cose. Aspetto, faccio le cose con calma, tanto le mie aspettative sono tranquille. Ovviamente se succede qualcosa di grande sono super felice, sono il primo a dire <<Grande, sticazzi, so’ forte!>>”.
Adesso tocca a voi! Ascoltate Monorene, lasciatevi trasportare dalla nostalgia!