LILITH

Daniel si coricò sotto le coperte con ancora la mente turbata e le ultime lacrime che si stavano asciugando lungo il viso. Quel giorno avrebbero compiuto quattro anni di fidanzamento, peccato che quattro mesi prima aveva scoperto che la sua fidanzata coltivava amicizie particolari sul web e nel paese dove viveva.

Ora capiva la frase Mai fare le sorprese durante un fidanzamento, ascoltata in una commedia vista al cinema anni prima. Per tutto il giorno era stato con i suoi amici che cercavano, da quattro mesi, di stargli vicino e di fargli superare quella brutta faccenda. Doveva ammettere che in parte ci riuscivano, ma i problemi subentravano quando doveva rimanere da solo.

La mente lavorava, i pensieri si conficcavano come aghi nel cervello e nel cuore sconfitto di Daniel. Prese sonno dopo altri venti o trenta minuti di rabbia e pianto, si addormentò per la stanchezza. Ma la mente non smette di lavorare, nemmeno durante il sonno.

Si ritrovò in una foresta fitta e buia, sembrava una di quelle foreste che si trovavano dietro il paese natio della sua ex, sui pendii della grande montagna.

Iniziò a camminare cercando di orientarsi in quel mondo cupo di nebbia e umidità. Era inverno e le temperature erano molto basse. Al centro del bosco si estendeva un piccolo sentiero, Daniel non sapeva bene dove portava ma, non avendo molta scelta, iniziò ad incamminarsi.

Il buio era fitto e spezzato solo dalla luna che ogni tanto si faceva strada tra le foglie, il silenzio rotto solo dal verso del gufo. Si ritrovò improvvisamente,come in un’apparizione, la sua ex davanti in veste bianca, sembrava emanare luce propria. Daniel ebbe un tuffo al cuore e un mix di emozioni che gli procurò all’istante un forte mal di testa. Una parte di lui credeva di amarla, ne era quasi convinto, ma la parte razionale del suo cervello gli ripeteva ogni giorno che non poteva provare amore per una persona che desideri uccidere da quattro lunghi mesi. Non disse una parola, lei lo guardava con i suoi occhi verdi, sembrava quasi innocente.

” Amore…”

” Non ti azzardare a chiamarmi amore. Cosa vuoi!?” la zittì subito, sentiva la rabbia salirgli.

” Ho sbagliato lo so e sono qui per chiederti scusa. Perdonami ti prego, ti amo!”

” Il perdono non so nemmeno dove sta di casa se penso a te e alla schifosa persona che sei. Potevi fare qualsiasi cosa, finire questa storia nei modi più disparati ed uscirne pulita e invece no. Hai scelto il modo più sporco e deplorevole e pensavi anche di farla franca”

Lei abbassò leggermente lo sguardo come a vergognarsi ma provò ugualmente a perorare la sua causa.

” Perdonami amore, ricominciamo da zero e sarà più bello di prima”

” Ti ho già detto di non chiamarmi amore!! poi fammi capire una cosa, tu hai sguazzato nel fango per chissà quanto tempo ed ora che sei stata scoperta ne vorresti uscire pulita e profumata? Troppo comodo mia cara”

La rabbia di Daniel era al culmine e sentiva di non poter governare le sue azioni. Lei si avvicinò di un paio di passi ma Daniel si allontanò a sua volta. Non voleva nessun tipo di contatto, desiderava solo andare via da lì e dimenticarsi di tutta quella storia. Notò che anche lei stava cambiando ma non sapeva decifrare bene cosa stesse passando nella sua mente perversa. Abbassò lo sguardo e quando rialzò il viso dopo alcuni minuti, tutto era totalmente cambiato. Non aveva più occhi ma solo un bianco abbagliante che emanavano luce dai due fori, sulla faccia dei grossi segni e un colorito verde. Dietro alla schiena apparvero due grosse ali nere. Daniel, visibilmente impaurito, iniziò ad indietreggiare ancor di più.

” Sara, ma cosa fai ? “

” Sara è morta tesoro, la donna di cui ti sei innamorato non è mai esistita. Io sono Lilith e continuerò a nutrirmi della tua anima, con le buone o con le cattive!”

Mentre finiva di parlare, era cambiata anche la voce e sembrava quella usata nei film dell’orrore. Lilith fece un grande salto ed aggredì Daniel saltandogli sopra. Lunghi denti cercarono di azzannargli il collo. Daniel riusciva a tenerla a distanza ma la sua forza era enorme.

Temeva seriamente per la sua vita e stava per arrendersi quando, al suo fianco, notò un grosso bastone spezzato. Lo prese con forza e con altrettanto vigore cercò di conficcarglielo sotto la gola. L’operazione riuscì per sua fortuna e Lilith, ferita a morte, iniziò ad indietreggiare mentre dalla gola uscivano copiosi fiotti di sangue nero. Daniel si ricordò della sua serie preferita, i due ragazzi protagonisti uccidevano sempre i demoni e i fantasmi dando fuoco al corpo. Si avvicinò al demone che nel frattempo era accasciato a terra privo di conoscenza e in un lago di sangue.

Lo guardò esalare gli ultimi respiri mentre dalla sua tasca tirò fuori un accendino Zippo. Prese un altro bastone di legna secca, gli diede fuoco e accese letteralmente quello che rimaneva della sua ex ragazza. Le fiamme cambiarono colore continuamente mentre urli disumani venivano dagli abissi della terra che, squarciandosi, apriva la strada a Lilith per l’inferno.

Daniel si svegliò di soprassalto, urlando e con il respiro affannato, Grondava sudore. Guardò l’orologio che segnava le sei del mattino. Scese dal letto e andò di corsa nella sua soffitta insonorizzata. Prese la chitarra ed iniziò a scrivere una canzone. Aveva esorcizzato il suo demone, affrontato e vinto le sue paure e quello era il modo più bello che conosceva per festeggiare il momento. Tornò a sorridere mentre i versi si disegnavano e si univano alle note che uscivano dalle corde.

Clementi Simone

Immagini prese da Google Immagini

La Musica Che Gira: musicisti e professionisti uniti contro la crisi

La Musica Che Gira: l’iniziativa dei professionisti uniti contro la crisi

Nonostante il delinearsi della prima timida riapertura che avverrà il 15 giugno, l’industria dell’intrattenimento è ancora ben lontana dal giro di boa. In effetti, L’emergenza sanitaria non ha solo portato con sé la crisi più nera del settore musicale, ma ha anche messo in luce gli aspetti zoppicanti e la scarsa tutela con cui si interfaccia chi della musica ne ha fatto il suo mestiere.
È in questa difficile fase che fa capolino sul web La Musica Che Gira, l’iniziativa che unisce imprenditori e lavoratori dell’ambiente musicale per fronteggiare la crisi e rivoluzionare l’industria del settore. Quello che era nato come un semplice gruppo di condivisione su Whatsapp è diventato una realtà concreta e sta raggiungendo col passaparola i musicisti di tutta Italia. Ma di cosa si tratta, esattamente?

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La Musica Che Gira: cos’è?

Non è un’associazione, né un sindacato: è una piattaforma, una rete di confronto che coinvolge tutti i professionisti musicali intenzionati a far sentire la propria voce e a intavolare il dialogo con le istituzioni e le forze politiche.
Il lavoro di condivisione di informazioni e cooperazione, iniziato nel mese di Marzo, da poche settimane si è concretizzato in una raccolta di richieste e proposte ufficiali, riassunte in quattro punti: 
garantire l’accesso alle tutele sociali;
– supportare le attività imprenditoriali del settore;
– stimolare una riforma definitiva;
– incentivare gli investimenti green su innovazione e tecnologia.

Richieste che guardano al futuro

Le soluzioni proposte non guardano solo alla risoluzione della crisi ma anche al futuro dell’industria, ponendo l’accento sulla riorganizzazione del comparto legislativo: l’emergenza sanitaria ha infatti evidenziato una regolamentazione scarsa, a tratti assente.
Attraverso la formulazione del documento programmatico, La Musica Che Gira si rivolge al Governo e ai Ministeri competenti con l’intento di fornire maggiori tutele a una categoria scarsamente rappresentata, a partire dai “big” fino ai più “piccoli” del panorama indipendente. Al fianco del coordinamento lavorano economisti, giuslavoristi e consulenti, che offrono il loro aiuto nella stesura e nella comunicazione con le istituzioni.
Attualmente il documento (disponibile sul sito lamusicachegira.it) conta quasi 5000 sottoscrizioni.
L’iniziativa, in continuo aggiornamento, è ora anche attiva anche su facebook, Instagram e Twitter.

La musica: un settore complesso che chiede riconoscimento

Una spinta dal basso verso l’alto. Una risposta che nasce dal bisogno di creare collaborazione all’interno di una realtà che conta centinaia di migliaia di lavoratori. Non si parla solo di musicisti nel senso stretto del termine: La Musica Che Gira chiede infatti l’adesione di tutte le figure professionali del settore. L’industria della cultura conta circa il 6,1% del totale degli occupati in Italia, includendo manager, produttori, artisti, musicisti, tecnici, consulenti, promoter, etichette discografiche, agenzie di booking, proprietari di live club, uffici stampa; il prodotto diretto è di quasi 100 miliardi di euro l’anno, con un contributo al PIL del 16% circa. Nel circuito musicale lavora un mondo sommerso ben più complesso di ciò che appare, ed è uno degli aspetti che l’iniziativa vuole mettere in luce. 

La musica, oggi più che mai, dimostra di essere una grande famiglia inclusiva. Appartiene alle strade, ai locali, alle case, ai palchi. La musica gira e deve continuare a girare.

Tra genio e sregolatezza – la pazza vita delle rockstar – Parte I

Tra genio e sregolatezza – la pazza vita delle rockstar – Parte I 

Come sono nate alcune delle star più grandi che hanno vissuto la loro vita tra genio e sregolatezza? Matto, spregiudicato, temerario, folle. Sono solo alcuni degli aggettivi che utilizziamo per definire lo stile e i comportamenti delle rockstar e le popstar più famose del mondo. Del resto, chiunque ha in mente almeno uno o due nomi di artisti che hanno condotto la vita in modo esageratamente sregolato e non solo. Non è certo un segreto che grandissimi musicisti hanno composto i loro migliori sotto l’effetto di alcool e stupefacenti.

Pensiamo a Michael Jackson, Nico, David Bowie, Madonna, Kurt Cobain, Freddie Mercury o ancora Sid & Nancy. Queste personalità sono state la prova vivente che per essere creativi e geniali è necessaria, oltre a tanta fortuna, anche un pizzico di follia. 

Molti di questi geni, hanno vissuto sia a livello familiare che psicologico, dei profondi disagi. Possiamo anzi dire che questi disagi li hanno portati poi ad essere quello che abbiamo tanto ammirato. Genio e sregolatezza sembrano essere quindi gli ingredienti speciali che portano alla nascita di vere e proprie supernove. Cominciamo quindi con cinque rockstar che hanno vissuto la vita sul filo del rasoio. 

Nico – la bugiarda cronica  

Christa Päffgen ( in arte Nico) nasce Colonia il 16 ottobre del 1938. Cantante, modella, attrice, è conosciuta soprattutto per essere stata la musa ispiratrice di Andy Warhol. Con lui collaborerà insieme ai Velvet Underground nel capolavoro “the Velvet Underground and Nico” del quale lo stesso Warhol realizzerà la copertina. 

Fin da piccolina, è sempre stata una bambina dalla bellezza fuori dal comune che sboccerà particolarmente durante l’adolescenza. Il suo incredibile fascino la porterà nel giro di pochissimi anni ad apparire su vere e proprie bibbie della moda come “Vogue” ed a calcare le sfilate più importanti al mondo. La sua vita sembra dunque almeno in apparenza lanciata verso una strada lastricata d’oro. Ma dietro la luce c’è sempre l’oscurità. Nico dichiarerà di avere subito uno stupro ad opera di un afro-americano, nel 1952 mentre lei aveva appena 13 anni. 

Se lei abbia subito o meno questo stupro, fu un mistero perché non risultano documentazioni volte a stabilire la veridicità del fatto. Certo è che utilizzò spesso questa sua testimonianza almeno all’inizio per lanciare la sua carriera. 

Tra genio e sregolatezza: la tormentata storia con Alain Delon e il declino

A inizio anni ‘60 conoscerà Alain Delon con cui avrà una tormentata storia d’amore. Nel 1962 da questo amore nascerà l’unico figlio Christian Aaron,  chiamato affettuosamente dalla coppia Ari. Quando la relazione termina, Nico cade nel vortice profondo della droga dal quale non uscirà più. Nico non sarà esattamente un gran modello di madre. Il figlio Ari, verrà cresciuto principalmente dai nonni, anche se poi con gli anni il rapporto madre figlio viene gradualmente recuperato. 

Nico muore nel 1988 a soli 50 anni cadendo dalla bicicletta durante una vacanza con il figlio. Ironia beffarda per una star il cui inizio di carriera era stato a dir poco fulmineo e che ha vissuto la sua intera vita in perenne equilibrio tra genio e sregolatezza.  

Syd Barrett – il genio dal fascino penetrante

Ora parliamo di uno di quegli artisti che entra a pieno diritto dell’elenco di quelli “larger than life” o, come si suol dire, da leggenda. Parliamo in questo caso di una vera e propria stella cadente che ha sprigionato una luce potentissima anche solo per poche stagioni. Il suo nome è Roger Keith Barrett (in arte Syd). Negli anni verdi della sua vita, era uno di quei bellocci che sembravano fuoriusciti da un fotoromanzo o meglio da una favola. Capelli ricci e scuri e sguardo ammaliante, ha trascorso la sua infanzia con i pennelli in mano. Questo, fino a quando non entrerà in possesso della mitica Fender Esquire. Si tratta di amore a prima vista. 

Syd però, oltre ad essere bellissimo e geniale, è anche schizofrenico e si vocifera una sua non conclamata sindrome di Asperger. Questa sua follia, mista alla sua creatività, lo porteranno nel 1964 a Londra, dove incontrerà quelli che diventeranno poco dopo i Pink Floyd. Con i Pink Floyd comporrà alcuni dei capolavori più belli che il mondo ricordi come l’album del 1967 “The Piper at the gates of dawn”. Questo album contiene dei brani cult come l’indimenticabile “See Emily play” che neanche troppo velatamente, fa riferimento all’utilizzo di droga che a quel tempo scorre a fiumi. 

La droga e l’addio ai Pink Floyd

Nella mitica Summer of love, Syd Barrett vivrà una vita dissoluta, tra donne che cambia continuamente e l’uso smodato della droga che portano i restanti membri della band a sbatterlo fuori e a sostituirlo con tale David Gilmour, tra l’altro amico di vecchia data di Syd. 

L’ultimo incontro tra i Pink Floyd e Syd Barrett avvenne nel 1975 durante la registrazione di “wish you were here”. L’incontro fu breve eppure significativo per la band. Syd, inizialmente non venne riconosciuto in quanto sebbene avesse solo 29 anni all’epoca, era senza capelli, visibilmente ingrassato e con lo sguardo perso nel vuoto. La droga lo aveva compromesso. 

Si ritira a vita privata, conducendo una vita tranquilla in una villa in campagna, Muore nel 2006 alla sola presenza di familiari e amici più stretti. 

Tra genio e sregolatezza: Freddie Mercury – l’istrione con il cuore di un gigante

Il trionfo del film “Bohemian Rhapsody”, ha fatto innamorare tutto il mondo delle follie e dell’immensa creatività di Freddie “the Queen” Mercury, decretando tra l’altro la vittoria agli oscar (meritatissima) del bravissimo Rami Malek. 

Gli appassionati del genere e i fans dei Queen, sanno quanto Freddie non fosse semplicemente estroverso, ma fosse letteralmente un istrione, dal carisma unico, capace di incantare milioni di spettatori. Chi però ha vissuto con lui tra la fine degli anni ‘70 e la prima metà degli anni ‘80 sa quanto questa follia, non si limitasse solo all’esibizione sul palco, ma anche nella vita reale dove lo spettacolo andava letteralmente avanti proprio come il grande successo del 1991 “The Show Must go on”. 

Numerosi amanti e una vita di eccessi fatta da festini dove l’alcool e la droga scorrevano copiosi hanno condotto per un periodo Freddie Mercury verso il baratro. In una delle sue ultime interviste nel novembre del 1991, Freddie dichiarò che si sentiva in dovere verso i fans di replicare la sua immagine di star h24. Quando la situazione degenerò Mercury tirò fuori il coraggio da leone come solo lui sa fare e riprese in mano la sua vita. 

L’amore per i gatti

Freddie Mercury aveva anche delle abitudini insolite. Amava smodatamente i suoi gatti tanto che era sua abitudine prima di un’esibizione parlare con loro al telefono tramite la sua buona amica e vecchia amante Mary Austin. Freddie però era anche una persona che amava di un amore vero, sincero, ma anche smisurato. Qualche mese fa, alcuni degli affetti più stretti di “The Queen” hanno dichiarato di ricevere regali di Natale nonostante sia morto da ormai 28 anni. 

Insomma non tutta la follia porta del male, ma rivoluziona le piccole cose di chi vuole bene in modo inaspettato. 

Tra genio e sregolatezza: Phil Spector – Il compositore imprevedibile 

Ci sono gli artisti che alternano la lucidità a momenti di pazzia e c’è invece chi è solo matto e basta. Questo è il caso di Phil Spector (al secolo Harvey Philip Spector), conosciuto universalmente per essere uno dei produttori e compositori più geniali della storia della musica. 

Nato nel 1939 a New York, debutta inizialmente nella band i Teddy Bears dove riesce a raggiungere le classifiche americane con brani dal sound “Lollipop” tipico degli anni ‘40 – ‘50. In seguito a questa breve esperienza come musicista deciderà di dedicarsi a tempo pieno alla produzione musicale a inizio anni ‘60. 

Sarà in quegli anni che prenderà corpo il leggendario “Wall of sound”. Si tratta di una tecnica che prevedeva l’utilizzo di strumenti ad arco e a percussione normalmente utilizzati nell’orchestra. Questi suoni sovrapposti più volte, creavano un riverbero che rendeva particolarmente bene sui Jukebox e le radio dell’epoca. Grazie a questo effetto, il suono risulta più pieno e forte proprio come un disegno che poco a poco si riempie di colore. 

In questo periodo lavorerà con gli artisti più grandi del panorama internazionale. Ike & Tina Turner, I Beatles, I righteous brothers, le Ronettes e tantissimi altri. 

Cosa significa lavorare con Phil Spector

Lavorare con Phil Spector è però veramente dura. Maniacale fino all’eccesso, spesso aveva degli scatti di ira repentini e non si presentava mai in studio senza la sua pistola e senza il look stravagante che tanto lo contraddistingue. Un boccone difficile da mangiare giù. Lo sa bene Veronica Bennett in arte Ronnie Spector e leader delle leggendarie Ronettes che è stata sposata dal 1968 al 1974 proprio con Phil. Il matrimonio tra Phil e Ronnie fu tutt’altro che felice a causa delle continue gelosie di lui che frenarono bruscamente la carriera dell’originale ragazza del rock and roll. L’epilogo della loro relazione arrivò soltanto nel 2001, quando il tribunale americano condannò Spector a pagare quasi 3 milioni di dollari più interessi maturati a causa del mancato pagamento di diritti d’autore mai riscossi dalle Ronettes. 

https://www.youtube.com/watch?v=5KH6e_6O_dE

Nel 2003 accade l’impensabile. Il 3 febbraio viene ritrovata morta nella casa di Phil Spector l’attrice e modella Lana Clarkson. Anche qui la baraonda più totale. Spector dichiara agli inquirenti che si tratta di un banale incidente, ma per l’allora 67enne produttore ci sarà poco da fare. Nel 2016 viene condannato a 19 anni di prigione e potrà essere rilasciato sulla parola solamente nel 2028. 

Brutto epilogo per il leggendario produttore che nel 1989 ha ricevuto la stella sulla rock and roll hall of fame. Quello che è certo, è che personalità come Spector non si dimenticheranno facilmente.

Fonte: storie di ordinaria follia rock, di Massimo Padalino, edito da Giunti Editore spa, ed. Febbraio 2019

10 canzoni dal volto nascosto: la Luna nella musica indie

10 canzoni indie che ci portano sulla Luna

La Luna è l’unico satellite naturale della Terra, ma da sempre l’arte l’ha considerata un simbolo, un’ interlocutrice silenziosa e soprattutto una fonte di ispirazione. Allora la domanda sorge spontanea: che ruolo ha la Luna nella musica indie? Pertanto oggi vi proponiamo 10 canzoni dal volto nascosto.

Scopriamo di che si tratta!

Verdena – Luna

Ecco la seconda traccia dell’album Il suicidio del Samurai della band alternative rock Verdena ed è un brano assimilabile ad un’esplosione o forse un grido disperato.

“Annulla le paure, oh Luna”

La Rappresentante Di Lista – E la luna bussò (cover)

La traccia è un omaggio della band La Rappresentante Di Lista a Loredana Bertè. L’arrangiamento è tendenzialmente synth pop, il quale insieme alla forza espressiva della voce di Veronica Lucchesi, rende il brano molto personale, seppure si tratta di una cover. Si potrebbe dire che l’sperimento è riuscito.

“E La Luna bussò alle porte del buio…”

Takagi&Ketra – La Luna e la gatta ft. Tommaso Paradiso, Jovanotti, Calcutta

In questo brano si parla di una storia d’amore tormentata in cui il ritmo è coinvolgente. Inoltre la combinazione degli artisti è azzeccata. Infine, anche qui la Luna è un’ottima fonte d’ispirazione.

“La Luna che cade in un lago dipinto di blu..”

La Municipàl – Noi due sulla Luna

Atmosfere che richiamano una missione spaziale e un sound in pieno stile La Municipàl: ecco un brano caratterizzato da un crescendo di sensazioni che in qualche modo ti portano sulla Luna. Interamente strumentale, è dunque una delle 10 canzoni dal volto nascosto.

Management – Come la Luna

Un brano delicato che affronta un tema forte: “Come La Luna” parla della violenza sulle donne ma più ampiamente della storia di coloro che si mostrano forti e quindi provano a nascondere la propria fragilità.

“E dentro agli occhi aveva la notte, come la Luna…”

Colapesce, Dimartino – Luna Araba ft. Carmen Consoli

Anche qui una combinazione di artisti azzeccata per un brano dinamico e colorato. Risulta interessante dunque il ritornello caratterizzato dall’unione armonica delle voci.

“Luna, Luna Araba ci prende e non ci lascia andare

Fast Animals And Slow Kids – Chiediti di te

Un brano veloce e carico. Parla infatti di coraggio. Non manca il riferimento al nostro satellite, come una meta irraggiungibile ma che può essere in ogni caso fonte di determinazione.

“io voglio andare sulla Luna…”

Gazzelle – Ora che ti guardo bene

Il brano è stata una sorpresa da parte dell’artista romano, che l’ha composto durante il periodo di lockdown. E quindi, bravo Flavio.

“Ti piacerebbe andare sulla Luna, portiamo un sacco a pelo e rimaniamo là…”

Tavo – Annabelle

La storia di questo brano è straordinariamente interessante, puoi scoprirla qui.

“Abbiam tirato il cuore alla Luna ma poi la Luna ci ha tradito…”

Réclame – Inseguito dalla Luna

Il tema del brano è una rapina finita male. La storia è liberamente tratta dal film “Onora il padre e la madre” di Sydney Lumet. Ecco che la Luna viene così personificata e coinvolta persino in una fuga disperata.

“Mentre continuavi a correre inseguito dalla Luna…”

Ecco le 10 canzoni dal volto nascosto che coinvolgono la Luna anche nella musica indie.

Conosci altri brani indie che parlano della Luna?

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Foto: Pixabay

Zeta, un giovane artista palermitano, si racconta – Intervista

Zeta, nome d’arte di Alessandro, è un giovane artista palermitano. Noi lo abbiamo conosciuto su
Instagram ed abbiamo deciso di fare quattro chiacchiere con lui, per scoprire un po’ come
un artista giovanissimo si muova fra musica, testi e primi video su Youtube. Il giovane artista Zeta si
definisce un ragazzo nel mezzo, a volte insicuro e introverso altre volte eccentrico e
sicuro di sé.

Devo lavorare ancora molto per arrivare ad avere una vera concezione di me
e della mia persona, cosa che personalmente credo dovrebbero fare tutti. Mi ritrovo ad
essere nel mezzo, troppo riflessivo, per capire come essere e quale direzione prendere
”. Così il giovane artista Zeta ha deciso di parlarci un po di sé.

Zeta giovane artista

Ciao, per iniziare ti va di parlarci un po’ di te? Quando hai iniziato a fare musica?

Il mio percorso musicale è iniziato a 11 anni, dopo che una sera mia sorella mi fece
ascoltare due brani del periodo (Il mare se ne frega e Si scrive schiavitù Si legge libertà). Da
quella sera in poi ho iniziato a scrivere, inizialmente in maniera discontinua fino ai 14 anni.
Dopo i 15 anni ho cominciato con un gruppo e poi con uno studio di registrazione, iniziando
a lavorare alla musica in maniera più seria e costante.

Come nascono i tuoi pezzi? Da cosa ti lasci ispirare?

I miei pezzi nascono da dei bisogni, primo fra tutti quello di esprimersi. Ma è anche
qualcosa che va oltre, è stare bene quando si scrive un pezzo, quando si fa musica e
quando la si ascolta. Racconto e mi lascio ispirare da quello che vedo e da quello che vivo.
Laddove è possibile racconto delle mie storie al 100%, altre volte racconto storie non mie,
di altre persone che comunque hanno avuto la voglia di aprirsi con me e raccontarmi il loro
vissuto, positivo o negativo che sia. Io come una spugna prendo tutto, immagazzino tutto
quanto e quando scrivo un testo mi lascio ispirare da questi vissuti, da quello che ho visto o
da quello che ho fatto.

Quindi tutto nasce comunque da me, dalle mie emozioni. Mi lascio
ispirare da quello che vivo e da quello che gli altri vivono e mi racconto. Amalgamo tutto e
lo racconto nei miei testi. Mi lascio ispirare, per poi ritrovarmi ad ascoltare me stesso in un
posto chiuso, da solo, a ragionare per estrapolare quello che ho immagazzinato e per
scrivere quello che sento. Non mi capita mai di scrivere fuori, in mezzo ad altre persone o
in un posto rumoso. Ho bisogno di stare da solo per scrivere i miei testi.

C’è qualche artista del panorama italiano o internazionale a cui ti senti particolarmente
vicino o che comunque ritieni abbia una qualche influenza sulla tua musica?

Ad ispirarmi ci sono stati davvero tanti artisti italiani e pochi internazionali, perché ho
scoperto “tardi” la musica estera. Conoscevo i grandi nomi, ma ho sempre preferito
l’italiano perché prediligo il testo, quindi riesco a farmi trasportare più facilmente quando
ho davanti un testo in italiano rispetto ad uno in lingua straniera. Mi viene in mente
Marracash, Tedua, Jake la Furia, tanti artisti del rap italiano. Ma nel mio vissuto ci sono
stati anche i grandi cantautori, come De André, De Gregori, Guccini. Sono tanti gli artisti
che mi hanno ispirato e mi hanno dato spunti, che mi hanno aiutato a migliorare i miei
testi.

Per quanto riguarda i sound invece tra gli artisti che più ho adorato c’è sicuramente
6LACK, uno dei miei preferiti, oppure dal panorama francese il gruppo Columbine. Tutti
questi artisti, italiani e non, come anche le persone, i posti e i miei vissuti, sono tutto ciò
che mi ispira e mi fa crescere. Mi sono sempre lasciato trasportare da tutto, ed ho sempre
immagazzinato il più possibile, per poi farlo uscire nei miei pezzi.

Cosa hai in serbo per il futuro? Hai qualche progetto in mente?

Quest’anno ho fatto uscire 5 singoli, e ne ho scritti tanti altri che non sono ancora usciti.
L’ultimo, In Belgio con te, è il più fresco, uscito solo una settimana fa. Ma adesso, in questo
momento, ho bisogno di una pausa di qualche mese per poter fermarmi a scrivere e
ragionare, in maniera più leggera rispetto a quella che ho fatto nei mesi passati. Voglio far
passare un po’ di tempo, sia perché in generale nell’ultimo periodo è uscita davvero tanta
musica e sia perché ho bisogno di aggiungere qualcosa al mio bagaglio, prima di fare uscire
pezzi nuovi.

Respiro, prendo una pausa per ricominciare con nuovi obbiettivi, nuove
ricerche musicali, personali e che coinvolgano sia il suono sia il testo. Tutto questo per
cercare di migliorare e migliorarmi, ripartire, e se non da 0 almeno da 1, o meglio da 5
(ride, ndr), incrociando le dite e sperando che vada bene.

Grazie!

Prima di andare, dai un’occhiata alle nostre playlist Spotify.

“Pornomania” è il nuovo singolo di Miglio – Intervista

Disponibile su tutte le piattaforme digitali dal 20 Maggio, “Pornomania” è il nuovo singolo di Miglio. Il brano, prodotto da Laurino, appartiene ad un nuovo percorso artistico della cantautrice bresciana, iniziato con il singolo “pianura Padana”, uscito a Maggio.

Come si evince dal titolo, “Pornomania” è un inno ad un amore molto forte vissuto senza freni. Un sentimento autentico e potente ha portato l’artista a raccontare uno scorcio della sua storia personale. Si tratta di una storia vissuta senza maschere o inibizioni, per un romanticismo che è un po’ come essere al luna park.

“Pornomania” è il nuovo singolo di Miglio, che parla di ritmi cosmici con sonorità a metà strada fra l’attitudine rock e il pop. E così il brano arriva piuttosto velocemente al ritornello, in una sorta di esplosione che coinvolge anche il mondo underground anni ’90.

Il video musicale di “Pornomania” è una successione di immagini con un filtro vintage, a creare un personalissimo contrasto tra l’attitudine comunicativa contemporanea e lo stile un po’ retrò.

Conosciamo meglio Miglio!

Alessia Zappamiglio, in arte Miglio, è una cantautrice Bresciana trapiantata a Bologna. Il  suo modo di comunicare attraverso la musica è abbastanza diretto.

“Pianura Padana” e “Pornomania” sono i due singoli che segnano il nuovo percorso artistico iniziato nel 2020 con l’etichetta Matilde Dischi di Davide Maggioni.

Noi di Indielife abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Miglio.

Guarda il video dell’intervista!

Fonte: Conza Press

Instagram: Miglio

Spotify: Miglio

Il nuovo disco degli En Roco “Per riconoscersi” – Intervista

Il sesto album della band genovese si intitola “Per Riconoscersi”: il nuovo disco degli En Roco affronta tematiche legate al concetto di cittadinanza e partecipazione. Si tratta di argomenti legati, per la prima volta nella storia della band, alla politica. Ovviamente le riflessioni riportate nei testi lasciano trapelare un senso di disillusione legato alle contraddizioni insite nell’essere umano.

Il nuovo disco degli En Roco richiede un ascolto impegnativo, ma restituisce profonde considerazioni, attuali e azzeccate. Non mancano poi nelle sonorità tratti vintage e sfumature di psichedelia. Insomma, un progetto che suscita curiosità.

Noi di Indielife abbiamo intervistato la band per saperne di più.

Ciao ragazzi! Grazie della disponibilità. “Per riconoscersi” è il vostro sesto album e affronta tematiche legate alla cittadinanza e al relativo senso di responsabilità. Come siete arrivati alla scelta di questi argomenti?

Semplicemente sono connesse con i tempi storici che stiamo vivendo. Nella consapevolezza che bisogna essere vigili e non lasciarsi andare alla tentazione dell’indolenza, dell’individualismo, di una visione monisitica della realtà. Ci si è sentiti chiamati in causa in quanto cittadini, per non disperdere il patrimonio di valori ereditato a partire dalla Resistenza.

La musica è un potente strumento di comunicazione, ma anche di aggregazione e dunque politica. Qual è il messaggio complesso e complessivo del vostro album? 

La musica, ma l’espressione in senso più ampio, non può rimanere chiusa in un cerchio chiuso. Deve aprirsi, seppure secondo diverse sensibilità e modalità di azione, prendere posizione. Tutto in virtù di questo potere, che è dunque anche responsabilità. Pur nel proprio piccolo e anche nel proprio privato, deve essere a nostro avviso veicolo per la riflessione e il comportamento conseguente. La dimensione pubblica poi dipende dalla volontà di chi vuole, può cogliere i messaggi proposti.

I vostri brani si richiamano un po’ alle sonorità di una musica indipendente ancora agli albori e questo è chiaramente un elemento distintivo. Che ne pensate dell’evoluzione del concetto di musica indie? Certo, probabilmente sfugge dalle definizioni, ma data la vostra esperienza, ci spiegate la vostra visione?

Indipendente a nostro avviso coincide con la volontà di non volersi adeguare a regole di mercato né nella composizione, né nella scrittura, né nella produzione, né nella comunicazione ed esposizione di sé. A nostro parere pertanto ciò che oggi viene definito indie, non è indie in senso proprio, perché scodinzola dietro alle regole per spirito di arrivismo. Non si insegue il successo, è il successo che (forse) inseguirà te. Si fa musica per urgenza personale, non per cavalcare onde.

Gli En Roco

Il brano “Isola” racconta l’isolamento e la difficoltà a esser parte di una comunità. In che modo la rivoluzione della comunicazione legata ai social network contribuisce (oppure no) a una condizione di estraneità?

La condizione di estraneità non è emersa in questo periodo, ma è un rischio palese da tempo. In Isola la tentazione dell’isolamento diventa piacere perché scelto e goduto. L’isolamento qui è reale e virtuale. Invece questo isolamento, in quanto forzato, risulta odioso. In questa particolare contingenza effettivamente i social network aiutano se usati come strumento di vera condivisione.

Sbagliare è meraviglioso”: così inizia il brano “Errori”. Non posso che rimanere colpita da questa affermazione audace, alla luce di una personale considerazione che vi riporto: “prima si sbaglia, prima si impara, dunque sbaglia presto”. Voi che ne pensate?

Un insegnamento importante. Io personalmente ritengo che dagli errori possano discendere le più straordinarie realizzazioni. Il libro degli errori di Gianni Rodari credo insegni ancora oggi a bambini e adulti. Bisogna capire gli errori per correggere i propri e quelli del mondo.

Nella società odierna basata sul mantra “tutto e subito” anche la musica è un bene di immediata fruizione. Come avete vissuto l’evoluzione dai primi file mp3 alle playlist di Spotify?

Credo sia una possibilità di apertura all’egualitarismo: tutti ne possono fruire gratuitamente o quasi. Manca la dimensione oggettuale, materiale del disco da tenere fra le mani, cui noi romanticamente continuiamo a rimanere affezionati. Ma questo è ancora lontano dallo scomparire e forse una piccola perdonabile forma di idolatria.

Momento aneddoto!

Ci raccontate un aneddoto memorabile della vostra carriera?

Ce ne sarebbero moltissimi; forse quello a cui siamo più affezionati è legato ad una data a Galliera Veneta di parecchi anni addietro. Francesco doveva raggiungerci in treno per il soundcheck. All’ora pattuita riceviamo la sua telefonata in cui ci conferma di essere arrivato. L’amico Mario Pigozzo Favero dei Valentina Dorme prontamente parte alla volta della stazione dove però non lo trova. La stazione di Galliera Veneta non è proprio enorme. Il Pigozzo Favero agita una mano nell’ aria per farsi meglio scorgere dal Conelli.

Dopo alcuni minuti di frenesia si rendono drammaticamente conto che per una questione di dispettose omonimie topografiche il Conelli aveva sbagliato Galliera, recandosi nel comune in Provincia di Bologna e non in quello corretto, in provincia di Padova. 138 chilometri di distanza tra l’uno e l’altro. Due regioni differenti. La storia ha però il lieto fine che merita, che teniamo per noi nei dettagli, ma che vede il Conelli arrivare dietro al palco 2 minuti prima dell’inizio del concerto. 

Grazie davvero!

Il nuovo disco degli En Roco “Per Riconoscersi”

Club kids: i party newyorkesi dopo Warhol

Glamour, fashion e personalità esuberati: questo è il ritratto della New York alla fine degli anni ’80, inizio ’90. Una night-life estrema e un gruppo in ascesa, i Club Kids, che rivoluzionano -anche se per un lasso di tempo brevissimo- la cultura club giovanile.

Un nome, una leggenda: Andy Warhol

Facciamo un passo indietro fino ad arrivare al 1962 quando, a Midtown Manhattan al 231 East 47th Street, il mitico Andy Warhol comincia una rivoluzione. Artisti, fotografi e personaggi di ogni tipo si ritrovano al The Factory (o The Silver Factory): un luogo affascinante, sede della più grande innovazione artistica di quegli anni. Un “ritrovo per artisti”, insomma, dove Warhol ospita personalità elettriche soggetto delle sue opere. Fu proprio qui che la famosissima copertina di The Velvet Underground & Nico prese vita…
Non solo uno studio d’arte, però. Il The Factory, di notte, si trasforma radicalmente diventando sede di feste frequentatissime- indimenticabile la Exploding Plastic Inevitable– fino a diventare il cuore della scena Factory, la prima club life newyorkese.
La morte dell’artista, il 22 febbraio del 1987, sembra rappresentare la fine di un’era. Tuttavia, la scia inarrestabile della cultura pop non si ferma. Nonostante il crack economico dello stesso anno (e la conseguente chiusura di molti locali notturni) si crea una subcultura decisamente trasgressiva: quella dei club kids.

Club Kids- The Silver Factory

​Michael Alig e l’ascesa dei club kids

È il 1984 quando a New York arriva un ragazzo destinato a cambiare le sorti della vita notturna e dei club della città: Michael Alig. Trasferitosi dall’Indiana per studiare al college gli basta poco per abbandonarlo. In un’ intervista rilasciata ad i-D, infatti, dichiara: “Nel momento in cui ho iniziato ad andare in discoteca ho smesso di prestare attenzione a scuola. Non potevo concentrarmi sui libri e sull’apprendimento una volta venuto a conoscenza dei club”.
Fu proprio con questi presupposti che Alig divenne la punta di diamante del movimento dei club kids, ignaro di ciò che avesse creato. Una coterie di personaggi stravaganti, eclettici che saranno poi definiti freaks; un gruppo di reietti dediti all’inclusività e ad un unico obiettivo: far parlare di sé.

Il limelight e i party

La figura di Alig è indissolubilmente legata a quella del Limelight, una chiesa sconsacrata destinata a diventare la culla della nascente cultura giovanile. Fondamentale per il diffondersi di tale subcultura è Peter Gatien, proprietario di locali notturni -Palladium, Club USA- che insieme al già citato Limelight saranno sede dei party più esclusivi ed esagerati del tempo: è proprio grazie a Gatien che Michael Alig si fa spazio e trova il suo posto in quello che sarà, poi, il suo circolo. Ed è proprio Gatien che darà il via libera all’estero creativo di Alig.
Musica house, vestiti scandalosi, drag queen e chi più ne ha, più ne metta: non c’è limite ai party stravaganti organizzati da Alig; chiunque poteva esserne parte integrante, parola d’ordine? Il look eccentrico. Tuttavia, entrare nella stretta cerchia dei club kids preferiti da Michael era piuttosto complicato: bisognava essere audaci! James St. James, Richie Rich, Leigh Bowery, Kenny Kenny, Amanda Lepore e Ru Paul sono solo alcuni tra i membri della sua cerchia.

Il declino e il debutto a Hollywood

Siamo nel 1994 quando Rudolph Giuliani viene eletto sindaco di New York grazie ad una campagna elettorale fondata sul miglioramento della qualità di vita: sarà proprio questo il primo colpo inferto al movimento dei club kids. Con il passare del tempo (e inevitabilmente) il destino dei kids sembra essere quello del declino. Droga, casi di AIDS, l’omicidio, da parte di Alig, di Angel Melendez -membro della cerchia e spacciatore di quest’ultima- segnano la fine di un’era. Il processo e la condanna del leader del gruppo sono una batosta e rappresentano il tracollo definitivo della nuova cultura underground.

I club kids a Hollywood

Nel 2003 arriva sul grande schermo Party Monster, un film biografico diretto da Fenton Bailey e Randy Barbato e interpretato da Macaulay Culkin (Kevin in ‘Mamma ho perso l’aereo’).
Presentato al Sundance Film Festival, il film racconta la storia di Michael Alig, il Re dei club kids, partendo dal libro di James St. James Disco Bloodbath: una biografia che arriva fino all’assassinio di Angel.

Da Los Angeles il talento carismatico di TADINI

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Lucas Tadini è un musicista italo-brasiliano che vive negli Stati Uniti a Los Angeles (California). Un vero talento, di quelli di razza, scoperto quasi per caso durante una calda serata trascorsa in compagnia degli amici “cercando musica” nella città degli Angeli. Un Artista in grado di colpirti subito per il carisma ed il sound potente e coinvolgente.

Laureato al prestigioso Berklee College of Music, si è trasferito negli States nel 2015 dove ha saputo ritagliarsi in breve tempo il suo spazio nell’underground culturale della city californiana, dopo varie esperienze in giro per il mondo.

Il suo background culturale è dunque molto ampio, con contaminazioni di vario genere che gli consentono di disporre di un incredibile repertorio musicale, che sfocia in una sperimentazione sui generis che unisce elementi tradizionali tipicamente indie-rock, americani ed europei, a quelli d’influenza più marcatamente sudamericana. Un mix davvero esplosivo, come esplosiva e particolare è la sua musica.

Tadini, giunge in Italia e qui esordisce con “The Arsonist” il suo nuovo singolo recentemente pubblicato, a maggio – un brano potente che ben ne rappresenta l’impronta stilistica, e che rappresenta solo il preludio al nuovo album in arrivo: Collective Delusion, previsto per questa estate.

Come Lucas ha più volte raccontato, in alcune sue interviste, non è però tutto oro quello che luccica, perché come tanti Artisti della sua generazione, anche lui sperimenta costantemente gli ostacoli del mercato, e trova difficoltà a farsi ascoltare e a diffondere su vasta scala la propria musica.

Perché anche negli States, in una grande ed effervescente città come Los Angeles, emergere – nonostante il talento – non è facile, e per lui questa è un’esperienza straordinaria, ma la competizione con gli altri Artisti è molto più elevata e feroce che non in Italia.

Ad ogni modo, siamo certi che Tadini abbia stoffa da vendere, e non ci resta che attendere, quindi, per vedere cosa gli riserva il futuro… Good Luck!

FML

Explicit Content: il significato e la storia del bollino Parental Advisory

Explicit Content: il significato e la storia del bollino Parental Advisory

Quante volte abbiamo visto la dicitura explicit content sulla copertina di un cd o accanto ad una canzone su Spotify o Apple Music? Sicuramente tutti quanti, chi più chi meno, hanno acquistato un cd con impressa questa etichetta o lo hanno almeno visto in un negozio di dischi. Il logo “Parental Advisory”, da sempre rappresenta “il lato sporco e proibito della musica”, le parolacce, l’allusione a climi violenti, sessuali, droga e tanto ancora. 

Non tutti sanno però come è nato questo simbolo e come si è sviluppato negli ultimi decenni per diventare quello che conosciamo oggi. 

Scopriamo quindi qual è la storia di questo bollino iconico e percorriamo le principali fasi. Dalle prime lotte di madri apprensive preoccupate per la sensibilità dei loro bambini, passando per la lotta di un grande musicista che ha combattuto fino alla fine per l’espressione dell’arte senza filtri, arrivando infine  a ciò che rappresenta oggi e come è diventato un simbolo dell’urban style del RAP metropolitano. 

Tutto ebbe inizio con un disco 

Tutto ha inizio nel febbraio del 1985 nella rispettabile America. Elizabeth Gore (Tipper Gore), moglie dell’allora senatore del Tennessee Al Gore (candidato alla casa bianca nel 2000 ndr), compra per la figlia allora undicenne, il CD “Purple Rain” di Prince. Di quell’album, però le balza all’orecchio la canzone Darling Nikki dove trova a tratti delle frasi dove si parla di masturbazione: 

“I knew a girl named Nikki, I guess U could say she was a sex fiend, I met her in a hotel lobby, masturbating a magazine”. 

Potete immaginare la scena: una mamma attonita e intenta ad ascoltare canzoni di “dubbia moralità” e poco adatte per la giovane mente di una undicenne. “Santo Cielo! che Dio ce ne scampi!”. Fu così che in men che non si dica, giusto il tempo di commentare, la “scandalosa” situazione, Tipper Gore avvisò altre mamme e mogli di politici e personaggi pubblici. Questo con lo scopo di denunciare qualunque canzone che possa arrecare danno alle menti giovani menti statisticamente più impressionabili. 

Explicit Content: Nasce P.M.R.C (Parents Music Resource center)

Nasce così la P.M.R.C. (parents music resource center). Si tratta di un’associazione composta, oltre che dalla stessa Tipper Gore, anche da mogli di personaggi della scena pubblica come Susan Baker o Pam Howar. Attiva tra la metà degli anni 80 e la fine degli anni 90, lo scopo di questa associazione era quello di giudicare dal punto di vista morale ed educativo il contenuto dei prodotti discografici. 

Explicit content -Tipper Gore all'udienza del 1985
Explicit content -Tipper Gore all’udienza del 1985

Nel mirino di questa associazione, finirono tantissimi artisti e rock star. In particolare, venne stilata una black list (le filthy fifteen). In questa lista erano incluse, oltre a Darling Nikki di Prince, anche brani come Sugar Walls di Sheena Easton (Sesso), Eat Me Alive dei Judas Priest (Sesso) o ancora She Bop di Cindy Lauper (Sesso e Masturbazione). 

Tutti queste canzoni, avrebbero dovute essere catalogati ed etichettati con il bollino parental advisory “Explicit Content” ed essere un punto di riferimento per tutti quei genitori che sentivano la necessità di tutelare i loro figli dall’ascolto di brani diseducativi e volgari. 

Frank Zappa meets the Mothers of prevention 

Nel settembre del 1985, ebbe inizio l’audizione al senato, in cui presenziarono le P.M.R.C. e come controparte alcuni artisti musicali tra cui sono inclusi John Denver, Dee Snider dei Twisted Sister e Frank Zappa. Quest’ultimo in particolare, fu particolarmente critico verso questa associazione tenne un discorso che passò alla storia: 

è mia personale opinione che i testi di una canzone non possano fare male a nessuno. Non esiste alcun suono prodotto dalla bocca né alcuna cosa che esce dalla stessa tanto potenti da far andare all’inferno”. 

Si appellò inoltre ad altri principi come la libertà di pensiero, di stampa e di parola. 

Il risultato di questa epica diatriba, fu l’album del 1985 “Frank Zappa meets the mothers of prevention”, un 33 giri nel quale, la rock star italo americana include nei 12 minuti il suo epico dibattito contro la pmrc (ribattezzate per l’occasione mothers of prevention) facendo riferimento alle leggendarie mothers of invention, con i quali Frank Zappa, ha militato per quasi 10 anni. 

Gli anni ‘90 e 2000 e l’adozione del bollino parental advisory explicit content

Ad audizione ancora in corso, la RIAA (l’industria discografica americana), decise di adottare il bollino parental advisory, tuttavia con linee che si discostavano da quanto richiesto dalla P.M.R.C.

Innanzitutto, era la RIAA stessa a decidere su quale album apporre l’etichetta ed in ogni caso l’apposizione del bollino sarebbe avvenuta in modo generico e non ben definita come inizialmente richiesto. Niente più indicazioni insomma se si trattava di sesso, violenza o droga, ma ad ogni modo il dado era tratto. 

Il bollino parental advisory, venne chiamato scherzosamente dagli addetti ai lavori “il bollino di Tipper”. Vista dagli artisti, invece, questa etichetta fu per lungo tempo il simbolo della censura più o meno involontaria, tanto che sempre più rock star pubblicarono lavori tendenti a parodiare o a denigrare l’etichetta. Alcuni esempi celebri sono “Master of the Puppets” dei Metallica, Freedom of Speech di Ice-T o ancora Censoreshit dei Ramones. 

In anni più recenti, sempre più album di rapper e artisti appartenenti all’ambiente urban e indipendente sono finiti nel mirino della RIAA. Le cose però, dalla metà degli anni ‘80’ sono cambiate. A fine anni ’90 sono arrivati rapper come Eminem che hanno reso il bollino come qualcosa di “fico” agli occhi dei fan. Ecco che l’apposizione del logo parental advisory anche su applicazioni di streaming musicale è diventata la prassi. Possiamo dire che ogni critica volta a questa etichetta si è andata lentamente a spegnere, così come il suo significato originale.

Fonte: Capitolo “Frank Zappa” da Storie di ordinaria follia rock di Massimo Padalino