LAVANDERIA A GETTONI

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Tommaso è un animale notturno, lo è sempre stato fin da bambino, come conferma sua madre Jennifer ricordando le notti in bianco passate a cullarlo. I suoi amici lo chiamano “il gufo”, perché di giorno vegeta a casa, mentre di notte si sveglia e diventa iperattivo. Sembra avere due personalità diverse, una calma e dormiente ed una agitata e pimpante.

Ha trent’anni e vive da solo già da due, da quando ha trovato un lavoro che gli permette di mantenersi e nello stesso tempo, divertirsi. La voglia di vivere di notte lo ha spinto a sviluppare una vera e propria passione per i cocktail e per il lavoro da barman. Ha fatto diversi mestieri, lavora fin dall’età di vent’anni.

Dopo il diploma preso in un istituto tecnico, ha seguito un corso da barman nella miglior scuola di Parma ed ha cercato subito un occupazione. La passione che tanto ama, all’inizio non gli dà molte soddisfazioni come sperava, trova solamente qualche occupazione nei bar durante la stagione estiva e niente di più. Ma Tommaso non demorde, proprio come l’animale che è diventato il suo soprannome, decide di aspettare il suo momento.

Si tiene aggiornato, studia sempre i nuovi cocktail che vengono dal mondo della notte, il suo mondo, ed inizia a fare diversi mestieri. Si ritrova nei cantieri tra i muratori, tra gli operai nelle fabbriche e da solo in un camion a fare consegne per tutta la città. Ma il suo pensiero è sempre rivolto alla notte e all’affascinante mondo dei pub.

Quando esce con gli amici, nei vari locali, passa tutto il tempo a guardare i ragazzi dietro al bancone lavorare e preparare i drink più sofisticati e deliziosi. Fa tesoro di tutto quello che osserva, sa bene che un giorno gli tornerà utile. Un pizzico di fortuna, ha bussato alla sua porta circa sei mesi fa. È andato a bere nella zona più frequentata, dove ci sono molti locali, una sera come tante. Nelle numerose viette, si può gustare un buon drink e passeggiare tra colori e arte di strada.

Un nuovo locale, ancora in preparazione, colpisce Tommaso che si ferma a parlare e ha prendere informazioni. Chiacchiera con due ragazzi che, poco più piccoli di lui, gli rivelano che presto apriranno un nuova chupiteria, stanno cercando un barman professionista. È l’occasione che Tommaso aspettava, si presenta subito e strappa un appuntamento per il giorno dopo a colazione.

Davanti ad un caffè ed un succo di frutta, i due intraprendenti imprenditori parlano del progetto e Tommaso gli fa vedere il suo curriculum.

Raffaele ed Emiliano rimangono molto soddisfatti di Tommaso e decidono di provarlo appena sarà pronto il locale. Dopo sei mesi, Tommaso ancora lavora per i due ragazzi, nel frattempo il rapporto è diventato molto positivo e c’è una collaborazione reciproca continua che notano anche i numerosi clienti che affollano il piccolo locale tutte le sere.

Il “Gufo” torna a vivere la notte, nel suo mondo dà il meglio di sé. Perfino il bucato viene fatto di notte. Proprio sotto casa sua c’è una piccola lavanderia a gettoni dove Tommaso si ferma quando stacca dal lavoro, tutti i mercoledì notte. Il locale chiude alle due e il quartiere dista solamente una mezz’ora di macchina da casa sua. Gli piace lavare i panni, aspettare che le macchine finiscono il loro lavoro, nella calma della notte mentre gioca ai videogiochi con una console portatile. Una sera come tante, una notte autunnale di metà settembre, dove il giorno ancora fa caldo ma la sera inizia ad alzarsi un venticello fresco, Tommaso ha una visita inaspettata proprio mentre ha appena finito di caricare la lavatrice dei panni sporchi.

Un signore di colore, alto sulla quarantina, entra con fare schivo e misterioso ed inizia a caricare la lavatrice vicino la sua. Tommaso nota subito che tutti i panni che lui carica, sono pieni di sangue. Porta sempre una tuta scura, vecchie scarpe da ginnastica consumate in parte. Non parla mai. Si siede lungo le panchine attaccate alla parete, lontano da Tommaso, e si mette a svogliare le riviste che il proprietario mette sul tavolino di fronte alle sedie.

Sceglie lo stesso giorno di Tommaso e più o meno lo stesso orario. Ogni settimana è sempre il medesimo copione, entra verso le tre, non saluta e carica la lavatrice con i medesimi vestiti intrisi di sangue. Tommaso non è mai stato un ragazzo che s’impressiona facilmente, ma ne sente tante di storie brutte ed inizia a sospettare di quel signore di colore. Non è mai stato razzista, anzi, da giovane ha partecipato a diverse manifestazioni contro il razzismo, ma le circostante lo portano a sospettare. La mente umana, se catturata dalla paura e dalla fobia, può generare delle realtà parallele che portano alla pazzia.

Tommaso non vuole alimentare quei pensieri brutti, ma non sa come fare. Non né parla con nessuno ma dopo solamente un mese, sta già impazzendo. La notte sogna quel signore, lo vede uccidere altre persone in maniera brutale, come nei film americani con i serial killer e si sveglia urlando. Decide così di cambiare giorno, inizia ad andare il giovedì notte, anziché il mercoledì e per un po’ di sere va bene.

Torna a godersi la notte in totale solitudine e a divertirsi con i suoi amati videogiochi. Ogni tanto gli alterna con dei fumetti, altra sua passione. Ma il signore torna dopo una settimana di tregua con la sua tuta nera, le sue scarpe malconce e il suo sacco di vestiti pieni di sangue. Si ferma all’entrata, lo guarda negli occhi per alcuni secondi e senza dire nulla, continua la sua attività tranquillamente. Tommaso inizia ad avere veramente paura, non alza mai lo sguardo e il suo cuore batte all’impazzata. La piccola parte della sua mente che è rimasta razionale, gli ripete che è tutta una finzione creata da lui.

Il signore, seduto a due sedie distanti, non è un pluriomicida. Semplicemente lava i suoi panni proprio come lui e non ama parlare. Si ripete quella frase ogni secondo, come un mantra buddista, ma non serve a calmarlo. Finisce alla svelta di lavare i panni e corre verso casa. Si chiude dentro e cerca di riposarsi senza successo.

Si gira e si rigira nel letto sudato, sogna il signore di colore sporco di sangue che viene ad ucciderlo proprio nella sua casa. La paura e la paranoia ormai prendono il sopravvento nella mente di Tommaso che inizia a comportarsi in maniera stana, anche al lavoro non è più lo stesso e i suoi due titolari lo notano. I ragazzi sono diventati amici e sono veramente preoccupati per il loro barman. Tommaso mente e gli spiega che ha un problema in famiglia che lo preoccupa molto. Emiliano e Raffale lo tranquillizzano e gli danno man forte, tutto si sistema è la frase che gli ripetono.

Gli consigliano di stare a casa, di stare vicino ai suoi e di venire a lavorare solo il sabato sera. Tommaso accetta ma a malincuore, ama quel lavoro ma deve calmarsi e risolvere questa stupida cosa che gli sta succedendo. Gli viene in mente di cambiare lavanderia, ma scarta l’idea sul nascere. Cambiare lavanderia vorrebbe dire scappare anziché risolvere il problema. Deve andare fino in fondo alla faccenda, affrontare il demone e superare la paura. Decide di fare una cosa fuori dalle sue abitudini, approfitta dei giorni di riposo e si reca a lavare i panni di giorno.

Esce di casa dopo pranzo, entra in un bar e si prende un caffè per distendere i nervi. È una bella giornata, molti clienti discutono di politica o di calcio, entrambi argomenti che non appassionano Tommaso che si siede in disparte e cerca sul giornale sportivo, le notizie riguardanti il basket americano. L’unico a condividere quella passione per gli sport americani è il barista Marco. Sua mamma è americana e lui fin da bambino ha sempre seguito gli sport d’oltreoceano.

In quel momento è molto occupato, il bar è pieno e Marco scambia solo qualche battuta veloce tra un cliente e l’altro. Tommaso sembra riprendersi, quell’atmosfera lo risolleva dal buio dei suoi pensieri, saluta Marco, altri due o tre conoscenti e si reca verso la lavanderia con la propria auto. Quel posto è molto diverso di giorno, più luminoso ed accogliente.

C’è una signora che legge una rivista, in attesa che la sua lavatrice finisce e un signore bassetto e in carne dall’aria simpatica. Si presenta e dice di essere il proprietario del posto. Tommaso gli stringe cordialmente la mano e iniziano a parlare. La signora interrompe momentaneamente la conversazione per salutare Carlo il proprietario e va via.

<< Devo andare anch’io, continuerei a parlare con te ma devo fare delle commissioni. Mi ha fatto molto piacere conoscerti Tommaso, sei un bravo ragazzo>>

<< Non ti preoccupare Carlo, sono abituato a stare qui da solo. Di solito vengo di notte dopo il turno di lavoro>>.

I due si salutano e Tommaso prende distratto una rivista ed inizia a leggere un articolo quando la macchina annuncia, con un beep sonoro, di aver terminato il suo lavoro. Tommaso prende uno dei cestini in dotazione ed inizia a tirare fuori i panni bagnati per poi metterli nell’asciugatrice.

Dal riflesso dell’oblò, Tommaso vede una figura, si gira di scatto ed eccolo lì davanti a lui. L’uomo nero, stavolta senza sacco in mano ma sporco di sangue, appare davanti all’entrata e lo guarda. Tommaso è paralizzato e teme per la sua vita, una parte di lui è rassegnata e si prepara alla morte. Ma così com’era apparso, l’uomo scompare nel nulla aggiungendo un leggero ghigno.

Tommaso corre in bagno a lavarsi il viso, nel viso è bianco ed il cuore sembra suonare un pezzo metal nel suo petto. Torna a sedersi davanti alla macchina e cerca di calmarsi. Questa volta il suo incubo è scomparso davanti ai suoi occhi, è peggio di quello che pensava. Il simpatico proprietario torna e trova Tommaso ancora in prenda al panico. Seduto, si tiene la testa tra le mani ed ha ancora il colorito pallido nel viso.

<< Mio Dio figliolo cos’è successo? Sembra tu abbia visto un fantasma?>>

<< L’hai detto!>> riesce a dire Tommaso con un filo di voce.

Il signore non capisce subito, si dirige verso la macchina del caffè e inserisce il codice per un tisana. Subito dopo immette quello per un caffè e va a sedersi vicino al ragazzo.

<< Bevi questa tisana e raccontami quello che hai visto>>

Tommaso tiene tra le mani il bicchiere caldo per un po’, beve un paio di sorsi e poi racconta al proprietario del posto l’intera faccenda. Questa volta è il signore che sembra perdere colore, abbassa lo sguardo e sembra dispiacersi della faccenda.

<< Hai conosciuto mio figlio>> ha ancora lo sguardo rivolto verso il basso, lo alza lentamente. Tommaso è sempre più confuso.

<< Mi chiamo Mario e tanti anni fa io e mia moglie abbiamo adottato un ragazzo di colore. Lo abbiamo cresciuto come un figlio nostro e mi dava una mano alla lavanderia. Veniva sopratutto di notte, per controllare che tutto filasse liscio. Una sera ebbe una discussione con un ragazzo di vent’anni, uno di quei delinquenti e razzisti che vendono la droga. Mio figlio Jhonatan non lo sapeva, non poteva immaginare ed ha iniziato a discutere con il ragazzo perché stava facendo casino con i suoi amici.

Jhonatan cercò di far valere le sue ragioni ma la situazione è degenerata in pochi minuti ed uno di loro ha iniziato, dopo vari spintoni e cazzotti, a pugnalare Jhonatan con coltello a serramanico. C’era sangue dappertutto e non c’è stato niente da fare. Quando siamo arrivati noi era già morto. Da quel giorno, il suo spirito viene spesso qui. Mi hanno detto che lava continuamente i suoi panni sporchi di sangue. Io non l’ho mai visto, non si fa vedere da me nonostante l’abbia più volte chiamato. Ogni tanto ho come la sensazione di averlo accanto, ma vorrei aiutarlo. So che deve completare il viaggio ma qualcosa lo blocca >>

Tommaso si prende qualche minuto per digerire tutta la strana faccenda, non crede a quello che ha appena ascoltato, ma ha visto con i suoi occhi un uomo apparire e sparire. Il signore al suo fianco sembra sul punto di piangere e vuole aiutarlo. Si ricorda di una storia di fantasmi letta su un albo tanto anni fa.

<< Non so se può essere utile, mi sembra così assurda l’intera faccenda, ma una volta ho letto su un fumetto che per liberare uno spirito da un luogo, specialmente se è stato ucciso brutalmente, si deve trovare qualcosa che gli è appartenuto e che è rimasta nel luogo. Una volta trovato, si deve bruciare con del sale>>

<<Forse so cosa intendi, quando hanno trovato il corpo di Jhonatan, gli mancavano tre dita alla mano destra>>

Quello era un particolare che aveva notato anche Tommaso, era uno di quei particolari che lo tenevano sveglio la notte.

<<Forse quelle dite sono ancora qui, seppellite sotto qualche mattonella dopo che ho fatto ristrutturare il locale e sostituito le macchine. >>

<< Dove è stato ucciso di preciso? >>

<< In questo punto preciso, davanti a questa macchina>> Era proprio la macchina che ogni volta il ragazzo sceglieva per pulire i propri panni sporchi.

<< Hai degli attrezzi per togliere le mattonelle e scavare? >>

<< Si ma non qui, a casa. Se li porto domani mi darai una mano? >>

<< Certamente>>

Si salutarono dandosi appuntamento a giorno dopo, entrambi scossi ed entrambi con la convinzione che non avrebbero dormito quella sera.

Clementi Simone

Immagini Prese da Google Immagini

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