Mi sono sempre chiesto che sapore avrebbe avuto la normalità, durante i lunghi giorni chiuso in casa. Cosa avrei sentito e percepito, una volta ripreso in mano la mia vita.
Un nemico invisibile ci ha costretti a rimanere nelle nostre abitazioni, ci ha privato degli affetti più cari. Gli aspetti più scontati e insignificanti delle nostre vite, hanno assunto ruoli importanti e gli abbiamo dato il giusto valore, proprio quando ci sono stati tolti. Il pauroso silenzio delle nostre città, aveva un aspetto eterno ma ci faceva paura. Ho passato parecchi momenti seduto in balcone a leggere un libro o ad assaporare il silenzio. Quei saluti quotidiani, a volte inopportuni, dei nostri familiari nei nostri telefoni, quelle chiamate che spesso ignoravamo, perché immersi nel lavoro e nei problemi, ora sono diventate come un bicchiere d’acqua in mezzo al deserto. Preziosi e vitali.
Ho conosciuto una ragazza, abbiamo amici in comune e prima della chiusura totale ci siamo scambiati i numeri. Per due mesi ci siamo scritti ogni giorno, condividendo le nostre paure, i nostri sogni e gli aspetti più strani dei nostri caratteri. Ci siamo affezionati l’uno dell’altro, passando dai messaggi, ai vocali sempre più lunghi e finendo alle chiamate. Ironia della sorte, non ci siamo mai visti di persona. Solo qualche foto rubata dai social. La normalità è ripresa del tutto da ormai una ventina di giorni.
Abbiamo ripreso in mano la frenesia delle nostre giornate, il nervosismo al lavoro, ma qualcosa è cambiato. Questo virus ha cambiato il nostro approccio verso il mondo e mi viene da pensare che non tutti i mali vengono per nuocere. C’è ancora un po’ di paura in giro, chi si gira verso quell’ignaro passante che emette un colpo di tosse. Ma non sono queste le cose belle del nostro cambiamento.
Abbiamo ascoltato il grido d’allarme che Madre Terra ci ha lanciato. Ci ha mostrato come noi siamo vulnerabili e spesso inutili in questo nostro meraviglioso mondo. Senza di noi, la natura si è ripresa i suoi spazi, gli animali si sono avvicinati in posti che prima evitavano. Ed ora che siamo di nuovo usciti dalle nostre case, condividiamo gli spazzi con rispetto. Hanno riaperto i cinema già da una settimana, il prezzo del biglietto è molto basso e noi abbiamo deciso di uscire per la prima volta. Sono sotto casa sua, la musica esce bassa dallo stereo ed io aspetto nervosamente al posto di guida.
In tempi normali non sarei così nervoso, sono già uscito con altre ragazze e stiamo andando semplicemente a vedere un film. Ma quelli che stiamo vivendo non sono tempi normali. Due giorni fa era domenica e sono andato a pranzo a casa di mia sorella. I miei nipoti, dopo quattro mesi che non li vedevo, mi sono saltati addosso commossi. Avevo gli occhi lucidi anch’io ed ho respirato a pieni polmoni ogni singolo momento. Voglio tornare al mare, sto contando i minuti che mi separano dal prossimo fine settimana, tornerò seduto in spiaggia come facevo prima. Quanto mi è mancato il contatto con la natura. Per andare al lavoro passo in mezzo ad un bosco e spesso dopo il turno, mi fermo con la macchina e respiro l’aria pura per alcuni minuti.
Il primo giorno di lavoro, dopo la ripresa totale, sono partito molte ore prima dell’inizio del turno. Ho accostato la mia macchina e sono rimasto sotto un grosso albero di castagne per non so quanti minuti. Stavo lì seduto senza fare niente, guardavo solamente intorno la natura che mi ignorava e continuava il suo percorso. È stato come rinascere. Perfino la cena veloce, una pizza davanti al computer del lavoro, aveva un altro sapore. Ma il momento più bello è stato quando sono tornato dietro al bancone del mio pub.
Quando mi sono specchiato negli occhi felici dei miei clienti che tornavano al pub come un viaggiatore che torna a casa e ritrova tutto come l’aveva lasciato. Dopo il silenzio assordante, è tornato il chiasso felice delle risate spensierate e degli amori che nascono tra un cocktail e l’altro.
Un altro vecchio blues è terminato nella mia radio, intravedo qualcuno scendere dalle scale ed è lei. Scendo dalla macchina e l’aspetto chiedendomi cosa fare. Dopo qualche secondo d’indecisione, ci viene spontaneo abbracciarci. Sembriamo due persone che si conoscono da una vita, ma è la prima volta che ci vediamo. Gli abbracci, altro aspetto divenuto prezioso nelle nostre vite. Quanto li sottovalutavamo prima e quanto li rispettiamo ora. In macchina ridiamo e scherziamo e ricordiamo i momenti duri, come si fa dopo la tempesta e ci si ferma a guardare l’arcobaleno.
Lo stereo sputa ancora buona musica e noi ascoltiamo, impazienti di tornare ai concerti. L’ultimo tassello che presto cadrà. Dobbiamo aspettare ancora un mese, poi i nostri corpi torneranno a saltare sulle note suonate dalle nostre band. Abbiamo quasi gli stessi gusti e credo che un paio di concerti li andremo a vedere insieme. Parcheggio vicino al cinema, intorno vedo altre macchine e altri ragazzi passeggiare. Fantascienza fino a qualche settimana fa. Intorno al cinema, pub e negozi sono quasi pieni, ci avviciniamo alla biglietteria e prendiamo i biglietti per il prossimo spettacolo. Manca un ora e ci facciamo una passeggiata, assaggiando un paio di panini caldi.
Abbiamo scelto un film comico, una commedia italiana che ha vinto un paio di premi. C’è bisogno di ridere e tanto anche. Stiamo tornando, speriamo migliorati. Ci sediamo sulle poltrone, inizio a mangiare i popcorn che ho comprato e come sempre, li finirò prima dell’inizio del film. Noto un consumo minore dei telefonini. Le persone chiacchierano di più, come succedeva tanto tempo fa. Si sente un disperato bisogno di contatti umani nell’aria. Non ci sembra ancora vero di tornare a vederci, a parlarci e a prenderci in giro.
Sono passati quasi quattro mesi, ma sono sembrati anni. Ora devo salutarvi, hanno spento le luci ed ho finito i miei popcorn.
Sta per iniziare il film.
Clementi Simone
Immagini prese da Google Immagini