Prima parte ~ Chi è Hån
Hån ha fatto proprio na’ cosa bel come si direbbe in dialetto. Il suo nuovo disco uscito il primo di aprile, projections on a human screen, è uno dei progetti più intimi e veritieri che potrete trovare adesso in circolazione. Pagine di diario scritte durante gli ultimi due anni, ci regalano una visione confidenziale degli avvenimenti che hanno segnato in questo biennio la giovane artista Giulia Fontana.
Hån
La prima volta che l’ho ascoltata, quasi totalmente per caso, sono rimasta folgorata dalla cristallinità del suo timbro vocale, mi sembrava di star assistendo ad un racconto lirico vocale di stampo internazionale. Ho voluto così inseguirla per quasi un mese, al termine del quale sono riuscita ad ottenere un’intervista di ben un’ora e un quarto (penso proprio che ad un certo punto abbia iniziato ad odiarmi visto che non la finivo più di farle delle domande). Ho deciso di dividerla, anche per non sembrare troppo prolissa, per cui vi lascio a questa prima lettura in cui potrete iniziare a conoscere un’artista e la sua formazione che sono sicura avrà ancora molto da donarci nel suo futuro.
influenze e formazione
Ciao Giulia! Innanzitutto inizierei parlando del tuo percorso con la più classica delle domande: quali sono le tue influenze musicali e i generi che più ti piacciono?
Quando ho iniziato a fare musica ascoltavo prevalentemente quella anglofona, tant’è che quando ho iniziato a scrivere l’ho fatto e faccio tutt’ora in lingua inglese. Da qualche tempo ho iniziato anche ad avere ascolti in italiano che mi piacciono moltissimo. Per quanto riguarda le mie influenze musicali sono tante, posso dirti al momento chi mi piace. Sicuramente Bon Iver è uno dei miei miti più assoluti, poi mi piacciono anche Frank Ocean, FKA twigs,… . Un po’ di tempo fa ascoltavo anche i Radiohead, adesso meno, anche se rimane comunque una band che mi ha svoltato la testa musicalmente. Ma comunque ho tanti ascolti, è veramente difficile dover scegliere.
Per quanto riguarda scena italiana qualche anno fa conoscevo bene solo Battisti e mi mancava un po’ tutta quella parte del cantautorato che non ero riuscita ad approfondire ma che sto recuperando un po’ adesso. Poi tanta gente nuova che c’è ora come Venerus, Cosmo, Ginevra, Joan Thiele, ecc… . Devo dire che è ricca la scena, banalmente Tha Supreme, anche se è lontanissimo da quello che faccio, però mi piace perché penso sia veramente un progetto fatto bene e se penso una cosa del genere riguardo ad un artista di norma lo ascolto senza problemi. Non bisogna avere paletti quando si fa musica e per questo ascolto un po’ di tutto.
E a te viene mai in mente di voler scrivere in italiano?
Sì io in realtà adesso sto scrivendo cose nuove e le sto scrivendo in italiano. Era una cosa che avevo provato a fare un po’ di tempo fa ma mai seriamente, ed ora invece ho avuto un po’ più l’esigenza di provare a vedere com’è
Hån
Per quanto riguarda la formazione hai studiato da auto-didatta sia la chitarra che il pianoforte…
Allora io non è che sappia proprio suonare, più che altro li uso per scrivere gli strumenti, però non mi definirei una musicista onestamente. Di lezioni ho fatto un anno di chitarra, ma in maniera molto blanda, li ho approcciati io da sola perché appunto volevo scrivere, però non ho nessun tipo di formazione.
Beh però comunque hai scelto il pianoforte che non è proprio uno strumento facilissimo e questo è lodevole…
Sì diciamo che se scrivi banalmente un qualcosa su cui appoggiarti ti serve. Ad esempio so dove sono gli accordi sul piano, poi da qui a dire che lo so suonare bene assolutamente no. Mi piacerebbe saperlo suonare però non ho avuto il tempo di approfondire lo strumento…
E invece quand’è che ti sei appassionata propriamente alla musica e hai deciso di provare ad entrare in questo mondo?
Ma in realtà abbastanza tardi. E’ stato all’Università che ho iniziato a scrivere cose mie e da lì è partito tutto: ho iniziato a lavorare con delle etichette e via via si è fatto sempre più serio, soprattutto per me e per la mia concezione, ho capito che volevo farlo. Però la musica mi è sempre piaciuta, ho sempre pensato che fosse quello che avrei voluto fare.
Durante gli anni universitari secondo me capita che ti rendi conto che stai prendendo una strada ma che poi capisci non fare per te. E da lì poi ti scatta la consapevolezza che scrivere e cantare è in realtà il tuo vero desiderio, almeno per me è stato così. Finché ero al liceo non pensavo minimamente al futuro, ma penso che quelli che lo sappiano veramente siano rari casi, tipo Blanco che l’ha saputo quasi subito, ma di norma ci vuole un po’ per capirlo.
Però già a dodici anni tu avevi iniziato a cantare…
Sì io sono da un sacco di anni diciamo “già nella musica”. Però appunto era un approccio leggero inizialmente senza obiettivi, quelli si creano anche un po’ poi dalle circostanze.
Ed è una passione condivisa in famiglia?
Mio padre è quello che si dice un audiofilo quindi anche un collezionista di vinili. Un audiofilo è colui che ricerca l’alta fedeltà del suono. Mio padre fa parte di quei gruppi di nicchia che scrivono sul come ottenere il miglior suono possibile usando questo impianto, questo giradischi piuttosto che un altro ed ha anche sempre avuto una stanza dove lui tiene tutti i suoi aggeggi. Quindi vengo effettivamente da un background fatto di musica, anche se lui si limita soltanto all’ascolto. Chi lo sa, forse è veramente partito tutto da lì per prendere poi una piega totalmente diversa; anche perché lui poi ascolta Opera che come genere non c’entra nulla con me.
Però immagino sia lo stesso contento di te e del tuo percorso
Sì. Diciamo che però lui è anche un fan delle cose sicure e stabili e purtroppo la musica non è esattamente questo tipo di lavoro, però no si dai è felice.
Torniamo al discorso Università: tu sei laureata in lingue, complimenti, e poi successivamente ti sei trasferita a Londra per fare un master in ambito musicale. Raccontaci un po’ di questa esperienza
Ho fatto un master di management musicale a Tileyard che sono questi studi di registrazione con all’interno sia questo tipo di corsi sia sale prove, studi, ecc… . Sono stata lì un anno e purtroppo non posso dire di essermela vissuta a pieno causa covid, per cui è stata una esperienza un po’ particolare. Dopodiché mi sono trasferita a vivere a Milano.
visione personale sul come fare musica
Come vedi la situazione universitaria italiana per quanto riguarda i percorsi sulla musica?
Per quanto riguarda l’educazione prettamente musicale, quindi quella per gli artisti, io non sono tanto fan delle formazioni. Ovviamente non sto parlando di quella da musicisti, però per quanto riguarda la produzione o il songwriting secondo me è molto più importante la pratica indipendente e l’ascolto. Poi ci sono anche songwriter che hanno studiato composizione e sicuramente aver fatto teoria ti permette di avere una visione più ampia. Però ecco non mi affiderei soltanto a quello, soprattutto per quanto riguarda la produzione; ho sentito molti che hanno fatto percorsi del genere anche all’estero e non ne sono rimasti soddisfatti.
Per quanto riguarda invece tutto ciò che orbita attorno alla musica, quindi management ecc…, avevo guardato anche io qualcosa qua in Italia ma senza grande successo. Secondo me la situazione accademica riflette un po’ quelle che sono le condizioni al di fuori: vero che anche noi abbiamo il nostro mercato ma non è ancora così tanto forte. Diciamo che non è uno di quei ambiti tradizionali in cui si va a lavorare in Italia. E una cosa influenza l’altra: se c’è tanta richiesta allora c’è anche tanta informazione e viceversa. Penso anche che arrivare a lavorare nel mondo della musica sia molto ”randomico”, anche lì ci sono persone che lavorano in ambiti molto grossi ma senza aver fatto un vero percorso di studi che va a legarsi a questo. E’ molto trasversale come ambiente ed io ho la sensazione che a volte ci si inizi a lavorare in modo casuale.
Tu usi molto la musica come mezzo di introspezione personale. Quanto è importante secondo te, in un mondo in cui si è sempre più interconnessi, riuscire a ritagliarsi un spazio proprio e come riesci a farlo tu
Secondo me l’ideale sarebbe proprio che la musica fosse un equilibrio tra il tuo mondo interiore e quello esteriore, anche per poi riuscire a comunicare qualcosa agli altri. Ultimamente sono molto in difficoltà nel senso che sto scrivendo molto poco proprio perché mi sento tanto presa da quello che succede fuori da me: vedere cosa fanno gli altri, come si comportano e come reagiscono. Però effettivamente scrivere è un momento in cui io mi isolo molto e non sto tanto a pensare agli altri e a quello che può piacere/pensano loro. Io faccio quello che piace a me al 100% e fine. Quando non riesco a fare questa cosa non scrivo perché non ne vedo il punto. Poi non so se questo sia un limite, però per ora io la vivo così.
Tenermi alla distanza da tutti e da tutto quando scrivo devo dire che mi viene in maniera molto naturale, non lo vivo affatto come un compito. E per questo dico che forse è un limite, perché un livello di compromesso nei progetti che funzionano c’é sempre. Io non sono tanto brava a scenderci, però per me è importante essere perlomeno sinceri. Non penso sarei felice ad avere un progetto di successo che però non mi rappresenta.
live
Anche se sei agli inizi hai già maturato delle esperienze anche importanti, quale hai preferito tra il Primavera Sound Festival e l’aver aperto ai Cigarettes After Sex?
Ti direi il Primavera Sound, anche perché le altre mi sembrano esperienze di una vita fa, ero proprio all’inizio inizio. Erano i miei primi live ergo non sapevo bene quello che stavo facendo essenzialmente. In più ero in contesti molto grossi, diciamo che li vorrei rifare adesso che sono molto più cosciente. Il Primavera Sound invece è stato nel 2019 ed è stato un po’ l’inizio del percorso più serio che poi ho intrapreso. E anche come esperienza di live è stata proprio bella.
Tra l’altro io devo ancora venirti a vedere dal vivo. So che questa estate hai suonato nella mia città (Torino)…
Sì ed ho anche un racconto buffo a riguardo. Durante quel festival, la sera in cui ho suonato io è saltata la corrente ed allora ci siamo messi sotto il palco a cantare in acustico con le persone. E poi poverini, dopo tipo due giorni gli è anche caduto un albero sul palco…
Ah sì al Ginzburg Festival questo luglio! Avevano fatto anche una raccolta fondi per poter riparare il danno
Sì e dovevano esibirsi poi i Melancholia e successivamente gli Iside ma li hanno dovuti spostare nello spazio coperto del Cap10100. Poveri gli organizzatori, erano stati anche molto carini con noi…
Trovi di esserti migliorata nei tuoi live?
Sì mi trovo decisamente migliorata, anche perché sono cresciuta. Prima, fino al 2019, non avevamo il batterista, poi è entrato a far parte della crew Emanuele Tosoni (in arte Braoboy) che tra l’altro è anche il mio coinquilino.
Per cui la gavetta la ritieni ancora importante?
Sì però penso anche che chi è diventato famoso ”di colpo” quando poi va a fare i live ci arriva comunque preparato. Anche perché avere un team alle tue spalle ti aiuta molto, soprattutto le prime volte.
Tu avrai altri live oltre a quello di Milano (15 aprile all’Arci bellezza) e di Roma?
Per ora ho solo altre due date questa estate, una Bergamo e l’altra a Brescia, terre natie quindi (successivamente si è aggiunta una data a Bari).
Origini
Ecco qual è il tuo legame con la tua terra di origine (lago di Garda)? Nel brano The Children racconti di questo tuo bisogno di fuga, ma si tratta anche di uno dei tuoi primi pezzi, oggi come si è evoluto il vostro ”rapporto”?
Eh adesso ha fatto un po’ il giro. Sono partita dicendo vivo in mezzo al niente, voglio andare nelle città. Adesso, dopo esserci stata, mi dico no la città mi soffoca voglio tornare nelle campagne o in una grotta. Ho fatto quello che volevo fare, inteso proprio a vivere dove volevo, ma non ho ancora capito bene se sono una persona più da città o da vita tranquilla. Diciamo che non me ne vorrei andare da Milano perché avrei poi anche paura di perdere le cose che succedono. Però dopo sono anche una persona molto introversa e quindi non mi fa impazzire la moltitudine di eventi che si accavallano. Però sono molto contenta della mia situazione attuale, penso di dover essere dove sono e ci rimarrò fino a quando vorrò e potrò.
Personalità
Passando invece al tuo nome d’arte, Hån vuol dire scherzo, come mai hai scelto proprio questa parola per rappresentarti?
L’ho scelta totalmente a caso, dovevo trovare un nome in pochissimo tempo e mi piacevano le atmosfere nord-europee, dettato anche dai miei ascolti precedenti. Volevo un nome che sembrasse di persona ma che non lo fosse in realtà. Allora cercando sul web ho trovato questa parola, che però purtroppo è impossibile da capire e da scrivere per ogni persona e mi sembra di essermi tirata un po’ la zappa sui piedi ma ormai è così.
Hai detto che ancora non senti di avere una grossa fanbase e che, giustamente, uno dei tuoi sogni sarebbe quella di crearne una. Come te la immagini ed hai per caso un target a cui vorresti che le tue canzoni fossero indirizzate maggiormente?
A livello di età, io sono del ’96, penso di essere molto più vicina alla GenZ che ai Millennials. Anche solo banalmente come approccio umoristico, quello che guardo o come mi vesto mi fa sentire più vicina a questa generazione per cui mi piacerebbe rivolgermi essenzialmente più a loro. A livello di personalità penso che la musica che sto facendo finora sia molto intimista quindi di sicuro qualcuno di un po’ introverso, sognatore, ecc… . Anche se la vorrei il più variegato possibile. Comunque devo dire che le persone che mi scrivono sono molto tenere e dolci fortunatamente.
Tra l’altro vieni definita come persona dreamy, a te piace questa definizione o ci stai stretta?
Di base io sono una persona che sta molto nel suo, a volte sembro addirittura distratta dalle cose. I miei amici mi hanno sempre detto che sto nel mio mondo, quindi sì fa un po’ parte del mio carattere. Poi come tutti ho vari aspetti, anche io sono ”pazza” che grido. Normalmente dicono che sembro molto Zen, ma a volte è solo perché penso ad altro mentre faccio le cose. Non sono affatto una persona passiva e chi lavora con me lo sa.
Età adulta
Sei una persona che abbraccia la filosofia africana del pole-pole, andare lentamente e dare ad ogni cosa il suo tempo.
Sì di base, però sento anche la pressione del fatto che adesso sono adulta e sento l’esigenza di avere un quadro chiaro di quello che sto facendo. Quindi vorrei da una parte finire le cose in tempi brevi, però dall’altra penso che quelle che sono belle abbiano bisogno del tempo per essere concluse nel modo giusto. Diciamo che io vorrei ma mi sento anche di vivere in un ambiente in cui tutto va velocissimo e quindi mi ritrovo ad essere un po’ combattuta.
Tu quindi ti senti adulta?
Anagraficamente sì, ma come obbiettivi non mi sento ancora dove vorrei essere.
E cos’è che sancisce il passaggio all’età adulta secondo te?
Le responsabilità che si hanno e sentire di dover soddisfare dei propri obiettivi. Per me vuol dire anche avere il proprio posto, poter dire io sto facendo questo e continuerò a farlo. L’essere trascinati dagli eventi, che è una cosa che continuerà ad esserci sempre comunque, o dagli altri non mi fa tanto sentire di esserlo al 100%. Ma ci sto lavorando molto negli ultimi tempi.
E qui ci fermiamo per la prima parte. Vi invitiamo ad andarla a sentire domani sera per chi abita a Milano e nei limitrofi sul palco di casa Bellezza con Margherita Grechi. Per la seconda cliccare qui: https://www.indielife.it/2022/04/21/han-na-belle/
https://www.instagram.com/hanmusic.jpg/
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